La mia (non richiesta) su Muccino, Pasolini e lo stile

Creato il 07 novembre 2015 da Cannibal Kid
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Gabriele Muccino negli scorsi giorni ha attaccato Pier Paolo Pasolini, non come uomo, pensatore, giornalista o scrittore, meglio specificarlo, ma come regista. La cosa è già nota, almeno agli appassionati di cinema e soprattutto agli appassionati di polemiche. A chi invece fosse stato distratto, o a chi avesse avuto di meglio da fare, ricordo quanto successo. Gabriele Muccino sulla sua pagina Facebook ha scritto quanto segue. Regia, vai di diapositiva.

Come ribattere? Dall'alto della mia ignoranza, ho visto un solo film girato da Pier Paolo Pasolini e quindi mi pare un po' poco per giudicare la sua intera opera cinematografica. La sua unica pellicola che ho finora guardato è comunque stata Uccellacci e uccellini, che ho adorato ed è subito entrata a far parte dei miei film italiani del cuore di ogni tempo. L'ho trovato un lavoro ricco di idee e soluzioni geniali, pieno di una creatività che a Muccino apparirà anche amatoriale, ma proprio nella sua anarchia e nel suo essere fuori dagli schemi sta il suo grande pregio. Forse Muccino su questo ha ragione. Quello di Pasolini era un approccio amatoriale e da “non” regista, ed è questo che lo rendeva qualcosa di alieno rispetto al cinema italiano dell'epoca. Una diversità che però contribuì ad arricchirlo, non certo a impoverirlo. E, soprattutto, a me è sembrato un film ricco di stile.
Riguardo a Pasolini, posso dire solo questo. Di Gabriele Muccino e del suo cinema ho invece un'idea parecchio più ampia, avendo avuto la fortuna, o la sfortuna a seconda dei punti di vista, di aver visionato la sua opera omnia, escluso solo l'ultimo Padri e figlie che ancora mi manca. I suoi primi film devo ammettere di averli decisamente apprezzati. Ecco fatto, Come te nessuno mai, L'ultimo bacio e, in parte, pure Ricordati di me erano lavori freschi, interessanti, che avevano uno stile. Potevano piacere o meno, ma ce l'avevano. Erano film “mucciniani”, appunto, caratterizzati da una passione mediterranea, unita a una tecnica cinematografica più americana. Lavori girati in maniera vorticosa, dotati di un forte ritmo e con dei personaggi che spesso e volentieri urlavano e correvano. Non si sa perché, ma i personaggi mucciniani correvano sempre. Dopodiché Muccino si è fatto tentare dalle sirene hollywoodiane e, per carità, ha anche fatto bene. Chi direbbe di no alla possibilità di girare film ad alto budget con attori di fama internazionale e pubblicare post su Facebook direttamente dalla sua villa di Malibù? Il problema è che Gabriele Muccino, una volta trasferitosi a L.A., il suo stile l'ha cancellato del tutto. Fatta eccezione per un paio di scene de La ricerca della felicità, in film come Sette anime o Quello che so sull'amore di “mucciniano” c'è ben poco. Sono lavori anonimi, privi di personalità, privi di stile, privi di un'anima, alla faccia delle “Sette anime”. Quello che so sull'amore in particolare è la quintessenza di un prodotto (perché di questo si tratta, più che di un film) che avrebbe potuto girare qualunque altro mestierante in circolazione a Hollywood, e nessuno se ne sarebbe accorto. È questo che è diventato Muccino: un mestierante, una figura “intercambiabile”. Più che di cinema come "arte popolare", mi sembra cinema su commissione. Sempre per usare le sue stesse parole, “con legittimo e immenso rispetto” per Gabriele Muccino e i suoi primi film da regista, “il cinema è però altra cosa” rispetto ai suoi pessimi lavori americani.

"Figliolo, non permettere mai a nessuno di dirti che non sai fare qualcosa. Neanche a Gabriele Muccino, ok?"


Detto questo, Gabriele Muccino secondo me non ha fatto male a esprimere la sua opinione su Pasolini, per quanto non la condivida, almeno da quel poco che ho visto del cinema di Pasolini. Sul web Muccino ha però naturalmente subito subìto la solita barbara violenza del branco. Quella che si scaglia contro chiunque osi dire qualcosa di anti popolare. Nel nostro paese in particolare c'è questa usanza che, una volta che un artista è morto, non si può più toccare. Ogni cosa che ha fatto è automaticamente un capolavoro assoluto e apriti cielo se qualcuno ne parla male. Per quanto mi riguarda invece chiunque può essere criticato, compreso persino il mito Stanley Kubrick, per quanto vi sfidi a trovare il coraggio di farlo. “Disapprovo quello che dite, ma difenderò fino alla morte il vostro diritto di dirlo”, disse una volta una persona saggia. Ecco, io adesso non è che darei proprio la mia vita per Muccino, però in linea di massima trovo che questa frase sia sempre valida.
Tra quelli che hanno attaccato Muccino su Facebook e sui vari social network, sarebbe poi interessante sapere quanti hanno effettivamente visto dei film di Pasolini, o di Muccino, e se hanno letto tutto il suo ragionamento che, per quanto contestabile, possiede una sua logica. Magari qualcuno si è improvvisato pasoliniano solo per seguire il trend del momento. Per altro, dopo le varie polemiche, era uscita la voce che il regista avesse codardamente cancellato il suo profilo Facebook, quando in realtà il suo account era stato disattivato per alcune ore dal social network “per contenuti offensivi”. Solo perché Muccino ha girato qualche film penoso (a proposito, Baciami ancora non l'ho ancora menzionato?) non significa che non possa più parlare di cinema senza che venga lapidato. Se Quentin Tarantino - che pure adoro - è libero di esaltare Lino Banfi e di definirlo "Maestro" (ma di cosa?), Muccino di contro è libero di criticare il Pasolini regista, se vuole. Così come io, che non ho girato manco mezzo film bello o brutto che sia, sono libero di scrivere un post come questo che non si sa se sia pro o contro Gabriele Muccino. Non l'ho capito neanch'io. Ma quindi, qual è il succo del mio discorso? Non lo so. E il succo del mio discorso allora forse sta proprio qui. In rete ognuno può dire ciò che vuole, giusto o sbagliato che sia, a favore o contro di chiunque. Questa è democrazia. Questa è libertà di parola. Questo è Internet.
 
Ok, come non detto.

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