Non prendetemi a schiaffi, ma io non sopporto Guazzini
Quando se n'è andato dallo Stade per me è stata una vittoria. Indubbiamente ha avuto dei meriti considerevoli per il rugby: con lui alla guida della società parigina il rugby è entrato nel grande mondo della comunicazione, le magliette dello Stade, i cappellini, ma soprattutto i calendari porno-soft dei “Dieux du Stade” sono entrati nelle case di migliaia di persone, gay e non. Di riflesso, anche la percezione che avevamo del rugby è cambiata. Non più solo sport di lealtà, durezza, onestà, botte, pancia da birretta e panini, ma anche fascinosi giocatori che non hanno nulla da invidiare a modelli di case per lingerie (e di fatti, molti – mi viene in mente anche Carter - si sono sostituiti a questi).
Niente di male in tutto questo.
Perchè allora, vi chiederete, ce l'ho con lui?
Nel 2007 avevo appena iniziato a giocare, praticamente. Venivo già da un brutto infortunio – usanza che si perpetuerà negli anni a venire – ma il fisico ancora reggeva questi periodi di astinenza forzata dall'attività sportiva. In parole povere, se anche stavo fermo non cresceva a dismisura la panza.
In quegli anni, dicevo, sarà per il gusto della novità, ma mi ero comprato una grande quantità di magliette da gioco, che andavano dai classici All Blacks, all'Ulster, al Glouchester, fino all'Agen e allo Stade, appunto. Se le squadre di lingua inglese avevano tagli e tessuti sintetici ma tradizionali (l'Ulster, anzi, mi pare neppure sintetico), le francesi già usavano le slim fit, con quel sintetico che è una doppia pelle, sciancrata.
A distanza di 4 anni, le maglie tradizionali le uso ancora, mentre quelle francesi sono nell'armadio inutilizzate. Penso abbiano snaturato la forma del tifoso di rugby, se non altro. C'erano vari Galeazzi (volendo richiamare un personaggio conosciuto che ha raggiunto, in qualche anno, una rotondità degna di Giotto) nelle tribune e nei campi del nostro bel sport, vestiti con le t-shirt del proprio club o della nazionale.
Adesso questo non è più realizzabile. Nemmeno per me, che pure non sono a quei livelli - e infatti, quando gioco con la maglia del mio club, che è “francesizzata” e prodotta da francesi, è davvero una brutta cosa da vedere. E dannosa per il mio club. L'anno sorso per farvi un esempio, giocavo apertura in una partita. Pesavo 93 chili (avevo ascoltato il buon Mallet, quando ancora usava dire che un'apertura non poteva essere meno di 90 chili nel rugby moderno) distribuiti in 171 cm. Un cubo. Nonostante la pochezza estetica, correvo. Ma l'arbitro non era molto convinto della mia atleticità e regolarmente fischiava dei fuorigiochi inesistenti dicendomi: “Con quel fisico non puoi essere già arrivato lì”.
Talmente strette e sintetiche le maglie, dicevo, che molti piloni devono ricorrere a panciere, maglie contenitive e quant'altro.
La maglia sciancrata e attillata è un pugno in un occhio nel rugby. Avrà anche dei vantaggi a livello di gioco, perché si evitano trattenute ecc ecc. e ne guadagna anche la spettacolarità, ma non si può vedere, davvero. Io ne soffro terribilmente, e anche tu ci soffri, lettore/giocatore/tifoso sovrappeso.
Odio Guazzini. Fino a quando non dimagrisco.