Era tanto tempo fa, non avevo ancora famiglia e portavo i baffi, all’occasione di una fiera paesana nella quale erano convenuti molti agricoltori della zona a proporre i loro prodotti. Preciso che non ho niente a che vedere con l’agricoltura e che ci andai per curiosità tanto per farmi un giro quella domenica. Era una fiera direi standard con difficoltà di parcheggio, volantinaggio all’ingresso, assaggi volanti, trattori, animali vaganti, stand e bancarelle. Circolando tra queste non seppi resistere a una bella cassetta di cipolle che costavano poco e niente. Pensandoci bene mi chiedo ora cosa ne potevo fare di una cassetta di cipolle visto che non andavo matto per tale ortaggio. Altri tempi, altri ragionamenti. Mi beccarono sul fatto quelli di Telenova. Telecamera e microfono puntati. Parte l’intervista. Subito interrotta. Mi chiesero se potevo mettermi la cassetta in spalla e non seppi dire di no anche se al momento non avevo capito il motivo di tale richiesta. Si riparte e seconda interruzione: questa volta mi misero in braccio un sacco di patate gentilmente prestato dal contadino di una bancarella vicina. Riparte l’intervista con terza interruzione: “Scusi, ma lei il sardo lo sa parlare?” “Sì”, risposi. “Ha niente in contrario se le facciamo l’intervista in sardo?” Al punto in cui mi trovavo potevo solo accettare. Per non portarvi alla lunga, tra un interruzione e l’altra mi ritrovai con una cassa di cipolle in spalla, un sacco di patate in braccio, un paio di stivali in gomma ai piedi e in groppa a un asinello grigio: non vi dico il successo il giorno dopo con i miei alunni.
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