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La mia vita qui fuori e riflessioni sparse sul travel blogging

Creato il 28 gennaio 2016 da Paola Annoni @scusateiovado

La mia vita qui fuori e riflessioni sparse sul travel bloggingNon vorrei mai essere nei panni di Cabiria. O di Cristina. Ma neanche dell' Irene, di Serena o della Franci . Loro sono straordinarie ma hanno fatto un grosso errore, anzi, un paio. Hanno aperto il cuore e sono diventate mie amiche, ma oltre ad essere amiche sono anche blogger quindi di queste cose con loro ne posso parlare. E loro lo sanno che a scadenze regolari io vado in crisi, il web mi soffoca, mi arrabbio tantissimo, comincio a inveire contro tutto e contro tutti, voglio chiudere il blog e ritirarmi a vita viaggiosamente privata. Io amo scrivere più di ogni altra cosa, ma io e il web, i blogger, tutta questa roba... Non ce la facciamo proprio ad andare d'accordo ed è come mettermi su un paio di tacchi: la serata la faccio e cammino anche benino senza sembrare un tirannosauro, ma poi ho bisogno di tornare ai miei stivali, quelli bassi con le suole un po' consumate.
E così vado in crisi, mi chiudo nel silenzio della mia vita simil normale. Progettiamo viaggi. Tre sono già stati prenotati, e non tre viaggetti, tre viaggioni, di quelli che mi fanno paura e mi stravolgono la pancia.
Stiamo ancora guardando tutti gli itinerari, a tempo debito chiederò aiuto a chi c'è stato. Ascolterò i consigli di chi è più esperto di me in una terra nuova ai miei occhi.
E' bello ascoltare i consigli, non rifare gli errori che magari qualcuno ha già fatto.

Poi in questo momento la vita mi ha spinto a rallentare, a pensare solo alle persone, all'importanza delle amicizie, del tempo che gli dedichi, all'amore.
A breve la mia vita verrà stravolta e voglio essere pronta, perchè gli schiaffi al cuore ricevuti ultimamente mi hanno ricordato che non sei mai pronto alle cose brutte, quindi impara a goderti quelle belle, fino in fondo, a casa come in viaggio.

Chiudo gli occhi e mi guardo da fuori: è una cosa che va fatta ogni tanto. Guardarsi dentro, guardarsi da fuori e tirare una riga.

Quando ho lasciato il lavoro volevo viaggiare. Non fare la travel blogger.

Ho sempre detto "io devo andarmene di qui", scappare lontanissimo, vedere l'Asia, Australia, viaggiare a piedi scalzi con uno zaino in spalla, imparare bene l'inglese, conoscere persone di tutto il mondo. Volevo viaggiare.

I miei piedi sulla strada hanno riattivato il sangue alle dita e al cervello, e la scena che mi scorreva davanti agli occhi era sempre il finale de "l'appartamento spagnolo", in cui lui fugge a gambe levate e si sente la sua voce bambina che gli ripete "io voglio fare lo scrittore"...

Voglio fare la scrittrice. L'ho sempre voluto. Voglio continuare a scrivere con amore, voglio continuare a sentirmi dire "dopo averti letto ho prenotato un volo".

Nella mia vita mi sono stati concessi 5 anni di tentativi per scrivere e realizzare i miei sogni, sto entrando nell'ultimo anno. Poi a marzo 2017 ci sarà la resa dei conti, allora avrò fallito, o avrò vinto.

Sono entrata nel mondo dei travel blogger grazie alla Vale, mi sono guardata in giro: l'entusiasmo era totale, assoluto.

Leggevo persone che facevano viaggi, blogtour ed eventi fantastici, mi sentivo piccola e limitata come una zucca nell'orto: avevo viaggiato, ma mai gratis, sempre con sacrifici, rinunce, errori, conquiste.

I blogger viaggiavano gratis. Mi sembrava un sogno. Gratis.

Non mi sembrava vero di poter ricevere biglietti aerei e hotel senza dover spendere un centesimo, essere servita e riverita solo per il mio lavoro di blogger, per mandare tweet e foto... Scrivere.

Poi ho cominciato a conoscere le persone dal vivo, alcune mi piacevano, altre mi facevano pensare "ma questo dove cazzo ha vissuto fino ad adesso?", l'immagine patinata di certi personaggi sbiadiva di fronte alle persone reali.

E mi sono rimessa a leggere il loro blog e non mi sembrava più poi così bello, e neanche quella persona che avevo un po' idealizzato e seguito in viaggi organizzati dall'#hashtag davanti.

Quando penso al mondo del travel blogging mi scorre davanti continuamente la scena di "the Truman show" quando lui comincia a realizzare che c'è qualcosa che non va e chiede alla moglie, e lei gli dice di provare una cioccolata calda.

E' quella l'immagine centrale di tutto: cerchi informazioni, e uno ti mette il link sponsorizzato e ti racconta in un post dalle battute limitate, delle avventure artificiali condizionate dalla bellezza di un ufficio del turismo che cerca di lustrarsi e vendersi - a ragione - al meglio.

E' stata la deriva di un mondo partito bene e che sta finendo male.

A me piacciono i viaggiatori, quelli che sanno sporcarsi le mani.

Mi piacciono i viaggiatori che scelgono di mischiarsi realmente tra la gente, senza il pullman del tour operator che li aspetta per portarli alla tappa seguente, mi piacciono quelli che trovano i ristoranti buoni grazie ad un consiglio, i musei brutti, gli autobus scassati, le piccole lussuose concessioni dopo un viaggio di piccole rinunce. O quelli che non nascondono il fatto che viaggiano comodi senza problemi di soldi, ma sono coerenti, anche se preferisco sempre i viaggiatori da battaglia.
Mi piacciono quelli che scelgono la loro strada senza condizioni, perchè è quella che gli altri possono davvero seguire.

Mi piacciono quelli che raccontano di quella volta che si son trovati a maledire Montezuma seduti sul water, ma senza farlo solo per sponsorizzare un prodotto.

Quando sono stata in Nuova Zelanda ascoltavo le storie di viaggio di Roberta, l'amica di Gianni che vive là da qualche anno: prima della Nuova Zelanda è stata l'Australia, la Florida, New York, viaggi in Alaska, Tonga, Samoa e mille altre destinazioni che a malapena avevo sentito nominare.

Mi sono sentita piccola: e adoro quella sensazione, perchè sento che la persona che ho davanti ho tantissimo da insegnarmi.

C'è chi vive di blogging, quindi capisco tutto: sono scelte che uno decide di fare. Non è la mia, o almeno, non lo è adesso. Non rinnego i post sponsorizzati o le collaborazioni (a breve uscirà una mia collaborazione con Lenovo) non sono assolutamente intransigente a riguardo: se per una cosa che sceglieresti comunque vieni anche pagato per parlarne, che male c'è? Ma cosa diventa un blog se ogni singolo post lo è? Ogni foto su facebook, twitter o instagram lo è? Cosa ti piace davvero?
Ho alcuni progetti in ballo, ma sono solo cose che io condivido, che avrei scelto comunque anche senza essere pagata. I soldi fanno comodo, soprattutto se sono gli unici che ti entrano.

Ho cercato con viaggi di nozze low cost di trovare l'equilibrio tra il lavorare sul web e il non dover svendere le pagine del mio blog che continuo a voler tenere come bacino dove attingere se ti serve un consiglio o se hai voglia di leggere un racconto.

O un pezzo di vita.

Il mondo dei travel blogger è fatto di amicizie, di condivisione, di suggerimenti e aiuti. Ma è come un grande e gigantesco ufficio spalmato su tutta Italia con tanto di odi, invidie, sgambetti e raccomandati.

E' come ogni altro mondo fatto di competizione assoluta, ha la tendenza a mettere prima di tutto in cattiva luce gli altri.

C'è quella senza personalità che copia tutto spacciando le citazioni per sue, c'è quella che ha bisogno di un supporter continuo che dica a tutti "come è brava, guarda un po' la migliore, nessuno è come lei, gli altri non sono nulla in confronto", c'è quella che fa la low cost ma poi va negli alberghi a 5 stelle, c'è il personaggio sopra le righe, la volgare, la chic, quella arrabbiata, quello amico di tutti, quello che non lo è di nessuno. Vi sembra che sto parlando dei vostri colleghi d'ufficio?

Il punto qual è allora? La domanda di base è: perché ti scoccia tanto? Si tratta di lavoro. Giusto.

Ma si parla di viaggi.

La strada ti insegna come il tuo passo può essere il ritmo per qualcun altro, e non per forza devi pestargli i piedi.

Se hai viaggiato davvero sai che le persone sono la risorsa più straordinaria a cui attingere, se hai l'apertura del cuore per far sì che gli altri possano prendere a piene mani da te.

Il viaggio è per eccellenza il modo migliore per crescere, evolversi diventare persone migliori.

Come puoi vedere la Cambogia e poi buttare i soldi per una borsa costosa? Come puoi fare le foto ai poverelli e poi metterti in mostra con la tua nuova magliettina H&M che ha un'etichetta Made in Bangladesh che ha come sottotitolo "grazie allo sfruttamento di persone disperate"?

Ci sono blogger che sono stupendi viaggiatori, ci sono viaggiatori che sono pessimi blogger.

Ecco, io preferisco seguire questi.

Scrivere per scrivere non serve a niente e non fa di noi dei viaggiatori. Riempire pagine vuote con parole ancora più vuote.

Se siete viaggiatori, sapete da soli che non è quello che la strada via ha insegnato.


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