La miseria degli intellettuali

Creato il 09 aprile 2011 da Lucas

Alfonso Berardinelli è un noto critico letterario e saggista. Uno dei più acuti, sicuramente. Da qualche anno scrive (anche) per Il Foglio. Devo dire la verità: un po' mi dispiace. Mi dispiace perché io credo che il mezzo modifichi, in parte, il messaggio. Una prova? Prendiamo il suo articolo pubblicato oggi, La verità della Lega e la cultura da deculturalizzare al più presto. L'articolo si compone di tre paragrafi. Lasciamo perdere il primo legato, appunto, alle "brutali verità" della Lega (anche se ci sarebbe molto da dire al proposito. Fosse vivo, Franco Fortini gli avrebbe tirato uno scapaccione). Veniamo al n° 2, intitolato Troppa cultura.

Berardinelli riprende un articolo di Marina Valensise (una fogliante) e un libro di Filippo La Porta per ribadire che l'eccesso di letteratura fa male alla letteratura stessa. Che ci sono troppi laureati, troppi pensatori segaioli, che invece di zappare la terra, piallare una trave, caricare o scaricare autotreni, cuocere pizze, o battere il ferro, si mettono a tavolino a scrivere i loro romanzetti che non valgono un cazzo, o - peggio ancora - si mettono a scrivere i loro pensierini sui loro blog. E pensare che una volta c'erano fior di intellettuali che non erano nemmeno laureati. Ma con questa inflazione di pensatori la cultura si rovina.

"Marina Valensise ci dice che "il cambiamento legato al computer e alla tecnologia digitale" valorizzerà i lavori manuali e artigianali che non seguono procedure standardizzate: e che in futuro i diplomati e i laureati saranno probabilmente meno utili rispetto agli infermieri, ai trasportatori, ai giardinieri, ai falegnami, ai fabbri, ai cuochi. D'altra parte anche fra gli intellettuali e gli scrittori, in passato i non laureati non erano pochi. [...] L'Italia è stata per decenni malata di accaparramento di "posti di lavoro" nei quali di lavoro se ne faceva ben poco. Ma un paese in cui non si sa più lavorare va verso l'autodistruzione. Ricordo la Cuba di Fidel Castro: nessuno che facesse bene quello che faceva, sembrava che fare bene le cose non avesse senso. Una società che è stata in coma per decenni: simpatica, forse, ma sapeva di cadavere. Troppa politica, troppa estetica anche in Italia. Dedichiamoci di più alla manutenzione e alla riparazione. Si attendono corsi a puntate di falegnameria e di pronto soccorso."

Belle considerazioni, vero? Soprattutto quando sono fatte da parte di coloro che già occupano posizioni di privilegio e che, invece di lettori che osano controbattere alle loro argomentazioni, hanno bisogno di trombai per far riparare le loro tubazioni. Mentali. Infatti, Berardinelli ci sta dicendo che compito della cultura non è far pensare il popolo e fargli esprimere, di conseguenza, il suo pensiero. No, a pensare ci pensano loro, intellettuali professionisti. Noi possiamo soltanto assistere alle loro battaglie di pensiero, un po' come si assiste a uno spettacolo sportivo, dove necessariamente pochi vanno in pista o nell'arena a contendersi la vittoria. Il problema, però, è che nello sport, contrariamente alla cultura e, figuriamoci, alla politica, ogni tanto anche i campioni vanno in pensione. E c'è ricambio. Anche Maradona ha lasciato il posto a Messi. Nella cultura, nella politica non è così. L'è tutto un rigirare di frittate. Un pascersi. Un bearsi. Un aspettare che sia la morte a generare il ricambio e non il pensiero, il confronto aperto, la discussione.

Infine, il terzo paragrafo dell'articolo che riporto per intero.

- Hai visto? scrive sul Foglio.

- Veramente? Ora scrive sul Foglio?

- Già. E' incredibile. Scrive sul Foglio.

- Stento a crederlo. Si è messo a scrivere sul Foglio.

- Già. Però l'ho sempre pensato.

- Sì. Non lo avevi capito?

- No, io no. Ho sempre pensato che fosse di sinistra.

- Ti illudevi. Era di destra anche quando era di sinistra.

- Come fai a dire una cosa del genere?

- Lo intuivo. C'era in lui qualcosa...

- Non è mai stato veramente dei nostri.

- Sì. Era chiaro. Non dei nostri nemmeno allora. Era un individualista. Gli individualisti sono tutti egoisti.

- Ma che cosa scrive sul Foglio?

- Ah, non lo so. Io il Foglio non lo leggo!

- No. Mi rifiuto di leggerlo.

- Come fai a sapere che lui scrive sul Foglio?

- Lo so, me l'hanno detto. Lo dicono tutti. Si sa.

- Ma si sa che cosa scrive sul Foglio? Ha cambiato idea?

- Non lo so. Da quando scrive sul Foglio le sue idee non mi interessano.

- Già, lui scrive sul Foglio. Non importa sapere che cosa pensa.

- Sì, Lui scrive sul Foglio.

Un brano autoironico. Parlare di sé senza mai nominarsi. Che bravura. D'altronde Lui scrive sul Foglio. E non ne aveva nemmeno bisogno. Però ci teneva a precisare, dato che percepisce simili maldicenze che circolano, gratuitamente, alle sue spalle. Occorreva reagire, ironicamente certo. Non deve mica piccarsi di fronte a certe cose. D'altra parte se Lui ha fatto questa scelta e Piergiorgio Bellocchio no, ci sarà pure una ragione.

Io, nonostante mi rincresca leggerlo sul Foglio, Berardinelli lo seguo sempre volentieri. Per le ragioni esposte nelle prime righe. Perché è un intellettuale interessante. Ma, gli chiedo: perché invece che sul Foglio dove molti, e comprensibilmente, si rifiutano di leggerlo, non esperimenta la scrittura bloggeristica? Io credo che, se lo facesse, avrebbe meno rifiuti e le sue idee, giuste o sbagliate che fossero, interesserebbero e, soprattutto, circolerebbero di più.


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