Tutti a correre dietro le cifre dell’occupazione e della disoccupazione, anno per anno, trimestre per trimestre, mese per mese. Se analizzarle è utile per capire se c’è influenza (momentanea) delle politiche nazionali e europee sul lavoro, la verità è che un osservatore attento sa già che il massimo che ci si può aspettare dal prossimo futuro è una stagnazione pesante, costante e prolungata, che al di là di qualche fluttuazione percentuale dovuta agli sgravi contributivi per le aziende o a qualche altra trovata simile, ci accompagnerà almeno per i prossimi due anni. Le politiche sul lavoro, il famigerato Jobs Act, non hanno fatto che schiacciare verso il basso i diritti dei lavoratori, a uso e consumo della grandi aziende, preparandoci a quello che verrà: un futuro di disoccupazione e miseria in cui la domanda non aumenterà a meno che gli Stati non se ne facciano carico, distribuendo reddito.
Intanto, il denaro viene sottratto alle casse pubbliche per risanare le Banche e per foraggiare imprese spesso destinate al fallimento o ancora per finanziare provvedimenti che tanto bene al lavoro in realtà non fanno (tipo il Jobs Act).
La crisi ha fatto crollare la domanda a tutti i livelli - da quella di energia a quella di carne - e, a volte nel bene e a volte nel male, i consumatori si sono abituati ad avere di meno. La decrescita si impone al mondo intero e le masse, volenti o nolenti, devono farci i conti.