di Cristiano Abbadessa
Capita anche nei media tradizionali, stampa e tv per capirci, che un fatto, un personaggio o un tema conquistino di colpo le prime pagine assurgendo a “caso” del momento, suscitando commenti e reazioni, generando a volte attese e paure, per poi svanire nel nulla, sepolti nel dimenticatoio senza che nessuno si prenda neppure la briga di informare il pubblico su “come è andata a finire”. Nel web, per certi aspetti, il fenomeno è ancora più vistoso: si lancia un argomento, ci si accapiglia intorno con polemiche e prese di posizione, blog e forum si animano, finché tutto, a volte rapidamente, svanisce nel nulla. Ed è più vistoso perché gli implacabili motori di ricerca conservano memoria e sono pronti a sciorinare, se debitamente interrogati, decine o centinaia di post e commenti su un tema, segnalando subito a margine la data di pubblicazione; salta così all’occhio che quell’argomento ha acceso gli animi per una settimana o dieci giorni, per poi non essere più trattato da nessuno. Ed è un peccato, perché spesso sapere “come è andata a finire” potrebbe aiutare a sviluppare delle riflessioni meno dogmatiche e banali di quelle che erano state ampiamente spese “a priori”.
Di recente mi sono chiesto che fine avesse fatto la famosa Libreria Km Zero, che doveva aprire a Milano in primavera e sul cui schema di funzionamento (pagamento degli spazi anticipato, a cura dei piccoli editori che volevano essere presenti) si era a suo tempo scatenato un uragano di polemiche. Ovviamente non sono riuscito a venire a capo di nulla. Presumo non abbia mai aperto, perché il sito della libreria stessa è fermo alla mesta paginetta (l’unica del sito) in cui si annuncia lo spostamento a maggio (2012) dell’inaugurazione, inizialmente programmata per fine aprile. E al silenzio ufficiale dell’aspirante libraio fa riscontro il disinteressato mutismo di tutti quelli che sulla questione si erano accapigliati, e pare proprio che a nessuno sia venuta la curiosità di sapere se davvero il progetto è fallito e perché.
Anch’io, a suo tempo, ho detto quel che pensavo della proposta, e non starò qui a ripeterlo. Rimarco solo che la mia contrarietà era in certa misura circoscritta e motivata, ma aperta a considerazioni diverse qualora il libraio avesse posto mano alle proposte, disegnando una diversa e meno squilibrata forma di “collaborazione”. Lo sottolineo perché i censori più severi, invece, parevano tratteggiare l’ideatore del progetto come un furbetto che aveva trovato il modo di spennare gli ingenui polli bisognosi di visibilità editoriale, dando in qualche modo per scontato che l’operazione, a loro avviso immorale, gli sarebbe riuscita. Pare proprio, invece, che non sia riuscita affatto: forse i “polli” non erano così sprovveduti o, più banalmente (e questo è il mio forte sospetto), non avevano neppure la possibilità di scegliere se foraggiare o meno l’iniziativa, perché i costi erano del tutto fuori dalla loro portata.
Sarebbe interessante, credo, sapere se la proposta è fallita perché mal posta, formulata in modo errato e per certi versi iniquo, e perciò vittima di un disinteresse “moralmente consapevole” degli editori cui era rivolta. O se, invece, siano stati sbagliati i conti, e l’idea sia naufragata per impossibilità oggettive, degli editori o del libraio stesso, a condurla in porto. A suo tempo pareva che ci fossero diversi aderenti disposti a finanziare l’iniziativa in cambio della visibilità; ma c’era anche una vistosa incongruenza tra le cifre che si potevano raccogliere attraverso il finanziamento dei “partner” editori e quel che era stato speso (o si sarebbe dovuto spendere) per la ristrutturazione e la messa in opera della libreria.
Purtroppo, sto avanzando ipotesi sul nulla, perché nessuno ci ha detto come mai la libreria non ha aperto i battenti. A me piacerebbe saperlo. Perché credo che potremmo tutti trarne qualche utile insegnamento.