Marzo 2013
Patrizia&Giuditta 2 Voci per 1 Libro è una rubrica che nasce dall’incontro di due persone distanti per formazione ed esperienze di vita, ma unite da una grande passione per i libri e la letteratura. Due donne, Giuditta e io, che si sono conosciute leggendo l’una il blog dell’altra senza essersi mai incontrate di persona (ma intenzionate a farlo presto), due “sentire” spesso discordanti ma sempre rispettosi e aperti al confronto. Da questa complicità è nata, tra un tweet e l’altro, l’idea della rubrica. Un luogo in cui confrontarsi su un libro diverso ogni mese in modo divertente e scanzonato, senza il rigore di una recensione, ma con l’attenzione ai dettagli. Una sorta di gioco (liberamente tratto dalle famose interviste della trasmissione “Le Iene”) che vi permetterà di conoscere nuovi romanzi e sorridere un po’. Per assecondare i gusti di tutti i lettori, abbiamo deciso di seguire uno schema che prevede l’alternarsi di un autore italiano, uno spagnolo e uno di qualsiasi altra nazionalità. Questo numero di marzo è tutto tricolore. Ospite della rubrica è il nuovo romanzo di Andrea Pomella, La misura del danno, edito da Fernandel. Una storia godibilissima che ritrae in modo impietoso le debolezze e i vizi degli italiani nell’ultimo ventennio. Vista la ricomparsa sulla scena del principale attore politico di quegli anni, che si credeva ormai destinato all’oblio, è doveroso sottolineare che la recensione è stata scritta prima delle elezioni del 24/25 febbraio 2013. Buona lettura.
La misura del danno
Andrea Pomella
Fernandel
1. Dai un voto alla copertina e spiegala
Voto:8 Il lupo perde il pelo ma non il vizio. Un salotto elegante e abiti firmati possono travestire l’anima ma non cambiarla.
Una copertina che racconta in modo luminoso e immediato vent’anni di caduta, anzi di crollo, dei valori elementari su cui dovrebbe reggersi una società civile
Voto: 7. Trovo molto indicato lo sfondo di un’elegante casa moderna, di lusso minimalista e radical-chic, non mi piace invece la figura umana in primo piano. Il romanzo tratta in parte l’aspetto animalesco dell’uomo che viene fuori in certe situazioni, ma Alessandro Mantovani, se è a lui che si riferisce, è un personaggio molto complesso e stratificato. Belli ed eleganti i colori, giocati su tinte chiare.Il titolo è invece scelto a pennello. Non voglio svelare il perché, ma solo accennare che si tratta di una misurazione esistenziale e sociale.
2. L’incipit è…
Accattivante grazie a parole che strizzano l’occhio al voyeurismo del lettore. Impossibile non domandarsi, infatti, che ci farà un tale Alessandro Mantovani, eccitato come un adolescente al primo appuntamento, con una ragazzina di quindici anni seduta in auto al suo fianco. Nabokov docet. Diretto e preciso. “Verso la fine dell’inverno …” con la presentazione dei personaggi all’inizio di quella che si rivelerà una fine, di una vita così come era stata per Alessandro Mantovani e dell’adolescenza per Beatrice.
3. Due aggettivi per la trama
Solida, intelligente. Amara e lucida.
4. Due aggettivi per lo stile
Esuberante e dotto. Compassato e meditato.
5. La frase più bella
… l’idea pazzesca che solo tuffandosi nudi nel fuoco si potesse afferrare il cuore ardente della vita.
Un’immagine potente che rende in modo efficace la tentazione di cogliere sempre e comunque le opportunità di provare piacere, ben conoscendone le rischiose conseguenze.
Della Misura del danno mi ha colpito la percezione dei rapporti genitori-figli. Sia di Alessandro Mantovani con la figlia, che quello, in parte abortito, tra Alessandro e il padre, che Pomella racconta in varie e multiformi gradazioni, con sincera partecipazione, soffermandosi sui dati oggettivi, piccoli grandi gesti che raccontano l’anima.Scelgo il primo:
Appena usciti dal ristorante, mentre facevano una tranquilla passeggiata per le vie del quartiere, Alessandro aveva preso sotto braccio Martina e insieme avevano iniziato a fare alcune imitazioni e, come succedeva spesso, fra loro si era subito instaurato un clima di complicità e di estrema rilassatezza.Sembra di vederli padre e figlia, di spalle che si allontanano dimentichi di tutto ciò che li circonda. Un’immagine che mi è particolarmente cara. Forse perché una scena così comune nella sua sincerità mi sarei soffermata a guardarla per strada con un certo compiacimento.
6. La frase più brutta
Alessandro sentì un gelo improvviso alle gambe, la sensazione che esistesse la possibilità concreta che la merda fredda contenuta nelle sue viscere potesse fuoriuscirgli dalle ginocchia.
È stomachevole ma rende perfettamente l’idea di un uomo che ha paura.
Lo stile di Pomella è accurato e terso. Il brutto è nell’amarezza di certi atteggiamenti e nel brutale di certe situazioni.Da donna quello che mi ha causato un certo disprezzo è l’istinto animalesco che prende il protagonista, facendolo diventare tutto istinto e nessun sentimento. La complessità della visione di Pomella risiede nella sua capacità di indagare l’animo maschile nelle più visibili, ma anche recondite sfumature, senza mai scadere nel clichè e nei pregiudizi, ma mostrando della vicenda esistenziale di Mantovani tutte le infinite e contraddittorie tonalità:
Ora l’animale che c’era in lui liberava l’istinto predatorio, il suo livello aggressivo aumentava di minuto in minuto.
7. Il personaggio più riuscito
Alessandro, il protagonista. L’autore traccia in modo magistrale la mappa psicologica di quest’uomo a cui la fama ha cambiato la vita ma non i principi che la guidano.
I personaggi sono elemento felicissimo del romanzo. Di ognuno, dal protagonista alle comparse, Pomella riesce a ritagliare con accuratezza e dettagli un quadro limpido e perspicace. Difficile scegliere, ma non volendo dire tutti, indico il padre di Alessandro Mantovani, attraverso il quale Pomella descrive non solo una generazione, ma un ambiente e una società che si trova frastornata e delusa di fronte alle frustrazioni e alle decadenza dei figli e del loro tempo. |
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