La moda più raccapricciante del mondo: il turismo macabro

Creato il 24 settembre 2013 da Lundici @lundici_it
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Una deficiente a caso che fa la foto a un’auto accartocciata a caso

La settimana scorsa non s’è parlato d’altro, giustamente: Concordia di qua, Concordia di là, abbiam raddrizzato la Concordia, il mondo ci guarda, è andato tutto bene, abbiamo riscattato il nostro paese, sospendiamo la patente a Schettino (MA VA?) eccetera eccetera eccetera. Saltando il discorso che sì, chiaramente i nostri connazionali ingegneri e operai sono stati impeccabili nel compiere un’azione del genere mai provata prima al mondo, che abbiamo riscattato la dignità del nostro paese, calpestata da un stupido e inetto comandante che o per fare lo sborone di fronte a una giovane ballerina o per rispettare un ordine dalla compagnia condannò a morte 32 persone e che quando la nave era in fase di raddrizzamento sono state trovate misteriose scritte su un ponte fino a poco tempo prima sott’acqua (ed immediatamente fatte rimuovere), la questione della Costa Concordia che a me fa, tanto per cambiare, vergognare di appartenere a questa società odierna è descritta dall’immagine seguente.

Abbinamento top: animali morti addosso e persone morte dietro

Cos’è ‘sta roba? Questo parto della follia umana prende il nome di turismo macabro. Il turismo macabro è quella voglia irrefrenabile che spinge migliaia di deficienti a visitare luoghi ove sono accadute tragedie: omicidi o suicidi famosi, oppure tragedie nazionali come la sopracitata Costa Concordia. Attenzione: i drammatici eventi devono essere rigorosamente popolari. Questo è fondamentale, perché altrimenti il turismo macabro non ha motivo di esistere, alias “a nessuno importa nulla”.

La casa del delitto di Avetrana? O del delitto di Cogne? O di Erika e Omar? O dei vicini di Erba? Lo scoglio dove s’è arenata la Costa Concordia? Turismo macabro. L’appartamento del pensionato “X” che viene sgozzato e dopo tre giorni non fa più notizia? Non è turismo macabro. La differenza è chiara, e consiste nel solito, noioso, immancabile cliché che caratterizza la maggior parte della società odierna: il bisogno irrefrenabile, immortale e paranoico di apparire.

Apparire dove? Ma in tv naturalmente, su internet, sui social network, in fotografie, in diapositive, in disegni di pittori per strada, ovunque. Il turismo macabro è oramai una moda, la più penosa a parer mio: farsi centinaia, a volte migliaia di chilometri per visitare un determinato luogo, solo perché lì è successa una tragedia che ha fatto tanto scalpore sui media. Per poi cosa? Scattare delle foto, registrare dei video, taggarsi su Facebook, Instagram e in ogni altro social network. Con lo scopo di….? Far vedere le foto e i video agli amici, ottenere like, commenti invidiosi, complimenti. Insultandoli, eccome come commenterei io. Perché non è possibile che questa grossa fetta della società sia caduta così in basso: visitare un luogo drammatico, dove persone sono morte nei più impensabili modi e per i più impensabili motivi, e altre persone ancora soffrono per questi eventi, e scattare delle foto, curiosare in giro, essere semplicemente lì, a dare un’occhiata. Che rispetto hanno per i defunti? E per i familiari dei defunti? Andiamo a fotografare tutte le stanze degli ospedali allora, e tutti i cimiteri, già che ci siamo. Che schifo.

Gruppo di gente che evidentemente non ha un lavoro, se in pieno giorno è di fronte ai cancelli della casa di Sarah Scazzi

Circa un anno fa mi capitò di fare visita a un amico, a Cesena, che abita vicinissimo a dove poco prima era stata uccisa una donna. Appena salutato, mi raccontò dell’accaduto e guardai verso la direzione che mi indicava. Tornando a casa, poi, passai in auto di fronte all’imbocco della via teatro dell’omicidio e, dando un’occhiata veloce, andai oltre. Non so cosa mi aspettavo di vedere, ma quella via, in quel momento, sicuramente mi ha colpito. «Una recente scena di morte» pensavo tra me e me. Un pensiero che è stato nella mia mente per i successivi 10 minuti e poi, così come velocemente era nato, velocemente se n’è uscito dalla mia testa. Capisco, quindi, che un fatto del genere possa suscitare emozione, eccitazione, un po’ di adrenalina se vogliamo, in quanto “spettacolo di morte”. Credo che sia perché certe cose siamo quotidianamente abituati a vederle solo in tv e mai dal vivo: ogni notizia, o avvenimento, o fatto dal punto di vista mediatico colpisce maggiormente coloro che sono più a contatto col contesto dove l’evento è accaduto, che siano vicini di casa, concittadini, lontanissimi conoscenti, passanti, testimoni oculari eccetera (le lezioni di “Teorie della sfera pubblica” servono a qualcosa). Quindi, per questo stesso principio, io stesso sono stato colpito più di altri per questo avvenimento, essendo solito frequentare Cesena ed essendo passato da quella stessa zona. Capisco dunque cosa possano provare le persone nelle vicinanze di Avetrana, di Cogne, dell’Isola del Giglio eccetera. Ma ciò che non capisco è come una persona prepari i bagagli, si carichi la famiglia in auto, guidi per 100, 500 o 1000 chilometri e dopo ore e ore visiti l’esterno di una casa, o di una villa per scattare delle foto: foto di urla, foto di sangue, foto di morte. Per poi tornarsene tranquillamente a casa, soddisfatti per i clic effettuati e per il numero dei like che otterranno. Perché cosa vuoi che ci sia da visitare a Cogne? Toh, una chiesa. Due, tre al massimo, se gli abitanti sono molto religiosi.

“Dai su bambini, sorridete, che questa foto la facciamo vedere ai nonni!”

La smania di farsi notare, la smania di essere invidiato, la smania di sentirsi partecipe di una tragedia infetta la nostra società come un cancro. La morte, si sa, ha sempre affascinato i vivi. Ciò è normale, perché rappresenta la fine di tutto, la scomparsa a tempo indeterminato, il riposo eterno. Ed è per questo che si può essere affascinati da film violenti, incuriositi da foto macabre in rete o chissà da quali cose. Ma partire per visitare questi luoghi, solo perché prima c’è stato un delitto, e che ora sono rimasti semplicemente dei luoghi, questo non è normale, è un deficit mentale. È stupidità, consapevole o inconsapevole. Ma la cosa ancora peggiore è visitare questi luoghi solo perché i telegiornali ne parlano. Succedono migliaia di uccisioni al giorno, in tutti i luoghi possibili e immaginabili, ma non tutti sono mete di questi turisti. Più è famoso il luogo, più è smaniato. E questa è una novità tutta mediatica, e in Italia molto seguita e praticata.

Ho fatto solo esempi italiani, ma sono sicuro che succeda in tutto il mondo occidentale. Vuoi che qualche idiota non abbia visitato la Columbine High School? Spero che qualche genitore lo abbia preso a calci.

Gli abitanti dell’Isola del Giglio e delle vicinanze, la Costa Concordia la chiamano “la bara bianca”, e usano questo pseudonimo per indicarla agli sottosviluppati turisti che chiedono loro dove si trovi. E, ci scommetto, nel rispondere usano tutto il loro disprezzo ed il loro sguardo più schifato. E fanno bene.

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