La montagna mette appetito: piatti tipici delle Dolomiti

Creato il 30 gennaio 2013 da Nonsoloturisti @viaggiatori

Siamo stati a sciare. Beh, parte del tempo l’abbiamo dedicata a sciare, almeno. Il resto è stato dedicato a una vasta gamma di attività, la più attraente e remunerativa delle quali è stata… la tavola.

L’aria di montagna, si sa, mette appetito, stimola la circolazione, il metbolismo. E non c’è dubbio che sia un piacere sublime quello che attraversa il viaggiatore quando, scampato a una bufera di neve che ancora infuria alle sue spalle, si porta finalmente in salvo oltre l’uscio di una baita ben riscaldata, o di un ristorante accogliente. Il tepore che riaccende le terminazioni nervose alle dita, l’appannarsi degli occhiali, il respiro di sollievo nel percepire aria calda su per le narici. Sono i segnali della sopraggiunta salvezza, la fine del dovere atletico e l’inizio di un idillio gastronomico.

Eravamo sulle Dolomiti di Brenta, tra Molveno, Fai della Paganella, Andalo e Cavedago. La cucina trentina ci ha ristorati quando più ne avevamo bisogno, e quando ne avevamo meno bisogno ha continuato a deliziarci.

Ecco come.

Si comincia sempre con l’aperitivo, un bicchiere di bianco, magari il Müller Thurgau, tra i vini più rinomati delle Alpi. Tortino di formaggio. Crema di patate e porri. Bis di primi: risotto ai porcini e tortellini ripieni. Piccoli canederli di pane nero e speck su ragù di porcini. La cucina migliore è quella assaporata in compagnia… di un buon vino rosso, come quello prodotto con il vitigno autoctono Teroldego. Piatto misto con funghi, polenta, carne di cervo, salsiccia e formaggio Puzzone – non è una battuta – alla brace. Costolette di vitello da latte alle erbette. Bavarese alla mela renetta su zabaione al Teroldego Passito. Su ogni buona tavola non può mancare un buon vino, come il bianco DOC Lunelli di Villa Margon o il famoso vino spumante Ferrari.

Flavio Alagia

Dopo una laurea in giornalismo a Verona, mi sono messo lo zaino sulle spalle e non mi sono più fermato. Sei mesi a Londra, un anno in India, e poi il Brasile, il Sud Africa… non c’è un posto al mondo dove non andrei, e non credo sia poco dal momento che odio volare. L’aereo? Fatemi portare un paracadute e poi ne riparliamo.

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