Siamo stati a sciare. Beh, parte del tempo l’abbiamo dedicata a sciare, almeno. Il resto è stato dedicato a una vasta gamma di attività, la più attraente e remunerativa delle quali è stata… la tavola.
L’aria di montagna, si sa, mette appetito, stimola la circolazione, il metbolismo. E non c’è dubbio che sia un piacere sublime quello che attraversa il viaggiatore quando, scampato a una bufera di neve che ancora infuria alle sue spalle, si porta finalmente in salvo oltre l’uscio di una baita ben riscaldata, o di un ristorante accogliente. Il tepore che riaccende le terminazioni nervose alle dita, l’appannarsi degli occhiali, il respiro di sollievo nel percepire aria calda su per le narici. Sono i segnali della sopraggiunta salvezza, la fine del dovere atletico e l’inizio di un idillio gastronomico.
Eravamo sulle Dolomiti di Brenta, tra Molveno, Fai della Paganella, Andalo e Cavedago. La cucina trentina ci ha ristorati quando più ne avevamo bisogno, e quando ne avevamo meno bisogno ha continuato a deliziarci.
Ecco come.
Flavio Alagia
Dopo una laurea in giornalismo a Verona, mi sono messo lo zaino sulle spalle e non mi sono più fermato. Sei mesi a Londra, un anno in India, e poi il Brasile, il Sud Africa… non c’è un posto al mondo dove non andrei, e non credo sia poco dal momento che odio volare. L’aereo? Fatemi portare un paracadute e poi ne riparliamo.