La morte del Rock

Creato il 21 gennaio 2011 da The Book Of Saturday

Nell’immaginario comune di molti amanti del Rock esiste una data di molti anni fa segnata in nero sul calendario storico, che riporta alla mente una delle pagine più buie che quest’arte ha vissuto nel corso della propria esistenza…una data, un evento e un preciso istante che hanno avuto il potere di gettare via in un colpo solo gran parte della forza dell’illusione, dei sogni e delle ideologie che fino a quel momento erano state la forza trainante di questo movimento.

Siamo alla fine del decennio d’oro della Musica, più precisamente il 6 dicembre del 1969, e sono passati appena quattro mesi da quando centinaia di migliaia di persone presero parte al più grande evento musicale mai organizzato, quei famosi “tre giorni di pace e musica” che innalzarono lo spirito del Rock ad un livello mai raggiunto prima; ma se Woodstock, nonostante tutti i suoi problemi di organizzazione dettati dall’impreparazione di fronte ad un tale successo di pubblico, riuscì a portare davanti agli occhi di tutto il mondo la forza di congregazione della Musica e costrinse molti “puritani” a riconsiderare le proprie convinzioni, l’Altamont Free Concert ebbe un impatto totalmente opposto e affossò definitivamente l’esile speranza coltivata dalla cultura hippie, fornendo ai detrattori un’arma troppo grande per poter essere contrastata, un’arma che col senno di poi si rivelò decisiva.

In quell’anno i Rolling Stones tornarono negli Stati Uniti a tre anni di distanza dalle loro ultime esibizioni d’oltreoceano, con l’intento di ampliare il più possibile il mercato statunitense, cavalcando l’onda lunga del fascino che la loro simpatia per il diavolo riusciva ad esercitare su un numero enorme di fans.
Il tour comprendeva originariamente 16 concerti in vari stati americani durante tutto il mese di novembre e riscosse un grandissimo successo di pubblico nonostante le continue lamentele che accompagnarono la band per i continui ritardi con cui si presentava sul palco rispetto agli orari stabiliti e per il costo eccessivo dei biglietti delle serate paragonati agli standard di quel tempo; molto forti erano anche le critiche negative mosse dalla stampa americana al gruppo, reo di non pagare in modo adeguato le performance dei vari artisti di supporto che li seguivano durante la tornuèe (personaggi del calibro di Chuck Berry, B.B. King, Terry Reid e Ike & Tina Turner).

Per riuscire a mettere a tacere tutte queste voci controproducenti per l’immagine del gruppo, la band britannica e i loro manager presero la decisione di aggiungere alle date già in programma, un concerto gratuito. Con il passare dei giorni, grazie soprattutto agli sforzi dell’organizzatore Bill Graham, il concerto prese sempre più i connotati di un vero e proprio festival e venne scelto l’autodromo di Altamont in California come location per quella che nelle aspettative di molti sarebbe stata ricordata come la Woodstock della West Cost.

Inizialmente il festival si sarebbe dovuto tenere al Golden Gate Park di San Francisco ma, temendo di ritrovarsi la città presa d’assalto da centinaia di migliaia di spettatori come avvenuto pochi mesi prima a Woodstock, i funzionari californiani negarono il permesso all’utilizzo del parco; la causa di questa scelta fu una conferenza stampa in cui Mick Jagger, con lo scopo di attirare il maggior numero di persone possibili in vista della registrazione di un film sull’evento, promise un grandissimo evento e la presenza di grandi ospiti a sorpresa in una giornata che avrebbe dato l’esempio sul modo di comportarsi nei grandi raduni.

Il successivo accordo con l’autodromo Sears Point saltò a pochi giorni dalla data fissata a causa di alcune controversie con il proprietario del circuito sui diritti di distribuzione cinematografica del film; queste problematiche costrinsero gli organizzatori a prendere una decisione sulla location definitiva solamente nella notte del 4 dicembre, ossia a meno di 48 ore dall’inizio del festival. I profondi problemi logistici che scaturirono furono una logica conseguenza delle difficoltà organizzative: bagni chimici e tende mediche erano in numero assolutamente insufficiente rispetto ai partecipanti, mentre il palco molto basso e l’impianto audio risultarono del tutto inadeguati, portando il pubblico ad addensarsi pericolosamente vicino agli artisti.

Ma la circostanza che più di ogni altra risultò essere la scintilla decisiva per trasformare irrimediabilmente quella giornata, fu la scelta fatta dai Rolling Stones di ingaggiare come servizio di sicurezza gli Hell’s Angels, un gruppo di motociclisti americani con uno stile di vita molto spesso al limite della legalità nato da alcuni reduci della Seconda Guerra Mondiale.
In passato altri gruppi, tra cui i Grateful Dead, avevano chiesto questo genere di servizio ai bikers statunitensi, senza che si manifestassero disordini di alcun genere, ma quel giorno gli angeli dell’inferno volevano dimostrare qualcosa, il loro lato peggiore, volevano far capire a tutti che il male e la cattiveria non poteva essere soltanto il frutto di alcuni atteggiamenti propinati su un palco da qualche artista che ne sfrutta la potenza per trarne benefici e per attirare folle sempre più ampie di seguaci, volevano rivendicare a gran voce che il vero male erano loro con il loro credo fatto di alcool, droga, risse, furti. estorsioni e vandalismo. Ad agevolare i propositi intimidatori degli Hell’s Angels ci fu anche l’onorario che venne pattuito con i manager della band inglese, 500 dollari di birra per ciascuno per tutta la durata del festival, anche se va sottolineato come i diretti interessati abbiano sempre negato con fermezza questo punto.

Santana, Jefferson Airplane, The Flying Burrito Brothers, Crosby Still Nash & Young, furono queste le band che nell’ordine si esibirono in quella giornata davanti a più di 300.000 persone, preparando il palco per l’esibizione finale dei Rolling Stones che chiuse il festival; inizialmente anche gli stessi Grateful Dead avrebbero dovuto prendere parte allo spettacolo, ma rinunciarono poco prima del loro ingresso in scena a causa dell’atmosfera di violenza che si respirava nell’aria dell’autodromo tra il pubblico e gli Hell’s Angels. Impossibile dargli torto dal momento che già durante la prima esibizione in scaletta, quella de i Santana, i bikers avevano iniziato a mettere in pratica quanto pianificato, incutendo terrore tra la folla e brandendo stecche da biliardo come bastoni, colpendo spettatori, giornalisti e fotografi presenti, fino ad arrivare a salire sul palco e interrompere i musicisti in scena per rincorrere qualche ragazzo scappato dietro le quinte in cerca di un rifugio. La confusione che andava via via aumentando tra gli spettatori, alimentata dalle enormi quantità di LSD che giravano sin dalle prime ore della mattinata, rese sempre meno gestibile la situazione all’interno dell’autodromo.

Ancora peggio andò durante la performance dei Jefferson Airplane dove, durante The Other Side of This Life, alcuni bikers accerchiarono e iniziarono a prendere a calci e pugni uno spettatore sotto gli occhi incredudili di chi era intorno e degli artisti in scena; mentre la cantante Grace Slick dal palco continuava ad implorare ‘Please, be quiet!‘, fu Marty Balin a tuffarsi letteralmente dal palco verso il ragazzo a terra per cercare di allontanare i motociclisti, che per tutta rispota picchiarono anche il cantante fino a fargli perdere i sensi.

Ma fu soltanto quando salirono sul palco gli Stones che si consumò la vera tragedia per cui ancora oggi il concerto è ricordato negativamente. Gli scontri tra Hell’s Angels e parte del pubblico divennero sempre più frequenti e violenti, costringendo la band ad interrompersi continuamente per cercare di ristabilire la calma: ‘Why are we fighting? We don’t want to fight!‘ è lo stesso Mick Jagger, durante l’esecuzione di Sympathy for the Devil, a rivolgersi al pubblico e a se stesso in cerca di una spiegazione per quanto aveva davanti agli occhi, Dopo ogni interruzione, al ristabilirsi di una calma apparente, la band ripartiva cercando di far finta che nulla fosse sucesso, ma con sempre minore convinzione.

Durante Under My Thumb, un ragazzo di nome Meredith Hunter, vestito di un completo verde, stufo delle maniere forti usate usate durante tutta la giornata, estrasse dalla giacca una pistola e cercò di raggiungere alcuni motociclisti, molto probabilemente con l’intento di spaventarli; uno dei componenti degli Hell’s Angels, appena vide l’arma nelle mani del ragazzo, gli si gettò addosso e lo accoltellò ripetutamente alla schiena, causandone la morte. Per molti minuti alcuni motociclisti circordarono il ragazzo oramai disteso a terra ed esanime e non permisero a nessuno di avvinarsi; quando venne portato verso la tenda medica più vicina era ormai troppo tardi per tentare di salvargli la vita. Totalmente ignari di quanto accaduto, soprattutto per la grande confusione che regnava tra la folla sotto il palco, i Rolling Stones andarono avanti con lo spettacolo.

Gran parte di quanto descritto e di quanto accadde quel giorno venne ripreso nel film-documentario Gimme Shelter; la pellicola (diretta da i fratelli Albert e David Maysles e da Charlotte Zwerin) venne concepita originariamente come strumento per consacrare l’enorme successo del tour americano dei Rolling Stones, ma dopo questa conclusione inaspettata assunse un taglio completamente diverso. Rappresenta un mezzo fondamentale per capire a fondo l’evoluzione degli avvenimenti, a partire dalla tournèe in giro per gli Stati Uniti e dall’organizzazione del festival dell’Altamont Raceway Park, sino al suo sventurato epilogo, soprattutto perchè vennero inconsapevolmente ripresi da una telecamera sul palco gli istanti in cui Meredith Hunter impugnò la pistola e la successiva aggressione nella quale venne ferito mortalmente.

In uno degli spezzoni iniziali del film, venne fatta ascoltare al batterista Charlie Watts la registrazione di una trasmissione radiofonica nella quale intervenne telefonicamente il leader degli Hell’s Angels Sonny Barger; con un atteggiamento privo di qualsiasi forma di commiserazione per quanto accaduto durante il festival, Barger indicò il comportamento esagitato del pubblico come principale causa che portò gli uomini addetti alla sicurezza a prendere misure preventive così violente.
Quando sei lì, a guardare qualcosa che è tutta la tua vita, e ci hai investito tutto quello che hai e la ami più di qualsiasi altra cosa al mondo, e vedi un ragazzo che la sta prendendo a calci, e sai chi è…”, riferendosi alla propria moto presa di mira da qualche spettatore fuori controllo, Barger sembra voler giustificare con un semplice incidente facilmente isolabile, i pestaggi e il terrore che i suoi compagni disseminarono tra la gente.
Alan David Passaro, l’Hell’s Angels che uccise Hunter, venne condannato per omicidio dal tribunale nel 1971, ma successivamente gli venne riconosciuta la leggittima difesa e venne assolto dall’accusa.

Quella giornata nell’autodromo di Altamont fu caratterizzata anche da quattro parti improvvisati nelle tende per il soccorso e altri tre decessi causati da incidenti: due ragazzi vennero investiti di notte mentre dormivano nel loro sacco a pelo dall’auto di uno spettatore che stava lasciando l’autodromo dopo il concerto, mentre un altro cadde in un canale durante un bad-trip causato dalla eccessiva quantità di droga assunta,
Da allora quella tournèe (che era nata senza un nome definito) e il suo drammatico epilogo vennero etichettati come The Satanic Tour, provocatoriamente a metà strada tra l’immagine a cui tanto avevano ambito nel corso della loro carriera gli Stones e l’inferno che in poche ore divampò nel autodromo californiano.

6 dicembre 1969, una data che a posteriori viene da molti etichettata come il giorno in cui morì il vero Rock, il giorno in cui perse tutta la propria forza e il suo significato più profondo cambiò profondamente, passando da arte in grado di unire persone di ogni estrazione in un unico sentimento di pace e amore senza fermarsi di fronte alle avversità, a strumento delle case discografiche, piegato a regole commerciali che poco gli erano appartenute fino a quel momento e che ne avrebbero irrimediabilmente segnato l’evoluzione negli anni successivi.



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