Situation room in the White House by Pete Souza da The New York Times
Colpisce, nell'America festante per la morte di Bin Laden, trovare delle voci critiche, dei richiami alla sobrietà di una morte che più che il sentimento della giustizia richiama quello della vendetta. Basta leggere fra i commenti arrivati alla versione online del New York Times. Per cogliere qualche voce critica al metodo.
Dalla Virginia, ad esempio, Benjamin Reynolds si chiede: "Nel suo discorso di domenica, il presidente Obama ha ribadito: che la morte di Bin Laden è la vittoria della giustizia per quelli uccisi negli attentati efferati di Al Qaeda. Dovremmo chiederci se la giustizia per i morti l'11 settembre e nelle nostre guerre in Afghanistan e in Iraq può essere raggiunta attraverso un omicidio. Mi addolora vedere la nostra idea di giustizia svilita da una aspettativa di omicidio. La nostra "vendetta" non potrà mai restituire i nostri morti ai loro cari e non potrà mai guarire le sofferenze causate dalla loro perdita. Spero che il nostro impegno venga rivisto per coloro che abbiamo perso e si possa trovare giustizia nella lotta all'odio e alla violenza, ovunque si trovino. Lo dobbiamo alla memoria dei nostri cari perduti, e lo dobbiamo a noi stessi".
John S. Koppel da Bethesda in Maryland è anche più polemico: "Mentre l'indecorosa cassa di risonanza per la morte di Osama bin Laden dimostra che la sete di sangue di vendetta del popolo americano è viva e vegeta, questo macabro trionfalismo sembra particolarmente esagerato alla luce del fatto che il governo degli Stati Uniti, con le sue enormi risorse, ha impegato quasi 10 anni e miliardi di dollari per individuare e uccidere un uomo. Inoltre, a meno che gli Stati Uniti e i loro alleati occidentali non cambino radicalmente le proprie politiche, smettendo di cercare di imporre la loro volontà e i loro valori in altre nazioni e culture, essi continueranno a generare l'odio e il risentimento che danno origine al terrorismo. La morte di Osama bin Laden da sola non permette di mettere il genio nella bottiglia".
Voci critiche (poche per la verità) in una America festante, che non può non uscire dagli slogan con interrogativi importanti. Gli stessi che hanno fatto dire alla Chiesa cattolica che non si gioisce per una morte, anche per quella del più sanguinario fra i terroristi, o che spingono Aldo Cazzullo oggi sul Corriere della Sera a chiedersi se non fosse stato meglio catturare Osama bin Laden vivo per poterlo processare. "Ricordare l'esistenza di un'altra via - la cattura, il processo, la condanna, l'espiazione della pena - non significa - scrive Cazzullo - abbandonarsi a facili umanitarismi. Significa ribadire la superiorità del diritto e della democrazia sul terrore e sul dispostismo". L'interrogativo è sempre quello: qual è la vera giustizia?