La morte di Senna vista da La Voce di Montanelli: coccodrilli, nuvole e la faccia triste del Brasile

Creato il 21 marzo 2014 da Pedroelrey

La morte di Senna ha rap­pre­sen­tato qual­cosa che ha col­pito l’immaginario non solo degli appas­sio­nati di For­mula 1.
Ayr­ton era il volto del corag­gio e dell’incoscienza, incar­nava il mito del cam­pione con la fac­cia un po’ così e gli occhi da bam­bino capace di sfi­dare ogni limite. Era anche il volto di un Bra­sile non banale, diverso, moderno, veloce, intre­pido, non solo samba e favela.

Il 3 mag­gio del 1994, nono­stante La Voce avesse solo meno di due set­ti­mane di vita, e stiamo par­lando di un quo­ti­diano poli­tico poco votato allo sport, non ci furono dubbi. La scom­parsa di quel per­so­nag­gio così sin­go­lare valeva il grande foto­mon­tag­gio della prima pagina.

Oggi il tema delle osses­sioni è di gran moda quando si parla di tipi di gior­na­li­smi. Noi alla Voce di Mon­ta­nelli ave­vamo le nostre, almeno i ter­mini gra­fici. In primo luogo le nuvole. I nostri foto­mon­taggi, sem­pre rea­liz­zati sotto la guida o la super­vi­sione di Vit­to­rio Corona, il vice­di­ret­tore e la mente visuale del gior­nale diretto da Indro Mon­ta­nelli, vole­vano essere sem­pre un poco oni­rici. Si mon­ta­vano e scom­po­ne­vano le foto­gra­fie non per ricreare realtà ingan­ne­voli, ma qual­cosa di nuovo, magari poe­tico o iro­nico, la cui natura, appunto foto­mon­tag­gio, doveva essere chiara.

Le nuvole erano uno stru­mento for­mi­da­bile. Al posto dei tra­di­zio­nali scon­tor­nati che iso­lano e tol­gono il con­te­sto gene­rale l’uso di un cielo nuvo­loso come sfondo crea imme­dia­ta­mente un ambiente sognante. DI cieli ne abbiano dise­gnati a cen­ti­naia.  Un poco come le Nuvole di De Andrè che vanno e ven­gono. Ne ave­vamo di scuri, chiari, cieli tem­pe­stosi, nuvole cari­che, bian­che, gri­gie, dense o magari mor­bide manco fos­sero ovatta. Le dise­gna­vamo al momento, in fun­zione dell’immagine da pro­durre e dal signi­fi­cato da rap­pre­sen­tare. Pec­cato solo che al tempo l’uso del colore era ancora lon­tano. Avremmo potuto gio­care pure con le tona­lità degli azzurri e aggiun­gere un ulte­riore tocco di poe­sia, di iro­nia o, dipen­dendo dal caso, di sana cattiveria

Altra osses­sione che tor­nava spesso erano i coc­co­drilli. Nel pen­siero di Corona gli alli­ga­tori rap­pre­sen­ta­vano il ritratto per­fetto dell’ipocrisia. Coc­co­drilli che ti ron­zano intorno cer­cando di sbra­narti per tutta la vita, salvo poi accor­rere per pian­gere il giorno della tua morte. Che io ricordi li abbiamo usati varie volte: una imma­gine molto bella con un coc­co­drillo gigante e la cop­pola in testa la facemmo per ricor­dare il giu­dice Falcone.

Anche Senna ha avuto i suoi coc­co­drilli. In fondo la vera svolta in ter­mini di sicu­rezza nella For­mula 1 si è comin­ciato a affron­tarla solo dopo la sua scom­parsa. Ecco spie­gato il titolo della prima pagina di quel lon­tano ini­zio di mag­gio: un cam­pione muore e va via leg­gero, tra le nuvole, vol­teg­giando sopra i coc­co­drilli che si affan­nano a lacri­mare nel fango sottostante

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