Correggendo un articolo sulla Libia che avevo poco prima scritto, mi assaliva un grande senso di insoddisfazione. Il linguaggio era semplice e conciso come piace a me, i concetti erano espressi chiaramente, non mancavano ironia e provocazioni, eppure non riuscivo a farmelo piacere.
Ad un tratto l’ illuminazione: con un semplice clic del mouse avevo aggiustato tutto e l’ autostima di quando risolvi un problema di matematica iniziava già a riempirmi il cuore. Tutto cancellato. Ebbene si, il lavoro di un pomeriggio era servito proprio a capire cosa bisogna non fare! E che fatica che c’era voluta per arrivare a quella conclusione! Stavo per incappare anche io nell’ errore di tanti: scrivere delle enormi ovvietà, sull’ onda di un patetico senso del macabro che qui in Italia abbiamo un po’ tutti, e che tante volte è condito con un filo di ipocrisia.
“Le guerre sono sempre da condannare”: menomale che sono arrivato io a dirlo; “dietro alle guerre ci sono sempre motivi economici”: come se 2.000 anni di storia non bastassero a dimostrarlo; “la gente che emigra lo fa per raggiungere condizioni di vita migliori”: e di fatti non ho mai visto nessuno che fa il fardello, parte, e va a vivere in Ruwanda.
E via dicendo: ovvietà, cose scontate, addirittura quasi delle tautologie.
Per fortuna me ne sono accorto in tempo e sono riuscito a evitare uno dei tanti articoli un po’ strappalacrime e un po’ indignati che al massimo possono avere l’ effetto di buttare un po’ di tristezza, rabbia o scompiglio su chi li legge.
Ma il difficile doveva ancora venire: perché fare gli eroi non è mica bello come nei cartoni animati. Mi sono imposto allora di non scrivere ovvietà,tautologie o patetismi, di cercare di condurre un ragionamento compiuto e imparziale.
Risultato: il panico più totale. M come faccio a fare un articolo dove, con tutto il rispetto, non ci siano morti trucidati, mamme incinte, figli orfani, giovani che cercano un futuro migliore??
E viste le pagine di approfondimento delle testate più importanti sembra proprio che il mio dubbio sia lecito: sangue e disgrazie da tutte le parti, dolore incancrenito, che fortunatamente sembra molto lontano da qui.
Così, nessuno si domanda chi sono e che cosa vorranno fare i ribelli, che cosa vorranno in cambio i paesi della Nato per questo piccolo favore, come si faranno ad arginare gli sbarchi quando non ci sarà più Gheddafi a rinchiudere in dei veri e propri campi di prigionia coloro che cercano di imbarcarsi per le nostre coste; e ancora chi metterà poi le mani su petrolio, gas e uranio, e come mai l’Italia fino a poco tempo fa andava d’amore e d’accordo col Rais; come mai non si è attaccato quando i ribelli erano alle porte di Tripoli e si è aspettato che fossero ricacciati indietro, cosa si cela dietro ai giochi di forza per ottenere la leadership della coalizione; perché non si interviene anche in altri posto del mondo colpiti da disgrazie simili; e così chissà quanti temi che sarebbero degni di essere indagati.
Ma spazio allo spettacolo: il dolore e l’ indignazione per un uomo che muore vengono mercificati, e servono a coprire qualsiasi evento con una lenzuolo bianco oltre al quale bisogna smettere di pensare.
E questo per tutti i temi: è tragedia quando si rovescia una carretta del mare e muoiono 250 clandestini;è un dettaglio il fatto che attuiamo politiche di rimpatrio , per farli tornare nelle loro patrie evidentemente non troppo felici – creando un controsenso palese anche per chi, come me, è scettico sul processo di immigrazione-.
Ma l’ importante è che tutti vedano bene quanto si sta male: per essere sicuri che quest’ estate non prenotino le vacanze nel posto sbagliato.
Mauro Bosia