Era tanto che non scrivevo circa la critica di un qualche manipolato creativo,
e in realtà mai l'avevo fatto prima per il cinema, ma vuoi la casualità, vuoi il film in questione,
vuoi per tanti altri piccoli o meno piccoli motivi, eccomi qui a parlare in questo blog di una pellicola del '94 dell'ultimamente nuovamente discusso Polanski.
La narrazione si svolge in un non ben definito Paese del Sud America da poco emerso da una feroce dittatura,
nel quale, vicinissimo alla costa, vive la famiglia composta da Paulina e Gerardo Escobar (Sigourney Weaver e Stuart Wilson).
Gerardo è una sorta di superstar della ristrutturazione democratica, e ha appena accettato di dirigere la commissione
che dovrà indagare sulle violazioni dei diritti umani accadute durante gli anni della dittatura,
durante i quali Paulina, in quanto dissidente, ha subito tremende torture e violenze sessuali.
Paulina viene al corrente dell'incarico tramite un notiziario radiofonico, poco prima di un blackout che isolerà l'abitazione anche telefonicamente.
Al ritorno del marito che giunge a casa accompagnato, su un'auto diversa, Paulina entra nel panico,
e spegnendo le candele che illuminano la casa, si rifugia nella penombra, alla finestra, armata di pistola.
Vedendo il marito scendere si tranquillizza, e scopre della foratura avvenuta alla sua auto e della gentilezza
del passante (Ben Kingsley) nel riaccompagnarlo a casa.
Quando la situazione pare rientrare nella tranquillità, dopo anche una discussione avvenuta con tema il nuovo incarico di Gerardo,
il gentile sconosciuto ritorna per consegnare la gomma che era stata dimenticata, ed entra per un drink.
Da qui, tutto prende una piega cupa, e si succederanno una sequenza di verità più o meno nascoste che verranno definitivamente a galla,
che vedranno gli incubi mai sopiti di una intensissima Sigourney Weaver prendere il largo
e avvolgere la trama del film in una coperta nera, brulicante di ricordi drammatici.
La tipologia descrittiva è quella tipica della paranoia polanskiana, che non può non richiamare alla mente
stati ansiogeni ben noti di film come "L'inquilino del terzo piano".
La Weaver riesce a dominare la scena e a guidare il mood psicologico dello spettatore con un'inquietante naturalezza,
regalando una prova di notevole bravura.
Forse non è tra i girati più noti e apprezzati del regista franco/polacco, ma personalmente ritengo questo lavoro
un imprescindibile film da visionare per una completa comprensione sintattica e storica del cineasta.
*recensione scritta da Davide