La morte secondo una foglia

Creato il 15 gennaio 2016 da Salone Del Lutto @salonedellutto

Avevo nove anni. Quando mio nonno morì, in un aprile dolce e assolato, i miei genitori mi mandarono a casa di un’amichetta dove rimasi tre-quattro giorni. Non andai al suo funerale. Non ricordo se me ne parlarono né come. So solo che, per proteggermi da un evento doloroso, il primo lutto della mia vita, preferirono evitare che assistessi al suo ultimo viaggio. Oggi non ho figli, ma credo che se mi capitasse la stessa cosa agirei diversamente. Credo che tenterei di spiegare di più, di trovare le parole giuste per dire la morte. I tempi sono cambiati, sta mutando la sensibilità verso questo argomento, come sottolinea Ines Testoni, direttrice del master “Death Studies & the End of Life” dell’Università di Padova nell’introduzione del libro L’albero della vita. «Con il nuovo millennio pare, infatti, essere tramontata la volontà di occultare l’evidenza della morte e la sua inevitabilità, tanto che i percorsi culturali di presa di coscienza individuale e collettiva stanno moltiplicando le esperienze di ricerca dei linguaggi da adottare e dei contenuti su cui soffermarsi per descrivere la finitudine umana e i vissuti della perdita inesorabile».

L’albero della vita è una fiaba scritta da Maria Angela Gelati – storica, giornalista, tanatologa, blogger e ideatrice della manifestazione Il rumore del lutto – e arricchita dalle illustrazioni di Martina Copano. È una fiaba che, con un linguaggio delicato, aiuta gli adulti ad affrontare questo tema con i bambini. Non negandolo, ma aiutandoli a comprenderlo. Protagonista di questa piccola grande storia è la principessa Isotta, una bambina gentile dai capelli biondi e dagli occhi blu, che «amava osservare ogni cosa come fosse la prima volta». Insieme a lei un grande albero, una di quelle creature maestose e secolari per le quali il concetto di tempo sembra avvicinarsi molto all’eternità. Isotta gli ha dato un nome, Lovetree, va a suonare l’arpa sotto le sue ampie fronde, gli porta regali.

Ma è con una delle sue foglie che si ritrova magicamente a parlare. Il nome della foglia è Piroetta e il suo tempo è molto diverso da quello dell’albero di cui è figlia. Il tempo di Piroetta è caduco, dura poche stagioni, e poi finisce sulla terra, la arricchisce di materia organica, e diventa altro. A Piroetta spetta un compito difficile, quello di raccontare la verità, di farle comprendere: «Dolce Isotta, devi sapere che vivere significa diventare grandi e cambiare. Tutto nasce e muore, noi foglie, gli animali, e anche le persone…».

Ecco. Penso che questo sia l’approccio giusto. Quello che non occulta, ma in modo delicato rivela, includendo nel percorso dei bambini anche la narrazione di uno dei momenti più complicati e difficili della vita, e mostrando come attraverso di esso si possa arrivare a sentire una delle emozioni più importanti e intense che si possano provare: la vicinanza.

di Silvia Ceriani

L’albero della vita
Maria Angela Gelati
Mursia, 2015

«C’era una volta la dolce e bella principessa Isotta…» Di fronte alla morte e all’abbandono è difficile trovare le parole giuste per parlare ai bambini. Ecco allora una fiaba, delicata e tenera, che attraverso il dialogo tra la principessa Isotta e la foglia Piroetta parla della prova più difficile che ogni essere umano deve affrontare: la perdita di una persona cara. Attraverso il linguaggio fiabesco i personaggi di questa storia tracciano il sentiero da seguire per accompagnare i più piccoli a superare la tristezza, il senso di smarrimento, il dolore. Seduti ai piedi di un immaginario grande albero, adulti e bambini possono cercare le risposte alle domande sulla vita e sulla morte. Ma soprattutto scoprire dentro di sé la forza per andare avanti, per diventare grandi. Età di lettura: da 6 anni.