La mostruosità della vita - Recensione - PC

Creato il 02 giugno 2014 da Intrattenimento

Di come un gioco a basso budget tenti di affrontare la difficile arte di vivere

Always Sometimes Monsters è di fatto un titolo alieno rispetto ai canoni cui siamo abituati. In realtà possiamo inserirlo in un filone preciso che è quello dei videogiochi realistici, lì dove il realismo non è da ricercarsi negli elementi cosmetici, ma nella qualità delle interazioni. Per diversi motivi, primo fra tutti la difficoltà di venderli, è raro che opere del genere arrivino all'attenzione del grande pubblico. Eppure la ricerca di un modo videoludico dove raccontare la vita quotidiana nella sua paradossalità e, spesso, nella sua mostruosità, è più sentita di quanto sembri ai più. Basti pensare a titoli come The Stanley Parable, To The Moon, Actual Sunlight o Dinner Date per rendersene conto. A differenza di altri videogiochi però, Always Sometimes Monsters non affronta il tema buttandolo sul metaforico o sul surreale, ma lo prende di petto, diciamo così, cercando di farne emergere le contraddizioni in modo esplicito e riflettendo contemporaneamente sulla natura delle scelte, reali o virtuali che siano. Ne emerge una rappresentazione cruda e senza compromessi, che disintegra ogni forma di epicità o tentativo di fuga. Sembra quasi che il team di sviluppo voglia dirci che quello che decidiamo di fare nella finzione videoludica nasce comunque da ciò che siamo e che il giustificare le nostre azioni proprio in funzione dell'averle compiute in un mondo virtuale è solo un alibi auto assolutorio, dietro cui nascondiamo la nostra natura e quella che di base è la condizione umana. L'intero svolgimento del gioco è un lento crescendo che conduce fino al riannodarsi del finale con l'introduzione, il momento in cui tutto ciò che abbiamo fatto trova il suo sfogo e il suo senso nel racconto, come se chi narra dovesse riannodare i fili di qualcosa che stenta a capire e che tenta di ricostruire prima di compiere un atto estremo e senza ritorno.

Le scelte vincenti

Ma che gioco è Always Sometimes Monsters? Come avrete capito guardando le immagini, non si tratta di una grossa produzione. Anzi, diciamo che è un titolo piuttosto povero, sin dal tool di sviluppo scelto per la realizzazione, quel RPG Maker tanto diffuso nella scena indipendente. Quindi abbiamo uno stile grafico minimale in pixel art che ricorda i classici jRPG, ma da cui si distacca di netto per contenuti. Il tool scelto influenza anche il sistema di gioco, basato sull'esplorazione e sull'interazione diretta e univoca con i diversi oggetti dello scenario. Quelli che ai più potrebbero apparire come limiti, rappresentano invece un vantaggio per un titolo simile. Non doversi preoccupare troppo di animazioni e risorse grafiche varie ha permesso a Vagabond Dog, lo sviluppatore, di concentrarsi sulla narrazione, dandogli modo di inserire nel gioco tutto ciò che voleva e di creare una grande varietà di situazioni. Inoltre, la povertà grafica ben si lega con il tema di fondo di Always Sometimes Monsters, che richiede una partecipazione differente rispetto a quei titoli che mirano a illudere il giocatore, per trasportarlo in un mondo altro. Insomma, paradossalmente ragionare di texture e affini rischiava di distrarre da quella che è l'essenza ludica di un titolo comunque ambizioso, che non nasconde la sua diversità ma, anzi, ne fa una forza. Diversità che si manifesta anche in scelte radicali dal punto di vista del gameplay, puntellato da minigiochi. Ora, solitamente i minigiochi vengono usati dagli sviluppatori per creare varietà e per dare qualcosa da fare al giocatore allungando un po' il brodo. In Always Sometimes Monsters, invece, vengono usati differentemente e inseriti in modo più naturale nel quadro generale. Vi suonerà strano e incredibile, forse addirittura inconcepibile, ma hanno spesso lo scopo di annoiare. Always Sometimes Monsters - Trailer di presentazione

La banalità del male

Per capire la conclusione del paragrafo precedente dovete cercare di comprendere appieno qual è l'obiettivo del gioco. Immaginate di essere una persona sull'orlo del fallimento personale, per vari motivi che non vi anticipiamo per non rovinarvi la trama, e di dover cercare un modo per risollevarvi. Immaginate che a un certo punto un evento traumatico vi crei un'urgenza ineludibile e un bisogno impellente di soldi. Cosa fareste? Rimarreste ancorati ai vostri valori morali, oppure scendereste a compromessi con voi stessi? E se la prima via fosse la più difficile, apparentemente senza uscita nonostante i molti sacrifici? E se si presentasse di continuo la possibilità di abbreviare lo strazio, ottenendo velocemente ciò che altrimenti vi costerebbe una fatica molto maggiore? In un quadro di domande simili i minigiochi, solitamente legati a dei lavoretti eseguibili per sbarcare il lunario e accumulare soldi, finiscono per rappresentare proprio il senso di fatica del o della protagonista e vogliono essere tutto tranne che divertenti. Anzi, più annoiano, più il giocatore si sente motivato a evitarli, più la rappresentazione prende forza nella sua perenne ambiguità e nella facilità con cui permette di uscire dal seminato alla ricerca di modi facili e rapidi per arrivare all'obiettivo finale. Alcuni potrebbero lamentarsi del fatto che molte scelte non comportano effetti tangibili sulla narrazione, ossia non hanno conseguenze visibili. Ma, in fondo, non è così anche nella realtà? Quante volte i concetti di giusto e sbagliato si confondono e vengono messi alla prova dai fatti? La vita non è anche dover convivere con i propri errori senza che questi abbiano altri effetti tangibili se non continuare a esistere e proliferare dentro noi stessi, consciamente o inconsciamente? E le azioni che compiamo non sono spesso un modo per combattere il senso di colpa per sbagli commessi in precedenza, che cerchiamo di cancellare annegandoli in altri sbagli così da dargli una perversa cornice di normalità?

Requisiti di Sistema PC

  • Configurazione di Prova
  • La redazione usa il Personal Computer ASUS CG8250
  • Processore Intel Core i7 2600
  • 8 GB di RAM
  • Scheda video NVIDIA GeForce GTX 560 Ti
  • Sistema operativo Windows 7
  • Requisiti Minimi
  • Sistema operativo: Windows XP, Vista, 7, o 8 (32-bit o 64-bit)
  • Processore: Intel Pentium 4, 2.0 Ghz o più veloce
  • RAM: 512 MB GB
  • Scheda video: Una qualsiasi in grado di visualizzare una risoluzione di 1024 x 768
  • Spazio su disco: 500 MB
  • DirectX: 9.0c

Pro

  • Narrazione profonda e condotta con maestria
  • Tema originale
  • Gameplay bel legato con la trama
  • Longevo

Contro

  • Qualche ingenuità c'è
  • Solo in inglese

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