La musica neo-melodica di Gomorra (Saviano e le Iene)

Creato il 12 febbraio 2012 da Tiba84
Molto interessante il recente articolo di R. Saviano, su Repubblica di oggi. Perché ci mostra sempre meglio come funziona la camorra in Campania, quanto è infiltrata nella società, eccetera. Arriva, inoltre, in aggiunta all'accusa che lo stesso scrittore ha rivolto alla RAI che aveva ospitato la figlia di un boss in uno spettacolo televisivo per bambini in cui era presente anche il padre nel pubblico. Che l'industria musicale napoletana sia connessa alla camorra, c'era da aspettarselo.
A questo si aggiunga il fatto che tra i cantanti vi sono tantissimi minorenni letteralmente sfruttati dai genitori, nell'interessante (ed è già tanto che la chiami così) intervista di Lucci per le Iene.
Di seguito, l'articolo di Saviano:
“Amore, sangue e pentiti è la musica di Gomorra”
Quando vivevo ai Quartieri Spagnoli le conoscevo tutte a memoria. In verità, le conosco ancora le canzoni neomelodiche che dalle radio al massimo volume esplodono per i vicoli, escono dai finestrini delle auto, suonano come suonerie dei cellulari. La mattina si fanno le pulizie e dalle finestre escono Tony Colombo, Rosario Miraggio, Stefania Lay… e mille altre voci.
«Chiù me fa male, chiù voglio pruvà chell´che o sal´int´ e ferite fa» («Più mi fa male, più voglio provare quello che il sale nelle ferite fa» – Rosario Miraggio). I cantanti neomelodici napoletani sono cantanti considerati, con un piglio un po´ snob, di periferia, minori. Ma a vedere i contatti dei loro video su YouTube sono in assoluto paragonabili ai cantanti pop italiani di maggior successo, spesso con un mercato comparabile al loro o anche superiore. Male, la canzone di Rosario Miraggio, ha un numero di visualizzazioni di gran lunga maggiore di quello delle star nazionali. È stata ascoltata più di tre milioni di volte. Sott´ e stelle di Tony Colombo più di un milione e mezzo di volte. Alessio, con Ma si vene stasera, ha più di quattro milioni di visualizzazioni. Spesso nei video appare il numero di telefono dei cantanti o quello dei loro agenti, in modo che possano essere contattati e invitati a comunioni, matrimoni, feste di compleanno o di paese. Sono richiestissimi, si possono invitare a un evento con una telefonata (e un cachet che può andare dai trecento ai mille euro a canzone), non sono lontani come le pop star.
Non solo i contatti su YouTube, ma anche i fatturati delle vendite sono alti. Chi produce e distribuisce la musica dei neomelodici sa come sfruttare il mercato. Il cd originale a volte non esiste neppure. Lo fanno direttamente falso. Così guadagnano una percentuale direttamente alla vendita. Meccanismo semplice e vincente. Se il falso è il tuo, guadagni sul falso e, avendo inondato il mercato, altri falsari dovranno aspettare che si esauriscano le prime tirature false per poter piazzare le proprie.
unico modo per combattere il falso è gestirsi il falso. Nessuna mediazione. È un mercato che non conosce crisi, questo. Ed è un mercato che non interessa solo Napoli o la Campania, ma l´intero Sud. Un bacino d´ascolto vastissimo. Perché il siciliano e il pugliese, il calabrese e il lucano, pur avendo le proprie canzoni tradizionali in dialetto, cantano le canzoni moderne in napoletano.
Sentimenti, amore e tradimenti, sono questi i temi dei neomelodici, temi universali, come quelli cantati dalla musica pop. Le loro canzoni raccontano il quotidiano. Ma in queste terre il quotidiano è anche affiliazione, morte, carcere, potere. E gestione del potere con le sue declinazioni: consenso e violenza. Il racconto è incentrato sulla scelta inevitabile della camorra (parola quasi mai pronunciata nelle canzoni), una scelta dettata dal destino, dalla vita misera, dalle condizioni sociali di un intero territorio. E sulle sue conseguenze: l´onore e il silenzio. Non è una celebrazione totale. È una sorta di racconto eroico con al centro persone che facendo la scelta della camorra entrano in una società chiusa: non importa quello che il mondo pensa di te, non importa se il mondo ti è ostile, la famiglia è con te, la famiglia ti ama.
Il talento e la dannazione dei neomelodici sta proprio nel saper raccontare i momenti più difficili della vita quotidiana, facendo capire immediatamente com´è o come sarà la vita di chi è destinato ad ascoltare le loro canzoni: persone costrette alla latitanza, donne che hanno fidanzati o mariti latitanti, killer che non sopportano più il loro duro lavoro. Gianni Vezzosi, in O´ killer del 2007, canta: «Accomencio a juornat facenn male a chesta a città. Ncopp a motociclett co casch mise e pronto a sparà, u sang fridd e senza pietà m´semt stanc bastard e perdut già» («Comincio la giornata facendo male a questa città. Sulla motocicletta con il casco e pronto a sparare, sangue freddo e senza pietà mi sento già stanco bastardo e perduto»). E poi continua con un rammarico: «Uccido questo e quello. Di questi soldi che me ne devo fare se non posso stare con i miei figli e con mia madre». I testi sono in napoletano ma con grafìa spesso sbagliata. Scrivo qui i versi così come circolano sul web nei siti dei loro fan. Queste canzoni sono la prova che esiste una quotidianità di guerra, che i neomelodici riescono a interpretare. La interpretano rendendola epica, dandole un senso eroico. Tutte queste canzoni rientrerebbero nell´apologia di reato. Ma c´è in loro qualcosa di più complesso. Questa quotidianità non è soltanto un arruolamento militare, è anche un´educazione sentimentale: ti punto in faccia una pistola, ti permetto di arruolarti, ti do uno stipendio, ma ti educo anche a essere in un certo modo. Ne Il mio amico camorrista Lisa Castaldi canta le virtù di un boss suo amico, «n´omm chin e qualità» («un uomo pieno di qualità») che «ca´ paura e cu´ coraggio a braccetto se ne và» («che cammina a braccetto con la paura e con il coraggio», il coraggio suo e la paura che incute, ovviamente); mentre in Femmina d´onore, la Castaldi parla del ruolo delle donne nella camorra. Una donna che prende il posto del marito, e che promette vendetta contro il pentito che ha passato le informazioni: «Pentito che maritem´ hai tradito ra legge e miez a via si cundannat´» («Pentito, che mio marito hai tradito, dalla legge della camorra sei condannato»). I pentiti. Negli ultimi anni ne sono nate molte di canzoni contro i pentiti, descritti come il male assoluto, come degli sfascia famiglie. Una delle più feroci è di Mirko Primo, Pe colpa è nu pentito, dove nel ritornello si dice: «Prima mi era amico, ora è un pentito e mi ha condannato per tutta la vita. Ma come possono credere a questa gente che fa solo infamità?». Contro i pentiti ha scritto e cantato anche Michele Magliocco. Il ritornello di A colpa è dei pentiti dice: «La colpa è dei pentiti, gente senza onore che quando stanno fuori si sentono re ma quando entrano dentro sono peggio dei cantanti che cantano a squarciagola».
La canzone di Nello Liberti, O´ capoclan – «O´ capoclan è n´omm serio, che è cattivo nun è o ver´» («Il capoclan è un uomo serio, non è vero che è cattivo») – nei giorni scorsi ha fatto scandalo, mentre lui è indagato per concorso in istigazione a delinquere. Ma è da più di quindici anni che a Napoli si incidono e si cantano canzoni di camorra. Gino Ferrante, con A società, racconta invece di come gli affiliati soffrano una vita di solitudine: giudicati dalle persone e dalla legge «si nascondono dai figli e dalle mogli»; racconta anche della famiglia organizzata dove «so tutt´ quant frate, e nessuno deve tradire». Sempre ricorre la legge certa dei clan, la punizione per l´infamia e la capacità di farsi forza l´uno con l´altro. La regola e la punizione.
La canzone di malavita è un classico non solo napoletano ma calabrese, romano, siciliano. Guapparia è la canzone di camorra del repertorio antico più famosa, considerata ormai un classico e cantata anche dai grandi maestri come Murolo. Racconta la storia di un boss che fa una serenata alla sua bella e, proprio perché si è innamorato, non può più essere guappo. È diventato un molle e invita l´onorata società a cacciarlo dall´organizzazione. Poi venne Mario Merola con Serenata calibro 9, il racconto di un vecchio guappo di camorra che aveva deciso di farsi da parte e che, quando i criminali entrano in casa della figlia, decide di vendicarsi. Ma il vero padre della canzone neomelodica che racconta gesta di camorra è Tommy Riccio. Il suo Nu´ latitante del 1993 – considerato il primo video musicale che racconta una vicenda di camorra – è la storia della sofferenza di un latitante, che smette di esistere e scappa da tutto e tutti; non può fidarsi che di un amico per portare un regalo ai figli. E in questa canzone centinaia di persone (non solo i boss noti alle cronache vivono la difficoltà della latitanza, ma centinaia di piccoli affiliati e le loro famiglie) si riconoscono. Ancora oggi è mandata diffusamente nelle radio locali di tutto il mezzogiorno italiano.
I neomelodici riempiono un vuoto. La canzone italiana moderna ha ignorato quasi totalmente, tranne poche eccezioni, questi temi. Loro ci vivono in mezzo e li raccontano. Denunciare quel mondo sarebbe da infami. A volte lo celebrano, altre volte lo subiscono, più spesso ne raccontano il coraggio e il dolore. Sibillinamente qualcuno consiglia di non prendere quella strada. I più ne cantano l´onore. Sandro e Antony in Nu guaglione malamente (il video è stato cliccato due milioni di volte su YouTube) inscenano un dialogo tra due fratelli: il primo chiede all´altro di dirgli la verità, se davvero è diventato «nu guaglion´e miez a via» – un modo per dire «affiliato» – e l´altro si confessa, fornendo i soliti motivi. Il ritornello dice: «Nu guaglione malamente accussì me chiamm´ a gente. Parlan´e nun sann nient» («Un cattivo ragazzo mi definisce la gente. Parlano senza sapere»). Ma la canzone si chiude con un atto d´amore tra i due. Il fratello minore, nonostante abbia saputo che il maggiore è un camorrista, non lo giudica e gli conferma il suo amore.
Si possono ascoltare queste canzoni e questi cantanti dai capelli assurdi, con le sopracciglia disegnate, il petto depilato e sempre abbronzati, con disprezzo – e osservare il tutto pensando a quanto sia ridicolo. Personalmente, ho imparato più da queste canzoni a comprendere il mio paese che da decine di editoriali. Del paese rappresentano una parte importante.
Hanno spesso voci incantevoli, altre volte invece mediocri, timbri rochi o lamentosi. Il loro celebrare crimine e faide, onore e affiliazione non è altro che un piano, l´ennesimo. Nelle loro parole non esiste il concetto di giustizia, non esiste il problema morale. Esiste un´etica nuova, non universale ma particolare, modellata sul gruppo. È sbagliato ammazzare, ma è necessario. È sbagliato darsi al crimine, ma lo si può fare con onore. La ricchezza è necessaria, e per averla devi rischiare. Questo è ciò che raccontano queste canzoni. Esiste un percorso necessario, dovuto, tragico.
Ora i neomelodici vengono ascoltati anche da ragazzi romani e milanesi che non hanno origini meridionali, e che chiamano il genere «Napoli». Sembrano lontani e marginali, ma lontano e marginale è chi considera feccia tutto questo. Guardarli e ascoltarli significa guardare e ascoltare il proprio paese. E per quanto possa sconvolgerci non possiamo più ignorarlo.

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