Vi siete mai chiesto come abbiano fatto gli scienziati a individuare in 13,7 miliardi di anni fa la nascita dell’Universo e come sia avvenuto il Big Bang? Già Olbers nel 1826 si era posto qualche problema al riguardo, ma fu circa un secolo dopo che le osservazioni di Hubble ci mostrarono un universo in espansione con le galassie che si allontanano le une dalle altre con una velocità tanto più grande quanto più grande è la loro distanza reciproca. Quanto più lontana da noi è una galassia, più la sua luce tenderà verso il rosso fino ad emettere radiazioni così lunghe che neppure con i telescopi ad infrarossi o addirittura a microonde si possano osservare. I satelliti che abbiamo inviato nello spazio e i più sofisticati telescopi di cui disponiamo, ci dicono che queste galassie paiono essere ferme nello spazio pur allontanandosi velocemente le une dalle altre. L’evento avviene come se fosse lo spazio a dilatarsi costringendo le galassie, sia pure immobili, ad aumentare la loro reciproca distanza. Gli scienziati sono soliti paragonare il fenomeno a quello di un palloncino gonfiabile con tanti puntini rossi disegnanti sulla sua superficie. Quanto più gonfiamo il palloncino, tanto più i puntini, pur fermi, si allontanano tra di loro. Insomma la dilatazione dell’Universo è insita nella natura stessa dello spazio, che non è immutabile ma in continua evoluzione e c’è da chiedersi da dove provenga la spinta iniziale, quella che precedette il Big Bang calcolato in 13,7 miliardi di anni fa.
Ma torniamo al nostro Universo e vediamo come George Gamow nel 1946 formulò per la prima volta la teoria del Big Bang avvalendosi delle osservazioni di Hubble. Se l’Universo si espande e si raffredda, percorrendo il cammino a ritroso nel suo passato, ne verrà di conseguenza che la stessa quantità di energia o di materia (le due cose sono intercambiabili in determinate condizioni), dovevano essere contenuti in un volume sempre più piccolo ed infine talmente concentrato da avere una temperatura e una pressione elevatissime. A temperature così alte la materia è allo stato di plasma (gli altri stati sono, come tutti sanno, il gassoso, il liquido e il solido) e, venendo a mancare anche la forza nucleare forte, neanche gli atomi riescono ad aggregarsi tanto che in queste condizioni neanche la luce riesce a viaggiare in linea retta. Quando noi osserviamola Luna dobbiamo considerare che quella che vediamo èla Luna qual era un secondo prima della nostra osservazione, perché la luce ha impiegato un secondo a compiere la distanza che la separa dalla terra. Similmente il Sole che osserviamo è tale qual era 8 minuti prima, perché appunto tale è il tempo che la luce impiega a raggiungerci dal Sole e, se osserviamo la luminosissima stella Arturo, la sua luce è quella che emetteva 36,7 anni fa. Man mano che osserviamo le stelle più lontane, la loro immagine è quella che avevano nel momento in cui la luce partì da loro diretta verso di noi.
Quindi, spingendoci sempre indietro nel tempo e nello spazio(Einstein ci dice che le due cose sono intimamente connesse), arriveremo a un punto così lontano nel tempo, che ancora non si erano formate le stelle: La temperatura era infatti così alta che la materia era allo stato di plasma (plasma d’idrogeno esattamente) non riuscendo ancora ad aggregarsi ed in queste condizioni, come abbiamo visto, la luce non riesce a viaggiare in linea retta e quindi non potrebbe raggiungerci neanche dopo un percorso di 13,7 miliardi di anni .
Ma che un segnale debolissimo di questo periodo primordiale ci potesse ancora raggiungere come radiazione cosmica di fondo, fu ipotizzato dagli studi teorici di Gamow e due suoi allievi ma fu casualmente captato da altri due scienziati Penzias e Wilson che lo scoprirono mentre lavoravano su una grossa antenna per telecomunicazioni accaparrandosi per questo un premio Nobel nel 1978. Questo segnale che Penzias e Wilson hanno registrato, è una sorta di luce fossile, il “Fondo Cosmico”, che ha viaggiato per 13,7 miliardi di anni prima di raggiungerci e che perciò ci porta un messaggio tangibile delle condizioni fisiche dell’universo primordiale avallando le teorie di Gamov. L’abisso nero del cielo, oltre le stelle e le galassie, porta il segno dell’origine il che mi affascina e mi sconcerta.
Con i moderni satelliti artificiali è stato infatti possibile studiare il “Fondo Cosmico” arrivando a “vedere” come era l’Universo nella sua prima infanzia, appena cioè si era raffreddato abbastanza da permettere la formazione degli atomi. Prima non esistevano né lo spazio né il tempo. E le osservazioni hanno confermato la teoria. Quello che si “vede” è che la temperatura doveva essere di circa un miliardo di gradi e tutto l’Universo era paragonabile a una Stella nel cui interno avvenivano le stesse reazioni termonucleari che caratterizzano i nostri astri. Il mistero comincia a diradarsi. Ma mentre menti eccelse e studi approfonditi mettono a dura prova le già grandi capacità del nostro emisfero sinistro, qualche genio della musica interpreta tali meravigliose conquiste, sfruttando appieno le capacità di astrazione artistica del nostro emisfero di destra, partorendo così meravigliose pagine come questa di Igor Stravinsky, che vi propongo e che sintetizza mirabilmente i primi istanti della nascita del nostro Universo. Buon ascolto e …buona visione!