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La nascita della prospettiva rinascimentale. "I tre crocefissi" di Vincenzo Foppa. Conferenza di Alessandra Sorci

Creato il 23 aprile 2010 da Robertoerre

 


Vincenzo Foppa: "I tre crocefissi"


Oggi alle 18 al Centro Trevi di Bolzano di Via Capuccini, Alessandra Sorci, laureata in Filosofia e Storia a Roma, esperta di storia della prospettiva, parlerà sul tema: “La prospettiva rinascimentale. Vincenzo Foppa e I tre crocefissi”, nell'ambito della mostra “La luce del Rinascimento”, curata dalla Ripartizione cultura provinciale.

Agli inizi del '500 la prospettiva diventa uno strumento d'uso consueto nella pratica degli artisti italiani. È proprio al Rinascimento italiano che si attribuisce l'invenzione della prospettiva centrale, un procedimento di rappresentazione basato su teoremi dell'ottica antica e della geometria euclidea, rielaborata in forma teorica poi da Leon Battista Alberti e da Piero della Francesca. I metodi di rappresentazione nel corso del secolo rinascimentale si moltiplicano e trovano soluzioni sempre più svincolate dall'altezza dell'occhio umano, permettendo la creazione di effetti prospettici innovativi e originali. I pittori si avvalgono di tecniche attraverso la vista dal basso o dall'alto, a volo d'uccello, illusioni spaziali e scenografiche ardite ed esasperate.

Tra i quadri esposti al Centro Trevi, in prestito dall'Accademia Carrara di Bergamo, museo tra i più prestigiosi d'Italia, c'è anche il “Gesù Cristo crocifisso tra i due ladroni” (1456) di Vincenzo Foppa, che sarà analizzato dalla studiosa Alessandra Sorci, nella sua trattazione sul tema della prospettiva rinascimentale che spiega:

“La tavola dipinta da Foppa presenta delle tracce di incisioni che consentono di verificare se le norme della prospettiva trovano o meno un'applicazione rigorosa nella pratica pittorica di un artista di area padana già alla metà del Quattrocento. Questa interpretazione ardita è la testimonianza di una prospettiva rigorosamente applicata, e riscontrabile nel pavimento dipinto. Bisogna capire come un artista padano, che non aveva contatti con gli artisti e i teorici fiorentini della prospettiva, sia stato capace di arrivare a questo risultato sorprendente. La spiegazione è da ricercarsi nella pratica di bottega di questo pittore che sembra ripercorrere una strada parallela rispetto a quella intrapresa dagli studiosi più eruditi. Questa ricerca si collega più a Jacopo Fellini e al suo album di disegni in cui c'è una raffigurazione prospettica non commentata, rispetto ai trattati teorici che rappresentano ancora un paradigma. Il pavimento è un proscenio tirato in prospettiva, ma sul fondo il paesaggio si divincola dai valori prospettici e dalle regole. Nel corso della storiografia del '900 si è capito che le regole codificate e rigorose, trovano nel tempo adattamenti non così disciplinati. Gli artisti seguono elementi più intuitivi. Molto probabilmente questo pittore non segue il modello letterario che deriva dai trattati di prospettiva dell'Alberti e di Piero della Francesca”.

Roberto Rinaldi



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