Lei coltiva fiori bianchi: intervista a Consolata Lanza
A cura di Silvia TrevesIl dialogo che segue è un estratto di quanto è stato detto durante la presentazione del libro organizzata nella libreria della CS_Libri, una serata piacevole arricchita da letture di brani del romanzo da parte di Francesca Maria Rizzotti.
Fiori di catalpa
S.T. Vorrei cominciare dal giardino di Gloria, dove si volge il primo incontro fra le due protagoniste. Un giardino pieno di fiori solo e completamente bianchi. Come pensa Bea, ad un certo punto, la follia botanica di Gloria appare piena di metodo… Ti ho invidiato moltissimo per questo brano! Io l’avrei trasformato in un noioso trattato di botanica, tu sei riuscita a farne una descrizione piena di odori, colori, molto sensuale. Al di là dei personaggi di contorno, a volte disegnati rapidamente – come nel caso degli occasionali incontri di viaggio di Gloria – altre volte più dettagliati, come il marito di Bea, due sono i personaggi fondamentali: un’anziana e una ragazza. Il loro è un incontro piuttosto improbabile che si avvera per la testardaggine della giovane Bea e per la curiosità, forse identificazione, di Gloria. Sono personaggi molto diversi, quasi speculari. Uno dei tanti doppi del libro, come il giardino nelle due stagioni, il giardino bianco e quello rosso. Gloria «recita» la parte dell’amante che non vuole diventare una moglie normale, Bea quella contraria, tutta presa dal suo sogno di normalità. È una lettura sbagliata?Fiori di tiglio
C. L. Sai, io più che tanto non so interrogarmi sulle azioni dei personaggi. Loro fanno così perché 1) glielo faccio fare io e 2) non possono fare altrimenti. Però devo dire che non ho mai pensato a Gloria come una che recita: Gloria è essenzialmente se stessa, e nell’esserlo pienamente nelle circostanze diverse della sua vita mia ha interessato come personaggio. In questi racconti ho cercato di rappresentare due personaggio che hanno una visione diversissima dell’amore e di come vogliono condurre la propria vita, e ci riescono ognuna a modo suo. Nel mio modo di vedere il nucleo è proprio questo confronto fra le due donne.S.T. Dicendo che Gloria «recita», che è un personaggio che mette in scena la propria vita, non intendo dire che finge ma che si adopera in maniera lucida e consapevole per rispettare un programma di vita: rendere la vita e l’amore un evento sempre eccezionale. La sua è una scelta compiuta ogni giorno, ogni volta. Non vuole essere la moglie quotidiana a fianco della quale ci si sveglia, ma la donna sempre misteriosa, indipendente.
Frangipani
C. L. Il risultato è questo, la scelta è vivere la passione invece della quotidianità, del concreto. Fare di tutto perché un amore resti passione e non diventi mai… amore, forse, perché in genere amore e passione sono considerati termini contrapposti. Gloria, il personaggio più anziano, ha fatto questa scelta di vita drastica. Come coltiva un giardino straordinario contemporaneamente coltiva questa passione, l’accudisce perché rimanga tale; la sua è una scelta, non una necessità obbligata. Per contrasto Bea, molto più giovane, va nella direzione opposta, non le interessa la passione che comporta il rischio e un continuo lavoro. In realtà anche la scelta di vita di Bea comporta un lavoro continuo, ma di tipo differente. Per Bea la passione è un rischio tremendo, vivere una vita di passione per lei significa non avere nulla a cui radicarsi. Lei vuole un uomo con cui vivere, una famiglia… non per rinchiudervisi, perché è un personaggio con gli occhi ben aperti sulla realtà… però Bea vuole questo genere di amore come prerequisito.S.T. Però in un certo senso Bea ha timore del cambiamento. C.L. Sì, del cambiamento ha una paura folle, ma soprattutto non ne sente la necessità. A me Bea non sembra una che si nega alle sorprese. Anche lei, come Gloria, ha preso delle decisioni che per il momento hanno prodotto la sua felicità, o serenità, e teme le minacce dall’esterno. Però io non vedo Bea come un personaggio che vuole tenere tutto sotto controllo, piuttosto come una persona che in un determinato momento ha realizzato ciò che voleva nella propria vita e quindi ha questo timore, ansia, idea che possa sparire da un momento all’altro. Come dicevi tu all’inizio, il tempo trasforma tutto, è un momento di perfezione totale non è detto che duri. Non è un sentimento che abbiamo tutti? Non sappiamo tutti che, malgrado i nostri sforzi, ci può sempre essere la famosa tegola che ci casca sulla testa, il terremoto, l’attentato terroristico? È una cosa che io penso, e Bea non ha bisogno di svegliarsi, ha gli occhi ben aperti, anzi si guarda attorno e nota persone e cose. Solo, sa che ha molto da perdere.basilica del Bom Jesus, Goa
S.T. leggendo alcuni libri accade di pensarlo. Ma in questo caso è davvero un sintomo di ricchezza. Tornando alla fascinazione esercitata dalla possibilità di sparire… Questa medesima fascinazione io l’avverto nel secondo episodio, nel quale Gloria, in vacanza a Goa, sembra non volere contatti reali con gli altri. Sembra pensare: «Io sono qui e vi vedo vivere, voi vedete vivere me. Ma c’è distanza tra noi e non la voglio colmare». Di fronte alle varie persone che incontra e che vogliono scambiare con lei frammenti della propria vita e indirizzi, Gloria ogni volta si reinventa, dandosi nomi e vite differenti. Talvolta ricamandoci anche, facendone una versione complessa. È un’altra modulazione del tema della sparizione volontaria?C.T. Devo ammettere che in questo caso ho veramente prestato a un personaggio una cosa mia che mi ha sempre esaltato tantissimo. Viaggiare da soli come in questo caso Gloria e non essere nessuno. Quando sei da solo in giro, sei solo tu con il tuo passaporto e un po’ di soldi, una carta di credito. E basta. Ti presenti alle persone che incontri con la tua faccia, sei senza storia, senza background, gli altri non possono che accettarti o rifiutarti per il tuo vero essere, per ciò che sei. Questo mi è sempre piaciuto da morire e ho praticato a lungo questa possibilità in passato. Ora non ho più tanta voglia di viaggiare da sola, ma in passato sì. È l’esatto opposto del «Lei non sa chi sono io», è invece: «lei per fortuna proprio non sa chi sono io». Ho prestato questo a Gloria e lei, più che inventarsi delle vite, si presenta semplicemente con la propria vera interfaccia. Dà una forza enorme presentarsi e vivere in questo modo, stabilire rapporti, crearsi dei rapporti.S.T. Spendendo solo te stessa…C: Spendendo solo te stessa, però scoprendo che non c’è bisogno di altro. S.T. Mi è piaciuto moltissimo il brano nel quale Gloria incontra la ragazza francese. Un esempio, davvero liberatorio, della piccola malevolenza che tu nutri verso alcuni personaggi. Ora vorrei farti una domanda che probabilmente non ti piacerà. Te l’hanno già posta anni fa, durante una presentazione di un altro tuo romanzo, credo Est di Cipango. Ti avevano chiesto quale avrebbe potuto essere il futuro di un certo personaggio. Tu allora rispondesti, e lo comprendo perfettamente: «Non lo so. Ho visto soltanto fino a quel certo punto, e fino lì ho scritto. Oltre no, perché oltre non ho visto». Te la ripropongo perché sono curiosa… Vedi, a me sembra di poter intravedere il futuro di Gloria, potrebbe fare altri viaggi, o magari no, potrebbe non desiderare più di vedere altra gente o forse incontrare alcuni amici… Invece Bea mi incuriosisce perché mi è difficile immaginarla «dopo». Mi piacerebbe leggere di Bea dopo dieci anni.Pittosporo
C.L. Ho due risposte, oltre quella scontata. Tu non puoi immaginarti il futuro di Gloria, perché il suo futuro deriva da un passato che è completamente diverso dal tuo e quindi… Mentre invece mi sembra che il tuo presente, almeno come struttura, sia più simile a quello di Bea…In ogni caso, la sua ricerca, che è quella della maggioranza degli essere umani, non mi pare mediocre. Non è volere una famiglia che è mediocre, ma tutto quello che ci sta attorno: la chiusura agli altri interessi, la miopia, il rinchiudersi egoistico, che mi pare il personaggio non pratichi. Per passare invece alla domanda specifica… Io dico sempre che le mie storie finiscono perché io più in là non vedo, non arrivo. Giunte a un punto morto finiscono lì. Credo che accada a chiunque scrive storie. In questo caso, il libro stesso è una risposta. C’è un primo racconto in cui due personaggi s’incontrano per la contingenza dell’intervista e fanno amicizia. Si specchiano uno nell’altro e si danno delle risposte. Gli altri due racconti sono una risposta a quell’esigenza: che cosa accade all’una e all’altra, nel secondo racconto si segue Gloria e nel terzo Bea. Come vedi, quando ne sento la necessità vado a vedere oltre.S.T. Io ho definito una sorta di trittico questa forma narrativa che non è propriamente un romanzo. Altre volte hai utilizzato questa struttura – tre racconti, tre situazioni – ad esempio ne Il gioco della masca, in D’amore e no, in La lametta nel miele…Torino, Ponte della Gran Madre sul Po
S.T. Odori, sapori, colori, suoni, sensazioni tattili… nei tuoi racconti scivolano da una pagina all’altra, avvolgono il lettore, gli entrano dentro. A leggerti sembra che sia tanto facile, scrivere così. Che tutto, nella tua narrativa, nasca dalle sensazioni. Cioè che tu prima annusi la scena e i personaggi, li esplori con i sensi. È così?C.L. Sì, è verissimo. Per questo non posso scrivere di posti che non conosco bene, non parliamo di quelli che non ho mai visto. Molto sovente parto da un odore, un colore o una sensazione da cui nasce un teatro temporaneo in cui poi si inseriscono i personaggi e infine le azioni. In questo caso non c’è bisogno di dire che l’origine è il giardino di Gloria, ma piuttosto dall’esterno che dall’interno, quelle macchie di vegetazione attorno alle ville antiche che si vedono certe volte in pianura, circondate da un muro basso a righe orizzontali. Anche per la scena iniziale della Y10 che corre la mattina presto… la strada che da Strambino va verso Masino ha avuto molto peso.S.T. Un’ultima domanda: mettendo da parte le tue opere dichiaratamente di genere, come ad esempio i racconti Alessandro il grande vive e regna (Alia Italia - CS-libri) o Monemvasia (Fata Morgana 7 - CS-libri), l’aura fantastica ha spesso un posto anche nei tuoi racconti e romanzi più realistici: penso a certi brani di Irene a mosaico, per esempio. In Lei coltiva fiori bianchi il fantastico è solo un aroma, dato forse dalle vite inventate da Gloria in viaggio e dal mistero della sparizione della vicina…C.L. Irene a mosaico è certamente una delle mie cose più fantastiche in quanto il fantastico vi irrompe continuamente. Pensa alla casa che si ribella, o all’esplorazione delle cantine… In questo libro direi che il fantastico è del tutto assente, almeno a livello della mia coscienza. D’altra parte forse c’è proprio nel mio modo di scrivere qualcosa che tende al fantastico, o forse semplicemente al surreale. Ad esempio, molto hanno parlato di Ragazza brutta, ragazza bella come di un romanzo fantastico… mentre non c’è proprio niente di fantastico, nemmeno un piccolo fatto che devii dalla concreta realtà, ma c’è molto grottesco e molto surreale.- Consolata Lanza
- Lei coltiva fiori bianchi
- CS_libri, 2008
- pp. XIV+150, € 14,00
pubblicazione e-book on line: http://www.amazon.com/dp/B0077AWWY8
Questo post è pubblicato per gentile concessione del blog librinuovi-out-of-print