<<Siamo partiti una mattina di dicembre. Una clinica, una cameretta bianca. Sandro ha riposto i vestiti nell'armadio e si è seduto vicino alla finestra per leggere il giornale. Io facevo finta di controllare il bagno, poi mi sono lavato la faccia e ho detto:
"Ah, hanno il sapone alla lavanda"
"Davvero" ha risposto, senza domandare. Poi mi ha dato la mano e ha detto:
"Forse ora è meglio se mi lasci solo".
Sapevo che poco dopo sarebbe entrato un infermiere con un vassoio e un bicchierino e che l'avrebbe lasciato sul tavolo, ci avevano spiegato tutto. Sapevo anche che Sandro l'avrebbe tirato giù perché non era tipo da ritornare sulle decisioni. Infatti rientrai in Italia la notte stessa. Solo>>.
Dette queste parole Lucio schiacciò la sigaretta e sulla pietra del camino apparve un perfetto livido carbonastro. Capivo che non potevamo parlarci perché è vero su un piano profondo che la vita ci appartiene ed è vero che la vita ci attraversa. Così mi avvicinai e strusciai un dito su quel piccolo ematoma fino a farne una cometa di cenere. Allora lui mi prese sulle ginocchia e premette la fronte sul mio seno. Non so quanto restammo abbracciati. So che a un certo punto ricordammo nostro figlio che stava per nascere e che ognuno sceglie, o è scelto, per la noce di cui è il mallo. Così accendemmo la luce e, in qualche modo, ci affrettammo a guarire.
Un estratto da "Storie randagie"