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La noia come sistema di difesa e proposte per una messa più divertente

Creato il 16 ottobre 2013 da Postscriptum

darsi delle arie (mini)

La noia, quale elemento conseguente alla ritualità e alla monotonia, è forse tra i migliori sistemi di difesa al “disvelamento” della segretezza. Ripeto il concetto: il regime della “noia” – l’annoiare il pubblico, il cittadino, il fedele…il lettore – è probabilmente l’escamotage più utilizzato dalle società umane nel momento in cui si avverte l’esigenza di tutelare l’intimo mistero di un segreto. Neanche a dirlo, esso appare essenziale all’interno dei meccanismi riguardanti il rito religioso, quasi sempre noioso nel suo regolare cerimoniale ripetitivo. Forse è per questo che durante la messa – specie nella fase dell’omelia – il mio pensiero spesso si eleva verso alti cieli lontanissimi dalla materia che il “ministro della divinità” ha deciso di trattare in quel dato momento. Una noia spesso condivisa dagli stessi sacerdoti – lo dico fondandomi su loro stesse inopinate confessioni – ma solo quando, per una qualche circostanza, si trovano dall’altro lato della balaustra. Non si può, evidentemente, desiderare che le cose vadano diversamente, fatalmente bisogna accettare la noia e sopportarla in funzione della salvezza dell’anima. Eppure porrei un punto interrogativo a conclusione di questo preambolo. (?) È sempre stato così?, questa l’unica domanda possibile, assodata l’incertezza insita alla valutazione di un cambiamento nel futuro.

Nel suo Raymond, or Life and Death , il fisico sir Oliver Joseph Lodge, racconta di alcuni defunti che una volta entrati in cielo richiedono whisky scozzese e sigari di qualità. “Pronti a qualsiasi evenienza, i laboratori del cielo fanno fronte alla richiesta”. Sarà per il fatto che sono un forte sostenitore delle visioni di Swedenborg – quanto meno perché spero che abbia ragione – e dunque mi piacerebbe continuare nell’aldilà quanto già sto facendo qua (nel segno di un percorso di “conoscenza” verso la perfezione, se possibile, ovviamente): sarà perché, malgrado abbia ormai da tempo smesso di fumare, mi piacerebbe prima o poi ricominciare (e sarebbe rassicurante che, in una eventuale vita ultraterrena, ciò mi sarebbe concesso, senza dover subire divieti fastidiosissimi e ghettizzanti); sarà per questo o per altro, ma una tale prospettiva mi alletta senza dubbio di più della sfericità promessami dalla rivelazione di Origene. In concreto, Origene crede che, nel giorno del Giudizio, i beati entreranno nel Regno dei Cieli rotolando, essendo questi resuscitati nella sferica forma della perfezione…e dunque gli obesi saranno in qualche modo avvantaggiati. L’idea ci ha in qualche modo divertito, me e i miei compagni di bevuta infrasettimanale, ma permane un certo freddo disinteresse per una “salvezza” eterna di questo genere geometrico. Come dire: se in Cielo la pupù non farà più puzza, cosa mai ci potrà divertire?

Dunque vorrei lasciar intendere al lettore che non mi dispiacerebbe una funzione religiosa – per tradizione mi riferisco a quella cristiana – in cui il Sacerdote andasse a rievocare abbastanza pedissequamente quella fonte di ispirazione che fu data infine dalla nota Ultima Cena. In altri termini, perché non mangiare e bere sul serio? Magari, nel frattempo, il sacerdote – con salaci battute, frizzi e lazzi provocati dalle pur leggere ebbrezze delle vivande – riuscirebbe a far meglio intendere ciò che si cela dietro il mistero. In fondo, non dimentichiamo che tra i primi e più riusciti miracoli del Capo, è da annoverare proprio quello della vinificazione alternativa (tra l’altro su invito della Madre… quando mai accade nella realtà di tutti i giorni, eh?). Ed è giunto il momento di richiamare Blake :

“Ma se alla Chiesa ci dessero un poco di Birra
e un dolce fuoco per scaldarci il cuore,
canteremmo e pregheremmo tutto quanto il giorno,
e non desidereremmo mai allontanarci dalla Chiesa.”

Forse l’idea del poeta inglese non è graditissima alle alte sfere ecclesiastiche, quale citazione che possa servire da esempio per una qualche riforma. Tuttavia credo sia legittimo tributare la giusta attenzione ad un pensiero di tal genere e soprattutto tendere a non banalizzarne il messaggio. Erasmo, ad esempio, riteneva che le pratiche religiose piacessero “a bambini, vecchi, donne e dementi più che agli altri”. E diceva ciò con nessuna intenzione di sarcasmo (né di sessismo da quattro soldi). Intendeva chiarire che la funzione religiosa fosse divertente. Ora io non so come questa si svolgesse nel ‘500, ma di certo oggi non diverte più nessuno. Cosa ci fosse di divertente è tuttavia immaginabile: la musica, accertato che neanche a quei tempi ci si era imbarcati nel divertente esperimento proposto da Blake. E ancora qualche secolo dopo Montesquieu così scriveva:
“I preti di Roma sono riusciti a rendere deliziosa anche la devozione con la musica, che viene suonata incessantemente nelle chiese, e che è eccellente.”

Ora, non so voi, ma a me pare che oggi in chiesa di certo la musica non sia propriamente eccellente. Il punto è tutto qui: mentre nel passato la Chiesa si è sforzata di accattivarsi fedeli mantenendosi innovativa (d’avanguardia, per certi versi), ora nella tranquillità dei tempi moderni, con la garanzia di un popolo di fedeli – quanto meno formale – e il conseguente sostanzioso ricavato dall’otto per mille, non si sente più l’esigenza di impegnarsi più di tanto. Il conservatorismo ha così provocato, all’interno della Ecclesia, un decadimento del gusto musicale, con scelte di “colonne sonore” che oggi vanno a riferirsi tutt’al più a fenomeni mielosamente melodici e nazionalpopolari di circa quarant’anni fa. Già, con queste sgraziate chitarre scordate da oratorio, sembra di ascoltare tante canzoni di Orietta Berti o Toto Cutugno, ovviamente con le parole cambiate in funzione della salvezza ultraterrena (quella sferica probabilmente). I Deep Purple ci volevano! Nel ’68 la Chiesa avrebbe dovuto rinnovare il repertorio e “assoldare” quei miti del Rock di cui invece non ha fatto che parlare male. E in futuro? Cosa potrà fare la Chiesa per guadagnare nuovi ascoltatori…ops, fedeli!? Faccio una mia umile proposta, si potrebbe organizzare la settimana per generi:

Lunedì – Messa traditional con intrattenimento musicale tardo-cantautoriale (il lunedì solo i matusa sono in giro, dunque ci si può limitare nella sperimentazione)

Martedì – Messa jazz, con aperitivo e degustazione di vini.

Mercoledì – Remake your Mass: largo alle cover band, di ogni genere musicale (birra a fiumi e patatine fritte).

Giovedì – Messa Sperimentale: dalla house più colta al trip hop, dub e altro (aperitivo a tema, di volta in volta).

Venerdì – Messa Rock: serata dedicata alla predicazione evangelica più canonica e classica…solo gruppi d’autore (possibile invito a band storiche)

Sabato – Disco-Mass…Funky a tutto alcool, sino alla liberazione dalla materia

Domenica – Giorno del Signore: una grande jam, tra vino locale e barbecue

 

Gaetano Celestre


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