.Che le concessioni venissero assegnate tramite bandi pubblici.Che in cambio delle concessioni la città ottenesse non solo denaro, ma anche servizi.Che ai vincitori delle concessioni fosse dato anche l'onere di combattere l'abusivismo.Che come modello di zonizzazione della città si seguisse quello di Parigi (all'epoca citavamo stesso anche Napoli).Che si attuassero le dovute deroghe ai millemila piani paesistici, Codici del Paesaggio, Codice della Strada compreso, vincoli e vincoletti seguendo i quali neppure un solo cartello si sarebbe potuto installare a RomaEravamo pericolosi. Molte persone proprio per queste richieste si allontanarono dalla battaglia che il blog Cartellopoli iniziò a febbraio del 2010. Successivamente queste richieste emersero come l'unica strada possibile per restituire decoro e qualità alla città di Roma. Per far sì che, come in tutto il mondo evoluto, la cartellonistica si trasformasse da problema a opportunità e risorsa. All'epoca, quattro lunghissimi anni fa (nel frattempo ci siamo presi da parte delle ditte che oggi le nuove norme dovrebbero spazzare fior di querele e addirittura condanne, e chissà per quanti anni ancora ci sarà da combattere con avvocati e magistrati), eravamo gli unici a dire che in determinate zone non si poteva dire "qui niente impianti pubblicitari", bensì "qui qualche impianto pubblicitario sì, ma a patto che". A patto che siano pochi, a patto che siano belli, a patto che siano gestiti da chi ha vinto una regolare banda internazionale, a patto che questi impianti servano a pagare dei servizi di pubblica utilità (arredo urbano, bike-sharing, manutenzione, toilette pubbliche, segnaletica turistica...).Su queste tematiche che erano lo spauracchio collettivo, piano piano tutti i fantastici gruppi di cittadini (e qualche rappresentante politico onesto) che hanno compiuto questa battaglia hanno effettuato la loro convergenza. E negli ultimi mesi si è marciati tutti uniti verso il risultato storico di ieri quando l'Aula Giulio Cesare ha approvato, con una ventina d'anni di ritardo (ma non bisogna lamentarsi, ché la città è in ritardo anche di 40 o 70 anni su altre partite, dunque 20 anni rispetto al resto del mondo non sono poi così tanti) il Piano Regolatore degli Impianti Pubblicitari.Le cose si erano messe molto male, per cui oggi tra associazioni e comitati serpeggia un pochino di ottimismo. E' la strategia della politica: farti presagire la possibilità di un disastro, per poi fare in modo che qualcosa di poco più che mediocre ti risulti accettabile. Il Prip di Roma Capitale è un po' così. Risultato storico (raggiunto grazie all'abilità di Marta Leonori, al ruolo in questo caso strategico del Movimento 5 Stelle, alla capacità di ascolto della Lista Marchini e probabilmente ad interventi dall'alto, molto dall'alto nel PD che hanno permesso di isolare le mele marce di quel partito che avrebbero fatto di tutto per tenere Roma ancora per chissà quanti anni fuori dalla legalità e soprattutto dalla contemporaneità), ma risultato falsato da tutta una serie di macchie di cui ancora non siamo in grado di capire la rilevanza e l'impatto. Risultato storico colto solo all'ultimo secondo quando - grazie soprattutto alle pressioni dei comitati, mai come in questa battaglia lucidi ed efficaci (basti leggere qui l'articolo di Rodolfo Bosi di VAS)Se si riuscirà a far scaturire da questo Prip una qualità tangibile sul territorio ancora non è dato sapere perché, di fatto, il Consiglio alla fine si è limitato a dare degli indirizzi ed a firmare alla Giunta una delega in bianco sui dettagli (lì si nasconde il diavolo) del dispositivo. C'è la zonizzazione alla parigina, c'è la scadenza di tutte le concessioni al 31.12.2014, ci sono i bandi, ci sono le gare, ci sono i servizi che queste gare potranno 'regalare' alla città. Ma i dettagli sono demandati alla Giunta e, nella compilazione dei Piani di Localizzazione, anche ai Municipi. Non sono dati i tempi, non sono date le modalità. L'unica cosa data sono i pesanti compromessi che sono serviti ad addolcire l'opposizione di centro destra e le mele marce interne del PD. Una fetta enorme del mercato (gli impianti SPQR, il 17,5% della città) saranno assegnati, non si sa come, alle ditte del "Riordino" ovvero di quel condono inventato ai tempi di Rutelli (all'epoca le simpatiche ditte romane, quelle che qualcuno definisce "virtuose" mandarono a fuoco tutti gli archivi cartaceo appena seppero che il Comune voleva digitalizzarsi, così l'amministrazione dovette chiedere a loro quanti impianti avevano e dove), condono che dovrebbe essere condizione per essere esclusi, non per essere facilitati. A Roma, invece, chi ha partecipato ad un condono, ha priorità. E' virtuoso. Davvero curiosissima come cosa. Sono poi stati reinseriti dei formati pubblicitari ridicoli e caotici, solo per far star buone alcune ditte e i loro referenti in Aula, ad esempio in centro saranno ancora possibili i patetici orologi, tanto per dirne una. E forse anche i parapedonali. Ma sono rientrati - grazie ad un emendamento di Alessandro Onorato della Lista Marchini - gli impianti europei che in tutto il mondo le grandi società professionali che gestiscono questo business utilizzano perché eleganti, ben inseribili e sostenibili e che erano stati appositamente esclusi a Roma per tenere alla larga capitali stranieri e investimenti interanzionali. Pensate un po'... Per fortuna anche questa schifezza è stata corretta all'ultimo tuffo.Quale è il rischio? Che lotti di gara in questo contesto siano poco remunerativi. Nel centro di Roma un cartello europeo atto a pagare il bike-sharing si troverà a confrontarsi con la concorrenza di: orologi pubblicitari, parapedonali, impianti SPQR (per tacere della tanta pubblicità sulle coperture dei cantieri). Quanto valore dunque avrà quell'impianto europeo? E quanti impianti ci vorranno per rendere sostenibile il bike-sharing? Ci sarà la possibilità di destinare a questo servizio (costosissimo, almeno 10 milioni all'anno) un numero di due o tre lotti o sarà escluso? Dove verranno collocati gli impianti SPQR che il Comune cederà dando priorità alle ditte "virtuose" di cui sopra? Infastidiranno gli impianti assegnati nell'ambito degli altri lotti? Questa assegnazione anomala sarà impugnata da qualcuno? Questa eventuale impugnativa inficerà tutto il dispositivo o solo - come sostiene l'Avvocatura Comunale - quella parte dedicata agli impianti SPQR?Dunque molto presto per esultare, seppure in un clima i lieve ottimismo e di prospettive migliori rispetto alla vigilia. Perché per lo meno la città non ha escluso la possibilità di fare qualcosa di buono a partire dai cartelloni pubblicitari. Vi è questa chance, da capire se ci sarà la forza di sfruttarla. La palla ora è in mano alla Giunta ed ai suoi uffici. E in mano ai cittadini che hanno dimostrato una forza incredibile e che ora dovranno vigilare affinché quel che di buono c'è in questa grande riforma venga colto nel minor tempo possibile e con la più elevata qualità possibile.
La non-sconfitta sul Piano Regolatore degli Impianti Pubblicitari. Impossibile parlare di vittoria, ma la riforma c'è
Creato il 31 luglio 2014 da Romafaschifo.Che le concessioni venissero assegnate tramite bandi pubblici.Che in cambio delle concessioni la città ottenesse non solo denaro, ma anche servizi.Che ai vincitori delle concessioni fosse dato anche l'onere di combattere l'abusivismo.Che come modello di zonizzazione della città si seguisse quello di Parigi (all'epoca citavamo stesso anche Napoli).Che si attuassero le dovute deroghe ai millemila piani paesistici, Codici del Paesaggio, Codice della Strada compreso, vincoli e vincoletti seguendo i quali neppure un solo cartello si sarebbe potuto installare a RomaEravamo pericolosi. Molte persone proprio per queste richieste si allontanarono dalla battaglia che il blog Cartellopoli iniziò a febbraio del 2010. Successivamente queste richieste emersero come l'unica strada possibile per restituire decoro e qualità alla città di Roma. Per far sì che, come in tutto il mondo evoluto, la cartellonistica si trasformasse da problema a opportunità e risorsa. All'epoca, quattro lunghissimi anni fa (nel frattempo ci siamo presi da parte delle ditte che oggi le nuove norme dovrebbero spazzare fior di querele e addirittura condanne, e chissà per quanti anni ancora ci sarà da combattere con avvocati e magistrati), eravamo gli unici a dire che in determinate zone non si poteva dire "qui niente impianti pubblicitari", bensì "qui qualche impianto pubblicitario sì, ma a patto che". A patto che siano pochi, a patto che siano belli, a patto che siano gestiti da chi ha vinto una regolare banda internazionale, a patto che questi impianti servano a pagare dei servizi di pubblica utilità (arredo urbano, bike-sharing, manutenzione, toilette pubbliche, segnaletica turistica...).Su queste tematiche che erano lo spauracchio collettivo, piano piano tutti i fantastici gruppi di cittadini (e qualche rappresentante politico onesto) che hanno compiuto questa battaglia hanno effettuato la loro convergenza. E negli ultimi mesi si è marciati tutti uniti verso il risultato storico di ieri quando l'Aula Giulio Cesare ha approvato, con una ventina d'anni di ritardo (ma non bisogna lamentarsi, ché la città è in ritardo anche di 40 o 70 anni su altre partite, dunque 20 anni rispetto al resto del mondo non sono poi così tanti) il Piano Regolatore degli Impianti Pubblicitari.Le cose si erano messe molto male, per cui oggi tra associazioni e comitati serpeggia un pochino di ottimismo. E' la strategia della politica: farti presagire la possibilità di un disastro, per poi fare in modo che qualcosa di poco più che mediocre ti risulti accettabile. Il Prip di Roma Capitale è un po' così. Risultato storico (raggiunto grazie all'abilità di Marta Leonori, al ruolo in questo caso strategico del Movimento 5 Stelle, alla capacità di ascolto della Lista Marchini e probabilmente ad interventi dall'alto, molto dall'alto nel PD che hanno permesso di isolare le mele marce di quel partito che avrebbero fatto di tutto per tenere Roma ancora per chissà quanti anni fuori dalla legalità e soprattutto dalla contemporaneità), ma risultato falsato da tutta una serie di macchie di cui ancora non siamo in grado di capire la rilevanza e l'impatto. Risultato storico colto solo all'ultimo secondo quando - grazie soprattutto alle pressioni dei comitati, mai come in questa battaglia lucidi ed efficaci (basti leggere qui l'articolo di Rodolfo Bosi di VAS)Se si riuscirà a far scaturire da questo Prip una qualità tangibile sul territorio ancora non è dato sapere perché, di fatto, il Consiglio alla fine si è limitato a dare degli indirizzi ed a firmare alla Giunta una delega in bianco sui dettagli (lì si nasconde il diavolo) del dispositivo. C'è la zonizzazione alla parigina, c'è la scadenza di tutte le concessioni al 31.12.2014, ci sono i bandi, ci sono le gare, ci sono i servizi che queste gare potranno 'regalare' alla città. Ma i dettagli sono demandati alla Giunta e, nella compilazione dei Piani di Localizzazione, anche ai Municipi. Non sono dati i tempi, non sono date le modalità. L'unica cosa data sono i pesanti compromessi che sono serviti ad addolcire l'opposizione di centro destra e le mele marce interne del PD. Una fetta enorme del mercato (gli impianti SPQR, il 17,5% della città) saranno assegnati, non si sa come, alle ditte del "Riordino" ovvero di quel condono inventato ai tempi di Rutelli (all'epoca le simpatiche ditte romane, quelle che qualcuno definisce "virtuose" mandarono a fuoco tutti gli archivi cartaceo appena seppero che il Comune voleva digitalizzarsi, così l'amministrazione dovette chiedere a loro quanti impianti avevano e dove), condono che dovrebbe essere condizione per essere esclusi, non per essere facilitati. A Roma, invece, chi ha partecipato ad un condono, ha priorità. E' virtuoso. Davvero curiosissima come cosa. Sono poi stati reinseriti dei formati pubblicitari ridicoli e caotici, solo per far star buone alcune ditte e i loro referenti in Aula, ad esempio in centro saranno ancora possibili i patetici orologi, tanto per dirne una. E forse anche i parapedonali. Ma sono rientrati - grazie ad un emendamento di Alessandro Onorato della Lista Marchini - gli impianti europei che in tutto il mondo le grandi società professionali che gestiscono questo business utilizzano perché eleganti, ben inseribili e sostenibili e che erano stati appositamente esclusi a Roma per tenere alla larga capitali stranieri e investimenti interanzionali. Pensate un po'... Per fortuna anche questa schifezza è stata corretta all'ultimo tuffo.Quale è il rischio? Che lotti di gara in questo contesto siano poco remunerativi. Nel centro di Roma un cartello europeo atto a pagare il bike-sharing si troverà a confrontarsi con la concorrenza di: orologi pubblicitari, parapedonali, impianti SPQR (per tacere della tanta pubblicità sulle coperture dei cantieri). Quanto valore dunque avrà quell'impianto europeo? E quanti impianti ci vorranno per rendere sostenibile il bike-sharing? Ci sarà la possibilità di destinare a questo servizio (costosissimo, almeno 10 milioni all'anno) un numero di due o tre lotti o sarà escluso? Dove verranno collocati gli impianti SPQR che il Comune cederà dando priorità alle ditte "virtuose" di cui sopra? Infastidiranno gli impianti assegnati nell'ambito degli altri lotti? Questa assegnazione anomala sarà impugnata da qualcuno? Questa eventuale impugnativa inficerà tutto il dispositivo o solo - come sostiene l'Avvocatura Comunale - quella parte dedicata agli impianti SPQR?Dunque molto presto per esultare, seppure in un clima i lieve ottimismo e di prospettive migliori rispetto alla vigilia. Perché per lo meno la città non ha escluso la possibilità di fare qualcosa di buono a partire dai cartelloni pubblicitari. Vi è questa chance, da capire se ci sarà la forza di sfruttarla. La palla ora è in mano alla Giunta ed ai suoi uffici. E in mano ai cittadini che hanno dimostrato una forza incredibile e che ora dovranno vigilare affinché quel che di buono c'è in questa grande riforma venga colto nel minor tempo possibile e con la più elevata qualità possibile.
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