Alcuni ricercatori sono convinti che le paure apocalittiche si basino sulla nostra ansia collettiva circa eventi al di fuori del nostro controllo. La paura della guerra nucleare e del declino ambientale che e' scoppiata negli anni '60 e' stata un fattore importante nella nascita della controcultura di quegli anni, secondo il sociologo John R. Hall, autore di Apocalypse. E in anni piu' recenti, eventi quali l'11 settembre, la crisi finanziaria e la fuoriuscita di petrolio nel golfo del Messico, suggeriscono a sempre piu' gente che la societa' moderna non e' in grado di risolvere i suoi problemi [e il modo sensazionalistico in cui molti notizie sono presentate dai media non aiuta di certo...] La tentazione di interpretare terribili eventi come sintomi di una prossima fine del mondo potrebbe avere radici anche nella vanita'. Siamo tutti convinti di vivere in un momento storico speciale, forse persino cruciale. La tecnologia sta mettendo a nostra disposizione sempre piu' controllo su atomo, genoma e pianeta - con disastrose conseguenze. E immaginare che che proprio noi saremo l'ultima generazione ci fa sentire speciali, secondo lo psicologo Nicholas Christenfeld [e a questo punto non posso non far notare che tutto cio' potrebbe facilmente essere visto come un negativo dell'attititudine di chi aspetta con fede l'arrivo della singolarita' tecnologica...]
Le nostre paure potrebbero anche essere un sintomo della paura piu' fondamentale: la paura della morte. L'essere in un continuo flusso, e' parte della natura dell'universo e il raggiungimento della fine e' un inevitabile, e spesso ignorata, parte della vita [mi chiedo quale sarebbe l'impatto psico-sociologico della sconfitta di vecchiaia e morte sulla societa'. Mi piace sperare che causerebbe un'ondata di ottimismo e confidenza nelle proprie abilita', come specie, ma l'animo umano e' troppo complesso e contradditorio per esserne sicuri...]