La nostra panic room mentale

Creato il 08 febbraio 2013 da Giorgiofontana

Ho cercato la definizione di panic room.
“a room in a building that is set up to be safe from intrusion or attack and usu. has communications equipment, food, water, etc.; also called safe room”.
Una stanza dentro un’abitazione privata a prova di effrazione dotata di sistemi di comunicazione esterni, ma anche di cibo e acqua, che permette di trovarvi rifugio in caso di intrusione dall’esterno di sconosciuti.

Una descrizione della stanza del panico l’ho trovata in questo sito. Si tratta di una società di servizi di sicurezza che propone anche quello dell’allestimento di questo perimetro di sopravvivenza.

Ritorno all’utero materno, il luogo fisico dove si è stati più protetti e amati in tutta la nostra vita e che, con un trauma di cui abbiamo perso la memoria consapevole, ci ha espulso improvvisamente, senza nessuna ragione e senza alcuna preparazione, ma soprattutto senza colpa, con una violenza inaudita e gratuita.
La nostra prima incredibile esperienza dell’ingiustizia del Mondo, il nostro tragico Paradiso Perduto. Abbiamo dovuto inventarci il peccato originale per riempire quel vuoto filosofico, razionale, poetico.
La nostra prima comunicazione atavica esperienziale è stato il pianto, qualcoisa di mai sperimentato prima, a cui segue il respiro dentro una bolla sporca, senza liquidità, senza connessione diretta con la temperatura perfetta e la sospensione, senza più il link che qualcuno un giorno dirà chiamrsi ombelico.
Sbattuti su qualcosa di duro e sconosciuto, inutilmente avvolti da materia estranea, spogliati della nostra nudità felice.

Col tempo la maggior parte delle persone dimentica, i traumi vengono riassorbiti e fanno posto alla speranza, per chi ha la fortuna di crescere comprendendo le dinamiche dell’esistenza e dando un nome a tutte le cose, positive o meno, stare fuori dal Paradiso è un’epserienza persino piacevole, anche se a volte si cìviene avvolti da una melanconia che non sai.

Altre persone, invece, non saranno mai più felici. Le ferite della venuta al mondo sono state talmente gravi che nella loro mente l’ansia e l’angoscia, seppur chiamata con altri nomi, sono la forma delle loro giornate, con rare e brevi tregue. Queste tregue le vivono nella loro stanza del panico. Una stanza dove il Mondo resta fuori e si spengono i clamori, le luci intense, gli odori invasivi e tutto torna l’ovatta, la mancanza del tempo, la mancanza di un punto fermo e preciso, come se lo Spazio fosse ovunque ed da nessuna parte, contemporaneamente.

Nessuno spigolo, nessuna paura, neppure la fame e  il freddo, la paura dell’infinito, che nella vita reale spinge verso la fine, nella panic room invece tutto è quel possibile sogno che avevano già sognato. il senso del magico è il potere di scomparire dalla vista degli altri e poter volare sopra la terra, sfuggire al pericolo, venir protetti da uno scudo mentale, lascairsi trascinare come polline nella dimensione della leggerezza.

Mentre leggevo la descrizione della panic room in vendita e su misura mi rendevo sempre più conto quanto fosse famigliare e vicina questa struttura, leggendone le caratteristiche in quella pagina web, improvvisamente si sono sovrapposti i luoghi dei contenuti e luoghi del contenitore. La realtà virtuale, che sia un videogioco o un socialnetwork, oppure un drone che vola con i sensori a nostra disposizione, uno smartphone che localizza magicamente una nostra identità immateriale, è l’estensione del potere magico che avevamo nel nostro atavico sogno di non nati.
Ci siamo attivati per gradi di civiltà, con le droghe mistiche degli sciamani, i luoghi catacombali dei culti, gli stadi dove la folla diventa liquido che ci sospende, i rifugi aerei e quelli atomici. Ed ora il digitale.

integrate nel design della propria abitazione o del proprio yacht.” oppure nel proprio profilo Facebook la panic room è un luogo mentale, è il luogo dove l’identità si separa da quella Realtà che ci ha separato, lei stessa, dal nostro non essere, quello in cui eravamo presenze sognanti e sogni al tempo stesso.
Come stati allucinogeni, per una morale che ci spinge verso le responsabilità dell’esistere, o come stati dell’autentico noi stessi, per il quale conoscere, dare nomi e scegliere non ha senso alcuno.
Non ha senso neppure comunicare anche se, a disposizione, vi sono dispositivi con i quali “sarà sempre possibile visualizzare dall’interno della panic room o tramite il proprio telefono cellulare, tutte le telecamere, anche quelle nascoste, attivare in automatico o manualmente i sistemi nebbiogeni di sicurezza mentre la comunicazione con le forze dell’ordine o con gli istituiti di sicurezza sarà sempre garantita da linee di comunicazione garantite e sicure.
Ma avendo a disposizione l’annullamento chi può essere quello stolto che ha voglia di rinascere?


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