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La notte di Parigi raccontata da un giornalismo costruttivo avrebbe fatto la differenza.

Creato il 14 novembre 2015 da Assugoodnews @assunta73

La notte di Parigi raccontata da un giornalismo costruttivo avrebbe fatto la differenza.
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Parigi questa notte ci ha sconvolti. L’orrore che ha colpito la città è entrato nelle case e nei cuori di tutti noi. Impossibile restarne indifferenti. Impossibile non chiedersi perché debbano accadere queste cose. Si tratta di un momento delicato. Di quelli che, come spesso accade, possono costruire o distruggere. Io credo che i media, come sono usciti oggi, siano sulla strada della distruzione. Io credo che sarebbe stato meglio appellarsi al giornalismo costruttivo che avrebbe offerto al mondo intero un punto di vista diverso.

Ieri sera ho seguito quanto stava accadendo sui social media. Ho letto notizie terribili dai protagonisti e da ogni parte del mondo. Era orrore puro. Ho sentito il mio corpo “ammalarsi”. Ho percepito che mi stava salendo l’ansia. Poi, per fortuna, ho intercettato l’hashtag #PorteOuverte con cui gli abitanti di Parigi davano il proprio indirizzo di casa per accogliere chi, in quel momento di delirio, si trovasse in strada.

E allora ho pensato: quante volte temiamo di dare i nostri contatti privati sui social media per “paura”? Quante volte ci lamentiamo della poca privacy di Facebook e Twitter?
Eppure gli abitanti di Parigi, ieri sera, non ci hanno pensato due volte. Indirizzo, numero civico e, in alcuni casi, indicazioni per arrivare.

Straordinario.

Mi sono addormentata pensando a queste persone con grande gratitudine. Ho immaginato ognuno di loro entrare in una di queste #porteouverte e abbracciarsi. Ho visto, nella mia mente, scene di commozione per essersi messi in salvo e persone sconosciute insieme in una stanza.

Questa mattina mi sono svegliata con una notifica di Facebook. Mi diceva quali dei miei amici che si trovano a Parigi avevano comunicato di stare bene. Si, perché Facebook questa notte ha attivato il Safety Check per dare la possibilità a chi si trova nella Ville Lumiére di rassicurare amici e parenti.

Ho fatto colazione immaginando i sorrisi di tutte le persone che da casa avevano ricevuto queste notifiche.

Con il mio caffè in mano ho trovato l’hashtag #RechercheParis utile per ritrovare le persone in giro per la città.

Tutto questo mi ha fatto riflettere sulla bellezza dell’essere umano. Su quanto speciali siano le persone e su quanto la tecnologia ci venga in aiuto.

Poi ho dato uno sguardo alle copertine dei giornali. Non l’ho fatto perché volevo informazioni, l’ho fatto perché speravo che sarebbero state una bella sorpresa. E invece… il solito clima di terrore.

Già.

E allora ho scritto un post su Facebook che sta generando ogni genere di commenti ovviamente.

Le prime pagine di oggi potevano essere diverse.
Potevano raccontare quello che gli abitanti di Parigi hanno fatto questa notte.
Potevano raccontare di quanto sia stato straordinario che dall’Italia si condividessero i post con #PorteOuverte. Potevano dare la notizia partendo da un punto di vista diverso.

Perché, come ho scritto nel mio post su Facebook: le prime pagine cosi come sono uscite sono dei messaggi del tipo “avete fatto bene, vi appoggiamo”.

Il giornalismo costruttivo in cui credo io sarebbe partito da un altro punto di vista. Avrebbe parlato di chi ieri sera è rimasto vittima di tutto questo senza citare nemmeno una volta chi lo ha generato.

La notizia sarebbe uscita lo stesso, come è giusto che sia, ma con un taglio e un’attenzione differente.

Perché tutto dipende da cosa si sceglie di alimentare con quei titoloni di prima pagina.

Perché gli articoli di oggi, i primi usciti, raccontano di odio e alimentano odio. Oggi chi legge i giornali vorrebbe prendere un fucile e colpire l’odio. Molti di loro, la prossima volta che si troveranno faccia a faccia con un extra comunitario ricorderanno questi titoli, questa notte.

Se, invece, i media avessero pubblicato articoli costruttivi avrebbero spinto le persone a reagire con messaggi d’amore. E questi avrebbero spiazzato l’odio.

Quando una persona colpisce si aspetta una reazione. Quando si genera quello che è accaduto questa notte a Parigi ci si aspetta visibilità. Ci si aspetta che il mondo cada ai propri piedi in preda alla paura e al panico.

Ed è quello che è stato generato.

Cosa sarebbe successo se, invece, i protagonisti distruttivi di questa notte avessero letto pagine di giornali completamente inondate di amore e di pensieri dedicati alle persone?

Io credo che l’effetto sarebbe stato diverso.
Ne sono convinta.

La notte di Parigi raccontata da un giornalismo costruttivo avrebbe fatto la differenza.
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that's good news - Il blog di Assunta Corbo


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