La notte è colorata ad Abu Dhabi

Creato il 02 dicembre 2014 da Enricobo2

Bene, in parte ho digerito la polenta e cinghiale che mi ha accolto al mio ritorno, tanto per ristabilire ricordi, scale di valori, liste ed elenchi. Il reset del rientro contribuisce a farti rivivere il viaggio da un punto di vista decisamente diverso. Mentre sul posto vieni sopraffatto dall'intensità delle emozioni dirette, dagli scenari inusuali che via via ti scorrono davanti, da odori e sapori, appena hai chiuso l'episodio, sopravviene un pacato bisogno di catalogazione, di incasellamento, di desiderio di ripassare fatti ed emozioni, per assaporarle meglio da un lato, ma per elaborarle, dare loro un significato più approfondito, maturare giudizi, sempre pericolosi ma inevitabili. Quindi, anche perché questa è ormai la mia cifra a cui siete abituati, oggi comincia il reload, il riavvolgimento del nastro dall'inizio, a partire dalla caligine piovosa e umida, tale e quale a quella di oggi, che avvolgeva la risaia vercellese all'inizio di novembre. Per portarmi avanti col lavoro, questa volta sono partito con un sommovimento intestinale ansiotico che mi ha rassicurato sul fatto che tanto questo è un destino barbaro che mi accompagna sempre in ogni viaggio. Il cagotto deve perseguitarmi almeno una volta, se no non è un viaggio. In questo caso posso dire di aver già dato e posso evitare di incolpare, ghiaccio, cibi di strada, verdure mal lavate, correnti d'aria, junk food pluridecongelati propinati dalle varie compagnie aeree e vaccini antinfluenzali. 
Finalmente provo la compagnia che ha deciso di comprarci, con le sue hostess col velo finto e la preghiera diffusa nell'aeromobile prima della partenza, non si sa mai. Intanto servono alcoolici a profusione, ma il cibo, anche se garantito halal, fa schifo come quello di tutte le altre linee aeree, in questo diciamo che sono nella norma. La strada dell'Oriente è breve quando vai contro sole sorvolando deserti infiniti, dove però dall'alto saltano all'occhio gli immensi cerchi verdeggianti delle irrigazioni, che colorano la sabbia di un patchwork regolare verde oro. Poco da fare, dove c'è il grano anche il deserto vive. E qui sugli stretti di Hormuz il grano c'è e si vede. Fluisce dalla terra e inonda le sabbie le vivifica, le fa germogliare, gonfiandone le viscere come un lievito madre; fa crescere funghi di vetro e di acciaio, nastri d'asfalto perfetti, righe di palmizi e giardini. Già all'epoca di Marco Polo, questo era uno dei crocevia del mondo. La posizione, passaggio obbligato di merci desiderate e preziose, forse proprio questo ha generato una attitudine al commercio ed ai traffici, tornata così  utile adesso che una nuova spezia si è resa così necessaria, questa volta prodotta in loco e non solo commerciata per immeritevole transito. Qui senti, spessa, la presenza della ricchezza, dai mall ridondanti di merci preziose di tutto il mondo, i gioielli, gli oggetti di culto, le griffes che non possono rinunciare ad essere presenti, pena una diminutio che significherebbe inferiorità assoluta, alle auto che circolano, grandi, nuove, costose, full optional. 
Già i taxi dell'aeroporto sono maestosi, simillimousine ridotte, con autisti in livrea e guanti, non c'è scelta, l'unica opzione è il lusso. Devi adeguarti e pagare, neanche poi tanto però, quando l'esclusività diventa normalità e consumo comune. Chissà perché questa impressione aumenta quando cala il buio e non è più temperato dal colore assoluto della sabbia, che spunta ovunque, in fondo qui siamo in casa sua. La sabbia, materiale povero e francescano che livella al basso pur con la sua purezza assoluta, il suo scorrere lento, che non avverte la premura del tempo, scivolando al soffio del vento al di là del profilo della duna. Invece la notte nasconde questo limite, lo annulla e lo ricopre di luci, così incongrue al deserto, quasi a voler rimarcare con forza un distacco definitivo dalla povertà della tribù beduina che al calar della sera si ritira sotto la tenda a sorbire thè alla menta. La luce è denaro, è movimento, è musica e suoni forti, colori che tengono svegli e reiterano la differenza. Così arrivi alla Grande Moschea, quasi il paradigma programmatico di quanto vi ho sottolineato fino ad ora. In ogni epoca, il monumento religioso è stato specchio del tempo. Qui, nel gigantismo smagliante degli infiniti porticati, nel biancore abbacinato dei marmi incastonati di pietre preziose sparse come se fossero sassi, nel grande quadrato centrale in cui fatichi a riconoscere le formichine di chi lo attraversa, leggi il desiderio del committente di mostrare tutta la sua ricchezza ed opulenza. Cupole candide come panna montata, minareti che svettano come dita a prendere contatto col cielo, lampadari che paiono cascate di gemme colorate di un caleidoscopio in movimento perenne, superfici di vetro sfaccettato in mille angolazioni, riprendono, amplificano, moltiplicano esponenzialmente l'effetto rendendo l'opera di pietra cosa viva e vitale. 
Le fontane, davanti all'ingresso, zampillano mille getti d'acqua sulle superfici che riflettono tanta bellezza. I popoli delle sabbie non riescono a sottrarsi al fascino dell'acqua, essa stessa, se abbondante e apparentemente inutile, simbolo di assoluta ricchezza. Nella seta nera della notte questo monumento risplende come un gioiello assoluto, la cui purezza candida viene magnificato proprio dall'assenza di figura, obbligo religioso certo, che in questo caso trasforma la scrittura in arabesco ed arte non figurativa che decora, impreziosisce di concetti e completa l'opera senza apparire ridondante. I visitatori della notte si perdono nella vastità degli spazi, senza rumore, girando solo qua e là la testa per non perdersi neppure un briciolo delle prospettive, delle fughe di archi, delle volute che si rincorrono su pareti e colonne, fino al maestoso Mirhab, trina preziosa, merletto di marmo che domina la sala di preghiera. Lasci questo spazio e i suoi Corani dalle copertine verdi abbandonati su panche essenziali a malincuore. Poi, i colori della città, i grandi spazi delle strade, le superfici di vetro dei grattacieli, sembrano poca cosa anche se illuminati da una luna alta e gialla, anche lei ricca e gaudente. Negli spazi pubblici, figure avvolte di bianco assoluto, segnato solo dal cordoncino nero sul copricapo, accompagnate da figure nere assolute, contraltare perfetto di una regia accurata, si muovono lentamente con un incedere regale. Solo più in basso corre affannata una umanità diversa, che questa ricchezza mantiene e sfrutta allo stesso tempo. Stuoli di indiani, pakistani, filippini che corrono come api operose nutrite dalla linfa grassa e oleosa del liquido che sgorga dalla sabbie. E' ora di dormire.
SURVIVAL KIT
Dall'aeroporto taxi fino in città circa 100 Dirham, con sosta alla moschea che è sulla strada 150. E' aperta fino a tardi e di notte è meno frequentata, direi l'ora migliore per vederla.
1 € = 4,5 AED
Hotel Centro Al Manhal Airport Road 2, 109595, beside Al Wahda Mall, | between 11th & 13th streetAbu Dhabi Emirati Arabi Uniti -circa 70 €. 4 stelle, direi bello, centrale, comodo, funzionale, camere ampie, senza colazione e wifi.

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