Il nuovo art. 1130 c.c. introdotto dalla legge n. 220/2012 di riforma del condominio obbliga l’amministratore a curare la tenuta di uno specifico registro dell’anagrafe condominiale contenente le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento, comprensive del codice fiscale e della residenza o domicilio, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare, nonché ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza.
Ogni variazione dei dati ivi contenuti deve quindi essere comunicata all’amministratore in forma scritta entro sessanta giorni da parte dei condomini (per consentire l’aggiornamento del registro). L’amministratore, da parte sua, in caso di inerzia, mancanza o incompletezza delle predette comunicazioni, è però tenuto a richiedere con lettera raccomandata indirizzata al condomino interessato le informazioni necessarie alla tenuta del registro di anagrafe.
Decorsi trenta giorni, in caso di omessa o incompleta risposta, l’amministratore è quindi tenuto ad acquisire diversamente le informazioni necessarie (ad esempio recandosi presso i competenti uffici pubblici o incaricando di tale attività un professionista), addebitandone il costo ai diretti interessati (ovviamente non all’intera compagine condominiale).
Il nuovo adempimento legato all’anagrafe condominiale ha una serie di importati ricadute pratiche su numerosi istituti del diritto condominiale, a partire ad esempio dalle modalità di convocazione dell’assemblea condominiale.
In base al nuovo testo dell’art. 66 Disp. att. c.c. l’avviso di convocazione deve essere predisposto dall’amministratore e inviato, a pena di annullabilità delle conseguenti deliberazioni adottate dall’assemblea, a tutti i condomini presso la propria residenza o il proprio domicilio. Detta sanzione è ora prevista in modo espresso dall’art. 66, comma 3, Disp. att. c.c., laddove nel recente passato parte della giurisprudenza aveva ritenuto che l’omissione dell’avviso di convocazione comportasse la nullità delle deliberazioni adottate dall’assemblea, addirittura opponibile anche dai condomini che avessero partecipato all’assemblea.
La giurisprudenza riteneva anche che, come già anticipato, poiché la normativa in materia non prevedeva espressamente specifici accertamenti a cura dell’amministratore di condominio volti a verificare i registri immobiliari per la corretta identificazione dei condomini, spettasse ai singoli comproprietari l’onere di dimostrare di avere titolo a partecipare all’assemblea e che anche in caso di decesso del condomino non fosse necessario inviare alcun avviso agli eredi. Conseguentemente l’amministratore, anche facendosi scudo del c.d. principio dell’apparenza, poteva inviare l’avviso di convocazione presso quello che appariva essere il domicilio del condomino, anche sulla base della prassi seguita fino a quel momento, senza operare alcun accertamento ulteriore.
Come anticipato, però, il nuovo obbligo di cui all’art. 1130, comma 1, n. 6, c.c. ovvero l’adozione del c.d. registro dell’anagrafe condominiale, comporta la necessaria individuazione dei dati anagrafici di ciascun condomino, ivi comprese le informazioni relative alla residenza e all’eventuale domicilio, nonché il loro costante aggiornamento.
Questa nuova disposizione, unitamente alle novità in tema di forma dell’avviso di convocazione (lettera raccomandata, fax, posta elettronica certificata), comporta quindi che quest’ultimo debba essere necessariamente inviato presso l’indirizzo risultante dall’anagrafe condominiale. Eventuali errori derivanti dalla non corretta tenuta del predetto registro potranno quindi essere rimproverati all’amministratore, comportando comunque l’annullabilità delle deliberazioni assunte nella relativa assemblea condominiale.
Di tutto questo e di moltissimi altri aspetti relativi all’assemblea condominiale dopo la Riforma del Condominio parla il libro La nuova assemblea condominale dopo la riforma edita da Maggioli (edizione Marzo 2013).