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In ogni definizione di democrazia, l’elemento elezioni assume una rilevanza centrale. Queste hanno talmente tanta importanza che non solo la loro mancanza, ma anche solo l’assenza di alcuni loro caratteri fondamentali, -come la ricorrenza, la correttezza, la competitività- possono determinare un vuoto di democrazia. Ecco perché è comprendere il funzionamento dell’Italicum: non solo per conoscenza politica, o partecipazione e nemmeno per senso civico, ma per amore di democrazia.
La riforma con la quale andremo a votare in futuro ha dei natali decisamente poco illustri. Gli antefatti che hanno dettato la necessità di una nuova legge sono da ricercare nella legge Calderoli, soprannominata “Porcellum” dal politologo Giovanni Sartori, riforma molto contestata e accusata d’incostituzionalità a causa del sistema dei capilista bloccati che non permetteva un’effettiva votazione del leader da parte dei cittadini. Rispetto a quest’ultima legge elettorale, l’Italicum rappresenta senza dubbio un passo avanti, in quanto mitiga il sistema dei capilista bloccati introducendo il criterio delle preferenze, meglio esplicitato qui di seguito, e non permette la formazione di coalizioni al secondo turno di ballottaggio, possibile, al contrario, attenendosi alla legge precedente.
Come funziona l’Italicum? Punto più rilevante: la riforma prevede l’assegnazione di 340 seggi, ossia il 55% del totale, al partito che raggiunga il 40% dei voti o, in alternativa, alla lista vincente nel secondo turno di ballottaggio. Di contro, solo i partiti che raggiungono la soglia di sbarramento del 3% possono accedere alla ripartizione dei seggi. Il sistema introduce i capilista bloccati, ossia sarà il partito a presentare il nome del proprio leader, che non potrà, dunque, essere scelto dal voto popolare. È tuttavia prevista un’integrazione per questo punto che riguarda la possibilità data all’elettore di indicare massimo due preferenze. Se il votante volesse esprimere due preferenze, avrebbe l’obbligo di scegliere due candidati di sesso diverso, pena l’annullamento del voto. In questo modo l’elettore, pur non avendo voce in capitolo nella scelta del capolista, può esprimersi riguardo i candidati interni al partito dal secondo eletto in poi. Un’ulteriore misura prevista dalla legge riguarda le candidature plurime, infatti i capilista hanno la possibilità di candidarsi in un massimo di 10 circoscrizioni territoriali –collegi- differenti, in modo tale da favorire i piccoli partiti e tutelarli nel caso in cui sbagliassero previsioni riguardo la candidatura in un collegio specifico.
L’analisi fin qui condotta non può sorvolare su un elemento illuminante per la comprensione se non dei contenuti, almeno del clima in cui è maturata la riforma. In effetti, l’iter attraverso il quale l’Italicum ha acquisito consistenza è quantomeno degno di nota. La riforma riceve la prima approvazione nel gennaio 2014 dalla Commissione Affari Costituzionali ed è sottoposta a vari emendamenti poi votati dai parlamentari. Tra questi, i più rilevanti sono quelli riguardanti l’introduzione delle preferenze e la parità di genere, entrambi respinti in questa fase. A marzo la Camera approva l’Italicum e a gennaio del 2015 lo stesso è presentato al Senato. Intanto gli emendamenti vengono fatti cadere con l’emendamento Esposito, detto anche “supercanguro”, che prevede una riscrittura della riforma che la rende più simile a quella che conosciamo oggi, in quanto introduce un premio di maggioranza per chi raggiunga il 40% dei voti, il ballottaggio, la preferenza di genere, le candidature plurime, la soglia di sbarramento al 3% e, in ultimo, i capilista bloccati. Il Senato approva la legge che, dunque, torna alla Camera. Dati i continui scontri interni al PD, la maggioranza del partito inizia a considerare l’ipotesi di porre la fiducia sulla legge elettorale, mentre Renzi si mostra irremovibile sulle proprie posizioni. Qualche giorno dopo, infatti, vengono sostituiti 10 membri della minoranza democratica in Commissione Affari Costituzionali e l’Italicum passa alla Camera senza modifiche. Superato il giudizio di costituzionalità, l’Italicum viene sottoposto per tre volte alla fiducia e la ottiene, nonostante i 38 deputati del partito che non hanno partecipato al voto. Il 4 maggio, infine, l’Italicum diviene legge e, due giorni dopo, è firmato dal Capo dello Stato Sergio Mattarella. Di conseguenza, dal 2016 si andrà a votare secondo le procedure previste dalla nuova legge. Occorre per altro specificare che la riforma sarà in vigore solo per quanto concerne le elezioni della Camera e non per il Senato, nel caso in cui dovesse essere approvata la riforma circa il bicameralismo perfetto, che ne prevede la trasformazione in un organismo non elettivo.
Se la legge elettorale di recente approvata valorizza sicuramente uno dei due cardini su cui ruota la democrazia -quello riguardante la decisionalità, la maggioranza-, sulla tutela e, soprattutto, sul futuro dell’altra ruota del carro sorgono più interrogativi. Qual è il percorso che la riforma ha tracciato per l’Italia? Questa è la questione che segna la cifra della bontà di una legge elettorale. Bontà che si determina sì in un confronto con il passato, rappresentato in questo caso dalla legge Calderoli, ma anche, e a maggior ragione, in una sfida verso il futuro. La scommessa che l’Italicum gioca, a carte neanche troppo scoperte, è se l’Italia possa adeguarsi a un sistema più orientato a un governo maggioritario, a una democrazia altra rispetto a quella che abbiamo ereditato. Riproponendo la domanda che pone il politologo Gaspare Nevola, nell’intervista concessa al nostro blog: “Se coltiviamo il kratos (governo) ma perdiamo di vista il demos (pluralistico), in quale democrazia viviamo?”. Nell’analisi che ci regala lo studioso non sono condannate a priori le modifiche apportate al sistema elettorale. Viene tuttavia denotato come, in questa riforma, ve ne siano in misura eccessiva e a vantaggio prevalentemente, se non unicamente, della maggioranza. In definitiva, i provvedimenti atti a garantire una maggior efficacia decisionale non sono da demonizzare in quanto tali, ma, nel momento in cui da essere un correttivo del sistema proporzionale ne diventano uno stravolgimento e, di conseguenza, tutto il meccanismo democratico viene stirato verso quella che viene definita dal professor Nevola una “artificiale democrazia iper-maggioritaria”.
Quanto e se l’Italicum sia garante dell’efficacia di una democrazia lo si vedrà alla prova dei fatti, ma ciò che è certo è che il futuro della democrazia è figlio delle sorti delle minoranze. L’avventurosa e altalenante storia delle opposizioni è, infatti, scandita dal susseguirsi delle riforme elettorali. Ma è proprio leggendo questa storia che si può gettare uno sguardo più sicuro sul futuro della democrazia. È proprio tutelando il lieto fine della loro avventura che garantiremo la piena efficienza del regime democratico.
Bibliografia:
Testo ufficiale della legge, pubblicato in Gazzetta Ufficiale: http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2015/05/08/15G00066/sg
Conoscere l’Italicum, informativa della Camera dei Deputati sulla legge: http://www.camera.it/application/xmanager/projects/leg17/attachments/infografica/pdfs/000/000/003/NSE_DEFINITIVA.pdf
Intervista a Gaspare Nevola, Professore di Scienza Politica presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Trento