Seconda parte
5. Non c'è abbandono se non è totale
A proposito dell'abbandono, è utile fare un'osservazione. Perché l'abbandono sia autentico e generi pace, bisogna che sia totale. Dobbiamo rimettere tutto, senza eccezioni, nelle mani di Dio senza cercare di amministrare o salvare nulla da soli sia nel campo materiale, che nella sfera affettiva o in quella spirituale. Non possiamo dividere l'esistenza umana in settori, in alcuni dei quali sia legittimo abbandonarsi a Dio con fiducia ed altri dove ce la si debba sbrogliare esclusivamente da soli. Occorre sapere quanto segue: tutte le realtà che non avremo abbandonato, che vorremmo gestire da soli (senza lasciare carta bianca a Dio) continueranno, in un modo o nell'altro, a renderci inquieti. La misura della nostra pace interiore sarà quella del nostro abbandono, dunque anche quella del nostro essere distaccati.
L'abbandono comporta così una parte inevitabile di rinuncia, non necessariamente effettiva, ma come
disposizione del cuore, una prontezza a lasciare a Dio di gestire la nostra vita con una libertà totale.
Questo ci risulta particolarmente difficile. Abbiamo una naturale tendenza a fare nostre un mucchio di
cose: beni materiali, affetti, desideri, progetti. Ci costa terribilmente lasciare la presa, perché abbiamo l'impressione di perderci, di morire. Proprio in quell'istante, però, bisogna credere con tutto il cuore alla parola di Gesù, a questa legge del « chi perde vince » talmente esplicita nel Vangelo: « Chi vorrà salvare la propria vita la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà » (Mt 16,25). Colui che accetta questa morte del distacco, della rinuncia, trova la vera vita. L'uomo che si abbarbica a qualcosa, che vuole salvaguardare un campo qualunque della sua vita per gestirlo a sua convenienza, senza abbandonarlo radicalmente nelle mani di Dio, fa un pessimo calcolo: si carica di inutili preoccupazioni, si
espone all'inquietudine di perdere tutto. Al contrario, colui che accetta di rimettere tutto nelle sue mani, di permettergli di prendere e donare secondo la sua volontà, trova una pace e una libertà interiore inesprimibili.
« Ah, se sapessimo cosa si guadagna a rinunciare a se stessi in tutte le cose! », dice santa Teresa di Gesù Bambino. È la via della felicità, poiché se lo lasciamo agire a modo suo, Dio sarà capace di
renderci infinitamente più felici, perché ci conosce e ci ama molto più di quanto noi stessi ci conosciamo e amiamo. San Giovanni della Croce esprime questa stessa verità in altri termini:
« Tutti i beni mi sono stati donati a partire dal momento in cui non li ho più cercati ». Se ci stacchiamo da ogni cosa rimettendola nelle mani del Signore, egli ci renderà molto di più: « II centuple in questa vita »
godiamo di certi beni o certe gioie umane. Tali scrupoli sono frequenti per quelli che amano il Signore e intendono fare la sua volontà. Se Dio esige l'effettivo distacco da tale o tal altra realtà, ce lo farà comprendere chiaramente a tempo debito e ci donerà la forza necessaria. Sebbene in un primo tempo sarà doloroso, a tale distacco seguirà una profonda pace.
L'atteggiamento giusto dunque consiste semplicemente nell'essere disposti a donare a Dio ogni cosa, senza nessuna paura e poi lasciarlo operare a modo suo, restando in un atteggiamento di totale fiducia nella sua sapienza e nel suo amore: Dio prenderà o lascerà secondo ciò che meglio converrà per il nostro bene.(continua)