Seconda parte
10. In tutte le persone che soffrono c'è Gesù
L'aiuto migliore per affrontare serenamente il dramma della sofferenza possiamo attingerlo prendendo molto sul serio il mistero dell'incarnazione e quello della croce. Gesù ha rivestito la nostra carne, ha realmente preso su di sé le nostre sofferenze, e in tutte le persone che soffrono c'è Gesù che soffre. Nel Vangelo secondo Matteo al capitolo 25, nella narrazione del giudizio finale, Gesù dice a coloro che hanno avuto cura dei malati, visitato i prigionieri, ecc.: « Ogni volta che avrete fatto queste cose a uno solo dei miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me ». Queste parole del Signore ci insegnano che « alla sera della vita saremo giudicati sull'amore » (san Giovanni della Croce) e in particolare sull'amore verso i nostrifratelli bisognosi. E un'esortazione alla compassione; siamo chiamati ad impegnare tutte le nostre forze nell'alleviare queste sofferenze, ma anche a posare su di esse uno sguardo di speranza. In tutte le sofferenze vi è un germe di vita e di resurrezione poiché vi è Gesù in persona. Se davanti a qualcuno che soffre abbiamo questa convinzione che è Gesù che soffre in lui e completa quanto manca alla sua passione, per dirla con san Paolo, come essere disperati davanti a questa sofferenza? Cristo non è forse risorto? La sua passione non è forse stata redentrice? « Non continuate ad affliggervi come quelli che non
hanno speranza » (1Ts 4,13), ci dice san Paolo.
11. I difetti degli altri
Ho riportato, come motivo più frequente della perdita della pace interiore, l'inquietudine di fronte a un qualunque male che minaccia o colpisce la nostra persona o i nostri cari. La risposta a tale evenienza: l'abbandono fiducioso nelle mani di Dio che ci libera da ogni male o che, se lo permette, ci dona la forza di sopportarlo e lo fa volgere a nostro vantaggio.
Questa risposta resterà valida per tutte le altre cause che ci fanno perdere la pace, delle quali ora ciinteresseremo, e che sono dei casi particolari. È utile però parlarne perché, se l'unica risposta èl'abbandono, la pratica di questo abbandono riveste forme diverse secondo l'origine dei nostri turbamenti.
Capita spesso che perdiamo la pace a causa del comportamento - che ci affligge e ci preoccupa - di una o più persone, piuttosto che per una sofferenza che ci tocca o minaccia personalmente. E il caso di un bene, dunque, che non è direttamente il nostro, ma al quale tuttavia teniamo: il bene della nostra comunità, della chiesa, la salvezza di una persona particolare, ecc.
Una donna può essere nell'inquietudine perché non vede verificarsi la conversione tanto desiderata di suo marito. Il responsabile di una comunità può perdere la pace perché una delle sue pecore fa il contrario di quanto egli invece si aspetta da essa. Oppure, più semplicemente, nella vita di tutti i giorni ci si può irritare, se una persona a noi vicina non si comporta come vorremmo. Quale nervosismo spesso suscita questo genere di situazione!
La risposta è dunque ancora la stessa: fiducia e abbandono. Io devo fare quanto è nelle mie possibilità per aiutare gli altri a migliorarsi, in modo dolce e tranquillo, poi rimettere tutto al Signore che saprà come trarre profitto da tutto.
Ma, a questo proposito, vorremmo enunciare un principio generale estremamente importante nella vita spirituale, che costituisce il punto su cui generalmente inciampiamo nei casi sopra citati. Si può applicare anche in un ambito molto più vasto della sola pazienza verso gli errori del prossimo.
Dobbiamo fare attenzione non solo a volere e desiderare delle cose buone in se stesse, ma anche a farlo nel modo giusto. Stare attenti non solo a quello che vogliamo, ma anche a come lo vogliamo. In effetti, molto spesso pecchiamo proprio nel desiderare una cosa che senza dubbio è buona - anzi buonissima!-, ma in un modo che non è quello giusto. Per meglio spiegarci, riprenderemo uno degli esempi succitati.
E' normale che il superiore di una comunità voglia la santità di coloro che gli sono affidati. E cosaeccellente e conforme alla volontà di Dio, ma se costui si adira e perde la pace di fronte alle imperfezioni e allo scarso fervore dei suoi soggetti, di certo non è animato dallo Spirito santo. Abbiamo spesso questa tendenza: più la cosa che desideriamo è buona, certamente voluta anche da Dio, più ci sentiamo giustificati nell'esigerla con tanta impazienza ed insoddisfazione se non si realizza. Più qualcosa ci sembra importante, più ci preoccupiamo e ci agitiamo per raggiungerla! Ma questo è sbagliato.
Bisogna dunque, come già detto, verificare non solo che le cose che desideriamo siano di per sé buone,ma anche che il modo di desiderarle e la disposizione del cuore nella quale le desideriamo siano giusti.
Vale a dire che il nostro volere deve sempre essere dolce, tranquillo, paziente, distaccato, e abbandonato a Dio. Solo Dio deve essere desiderato in un modo assoluto, tutto il resto lo deve essere in modo relativo, distaccato: dobbiamo desiderare una realtà qualsiasi in modo tale che, se il nostro desiderio non si realizza, rimaniamo nella pace. Nella nostra vita spirituale spesso difettiamo in questo: non ci annoveriamo più tra quelli che volevano delle cose non buone e contrarie a Dio, ci mettiamo invece tra quelli che vogliono cose giuste e conformi alla sua volontà. Le vogliamo però in una maniera umana, inquieta, troppo frettolosa, facilmente scoraggiata e non secondo lo Spirito santo, cioè in un modo pacifico, libero e distaccato.
Tutti i santi insistono nel dire che dobbiamo moderare i nostri desideri, anche i migliori, perché se desideriamo qualcosa in maniera umana, come sopra descritto, l'anima si turba ed è inquieta, perde la pace e un simile atteggiamento intralcia le operazioni di Dio in essa e nel prossimo.
Questo è applicabile a tutto, anche alla nostra santificazione personale. Quante volte perdiamo la pace perché troviamo che la nostra santificazione non progredisce velocemente e che abbiamo ancora tanti difetti. Questo non fa che ritardare l'opera della grazia! San Francesco di Sales arriva a dire che nulla ritarda tanto il progredire in una virtù quanto il volerla acquisire con troppa premura! Ma avremo occasione di riflettere ancora su questo punto.
Per concludere, teniamo bene a mente quanto segue: sapremo che i nostri desideri sono nella verità -cioè secondo lo Spirito santo - non solo se le cose desiderate sono buone, ma anche se siamo nella pace. Un desiderio che fa perdere la pace, anche se la cosa desiderata è in sé eccellente, non viene da Dio. Bisogna sì, desiderare e volere, ma in modo libero e distaccato, abbandonando completamente a Dio la realizzazione di quanto desideriamo come e quando vorrà. Educare il proprio cuore in tal senso è della massima importanza per il progresso spirituale. È Dio che fa crescere e trasforma, non la nostra agitazione.
(continua)