di Michele Marsenet. Nella sua visita in Italia appena conclusa il presidente americano Barack Obama ha giustamente rammentato che “la pace non è gratis”, invitando il nostro governo a non tagliare troppo il bilancio della difesa e a mantenere un ruolo attivo nei programmi dell’Alleanza Atlantica. Trovando peraltro un’immediata sponda da parte di Giorgio Napolitano.
Parecchi commentatori hanno espresso indignazione e alcuni quotidiani sono addirittura usciti con titoli di fondo che recitano, più o meno, “Obama detta la linea a Renzi”. L’indignazione suona un po’ fasulla, visto che gli USA restano il nostro principale alleato. Permangono certo dei dubbi causati dall’andamento ondeggiante e spesso poco chiaro dell’attuale amministrazione americana di tema si politica estera e militare. Tuttavia non mi pare che le affermazioni di Obama siano poi così scandalose.
Il tema principale è, ancora una volta, l’acquisto degli ormai celebri cacciabombardieri F-35, che continua a suscitare polemiche a non finire. E, a tale proposito, rammento un articolo di Umberto Veronesi pubblicato tempo fa su “Repubblica” che riassumeva benissimo le tesi di coloro che vorrebbero non solo ridurre, ma cancellare del tutto il programma di acquisizione di quel tipo di aereo. Il pezzo s’intitolava “Non comprate quei caccia: meglio costruire asili”, e le tesi ivi sostenute erano – almeno dal punto di vista di chi scrive – piuttosto sconcertanti.
Veronesi è uno scienziato, e notava che in un periodo di grave crisi economica come quello che stiamo attraversando il dibattito sull’acquisto di armi così costose è più che giustificato. Soprattutto rammentando i tagli alla spesa pubblica che i vari governi che si sono succeduti negli ultimi anni cercano di realizzare per ovviare ai guasti di un sistema di welfare che è negli anni cresciuto a dismisura, senza tener conto della sua sostenibilità finanziaria a lungo termine.
Il problema è che Veronesi – e quelli che la pensano come lui – partono da alcune assunzioni di fondo che paiono, come ho dianzi detto, sconcertanti, almeno per chi ritiene che l’Italia sia uno Stato che deve preoccuparsi di difendersi, e di difendere i propri cittadini, da possibili attacchi militari di potenze straniere. Secondo Veronesi, l’acquisto degli F-35 è non solo assurdo, ma anche contrario alla nostra Costituzione, il cui articolo 11 recita che l’Italia ripudia la guerra, se non come strumento di difesa. Notava nell’articolo: “i caccia sono armi di attacco, e chi mai l’Italia dovrebbe attaccare?”.
Tralasciando il fatto ovvio che gli aerei da guerra sono strumenti offensivi quando si attacca e difensivi quando si è aggrediti, si dà per scontato che la posizione geografica dell’Italia sia supersicura e che nessuno – neppure nel futuro – si sognerà di attaccarla. Secondo questa visione gran parte del mondo sta disarmando, ne è riprova il fatto che persino gli Stati Uniti riducono le spese militari e ritirano truppe dalle missioni all’estero. E poi una conclusione che per la verità sembra saltare qualche passaggio logico.
“La guerra è uno strumento barbaro per la risoluzione dei conflitti e barbari sono i suoi strumenti, le armi. Per fortuna sarà storicamente destinata a sparire, perché la pace è la condizione imprescindibile del progresso, economico, sociale, scientifico”. Di qui la necessità che l’Italia, “Paese pacifico per cultura”, non assuma una posizione antistorica proseguendo il programma di acquisto degli F-35.
Nessuno osa negare che la guerra è uno strumento barbaro per risolvere i conflitti, su questo punto il consenso è più o meno unanime. Almeno nei Paesi di democrazia liberale che s’ispirano ai valori dell’Occidente. Ma quali sono i motivi che inducono a ritenere con tanta sicurezza che essa sia storicamente destinata a sparire? In realtà i conflitti – regionali e non – sono più che mai vivi. Ci sono nazioni che si stanno armando a tappe forzate – si pensi all’Iran – o che spendono cifre astronomiche per rafforzare le proprie forze armate come la Cina. Senza trascurare il fatto che buona parte della cultura islamica considera la guerra quale atto necessario e doveroso.
In realtà il ragionamento di cui sopra si basa sulla solita idea degli “italiani brava gente” che non attaccano perché naturalmente miti, e proprio in quanto tali non verranno neppure aggrediti. Insomma un pacifismo a senso unico, e pure con una forte vena di utopia quando parla della fine inevitabile della guerra come strumento per dirimere le controversie. Tutti vorremmo la pace, a patto che pure gli altri la pensino così. E non pare davvero questa la situazione reale: forse i pacifisti a senso unico vivono in un altro mondo.
Il richiamo di Obama pare, insomma, tutt’altro che immotivato, pur con le dovute cautele dettate dal suo atteggiamento incerto e spesso poco comprensibile in politica estera. La pace non è gratis proprio perché non è considerata da tutti un valore supremo (anzi: è esattamente il contrario). C’è una bella differenza tra il desiderare la pace e l’essere imbelli di fronte a tendenze aggressive che continuano puntualmente a manifestarsi.
Featured image, Barack Obama.