La pantera, infine

Creato il 17 febbraio 2015 da Mcnab75

Cat People di Paul Schrader è un film unico nel suo genere.
Si tratta di un remake del celebre Cat People del 1942, diretto da Jacques Tourneur. Il capostipite è un cult, riconosciuto e affermato.
La leggenda del “popolo dei gatti”, viene fatta risalire a un’antica leggenda, risalente ai tempi di Re Giovanni di Serbia. Secondo tale racconto, una demoniaca tribù invase il villaggio natale di Irena (la protagonista del film) e convertì gli abitanti in seguaci del demonio. Quando re Giovanni cacciò la tribù satanica e vide ciò che erano diventati i residenti, li condannò a morte. Tuttavia, “il più saggio e il più malvagio” di loro fuggì.
La povera Irena scoprirà di essere una delle discendenti di questo superstite. Con lui condivide la medesima maledizione: si trasformerà in pantera se travolta dalla passione, dalla rabbia o dalla gelosia.

La protagonista del film originale è Simone Simon, attrice francese dalla vita movimentata.
Una bella donna, magnetica, mangiatrice d’uomini pur senza essere davvero una pantera mannara. Pensate che fu l’amante, tra i tanti, di George Gershwin e di Dušan Popov, una spia serba ingaggiata dai nazisti, che in realtà faceva il doppio gioco per i britannici.
Il ruolo di Irene era perfetto per lei, e infatti rimane una delle sue interpretazioni più riuscite.

Nel remake del 1982, arrivato in Italia come Il Bacio della Pantera, il ruolo di Irena (sì, c’è stato un lieve cambio di nome) toccò a Nastassja Kinski.
Bellissima, sensuale e al contempo virginale.
Quando la vidi per la prima volta in quel ruolo mi sembrò perfetta, sia per vestire (e svestire) i panni di Irena, sia come donna.

Nastassja è la figlia del talentuoso e controverso attore Klaus Kinski. Ottimo, mostruoso, luciferino interprete di quasi cento film, Klaus si trascinò nella tomba una serie di polemiche postume riguardanti i presunti abusi fatti a sua figlia Pola, che scrisse in un’autobiografia di essere stata violentata per anni dal padre.
Anche i rapporti tra Klaus e Nastassja sono sempre stati soggetti di illazioni e di dicerie. Di sicuro tra i due non correva buon sangue, anche se la personalità del padre esercitava una forma di attrazione-dominazione sulla figlia che aveva seguito le sue orme artistiche.

Le origini del Popolo Gatto del remake sono più ambigue rispetto all’originale.
Discendenti di genitori incestuosi e maledetti da questa forma di licantropia, Irena e suo fratello Paul sono spinti a trasformarsi in belve ogni qual volta consumano un rapporto sessuale. Inoltre, per tornare a essere umani, devono uccidere il loro partner, o comunque un qualunque mortale che ha la sfortuna di trovarsi nei paraggi.

Cat People del 1982 è più morboso, molto meno raffinato dell’originale.
Nel film del ’42 la pantera si mostra soltanto alla fine, giocando per tutta la pellicola con suggestioni, immagini, colori notturni.
Nel remake abbiamo un tripudio di erotismo e non poche scene ferali.
Sono due film diversi, che esaminano con modi estremamente differenti la questione della passione che può diventare “belva”, e quindi uccidere.

La leggenda sui “felini mannari” non è inventata di sana pianta, bensì ha un radicamento culturale nelle tradizioni folkloristiche indiane, anche se entrambe le pellicole hanno preferito dare un’origine europea a questa razza di famelici e sfortunati mutaforme (origine che, nel film del 1982, è meno definita rispetto a quello del 1942).
In India si pensa che il Popolo Gatto abbia poteri riconducibili a una particolare droga, che permette a chi la assume in maniera rituale di “cavalcare con le tigri”.
Esistono poi degli stregoni in grado di trasformarsi in tigri e pantere grazie ai loro spiriti-guida.

Anche l’Africa è ricca di leggende riguardante i felini mannari, in particolare leoni e leopardi (di cui le pantere, ricordiamolo, sono varianti cromatiche). Nella zona dell’Africa Equatoriale esistono molte storie sui leopardi mannari, ossia persone affette da licantropia, in grado di riprendere le sembianze normali solo dopo essersi cibati di carne umana. Ne parla perfino il noto antropologo ed esploratore Paul Du Chaillu (1831-1903) nel libro reportage A Journey to Ashango-land. Proprio queste macabre storie degli Ashango ricordano piuttosto da vicino i membri del Popolo Gatto protagonisti di entrambe le pellicole di cui vi ho raccontato in questo post.

Il film di Schrader non manca di eleganza, soprattutto nella fotografia. Ogni singolo fotogramma che riguarda la Kinski è puro charme, in un contorno di ambiguità che, per ragioni più o meno ovvie, nel 1942 potevano essere citate solo di sfuggita.
La colonna sonora di David Bowie aggiunge fascino al fascino.
Entrambi sono film da recuperare.
La Kinski invece è da adorare, e basta.

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(A.G. – Follow me on Twitter)


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