La prima della classe. Brava. Certo. Educata. Senza dubbio. Studiosa. Caspita. Però... E qui inizia il bello... E' un pò indisciplinata ecco. Simpatica ehhh...ma un pò Gian Burrasca. Ecco.
Questa è una rapida pennellata della sottoscritta fin dalla più tenera età.
Da quando ho tentato la prima fuga a diciotto mesi. Gatton gattoni (nel vero senso della parola) ho imboccato la strada della portafinestra e me ne sono andata al laghetto dei pesci. Una vaschetta per carità,situata in giardino. Ma secondo me nella testa aveva già quel colore invitante che poi avrei scoperto appartenere ad un nome: libertà. Di essere me stessa. Quell'indaco, rosa, bianco che profuma di "poter essere" e "poter fare". Ma la colpa, siori e siore, non è mia. E' della mi mamma. Perchè finchè le è stato concesso me l'ha insegnata lei la libertà. Per questo se la rideva sotto i baffi quando ai colloqui con le compassate suore dell'istituto privato (devi conoscere le regole per sovvertirle,diceva la mi mamma. Ecco perchè sono stata costretta a sorbirmi cinque anni di divise e di schemi ripetuti e preghiere ad orario) le dicevano che ero studiosa (una secchiona aggiungo io) ma...ero ecco, come Gian Burrasca. Perchè suor Alberta mica l'aveva presa tanto bene. "Indovina , indovinello chi fa l'uovo nel cestello?" "Il gatto" Come il gatto? Questa c'è, non ci fa , deve aver pensato l'anziana suora. E' suonata come una campana. Oppure maleducata perchè mi prende in giro. Via lettera di richiamo alla famiglia insieme all'invito per votare la Democrazia Cristiana alle elezioni prossime future. Perchè il gatto Monica? Perchè è una barba dire sempre la gallina. Una può dire gatto e inventarsi una storia fatta di gatti che fanno le uova e galline che diventano Zorro. La mia Gian Burrasca. A me sto Gian Burrasca però mica mi garbava poi cosi tanto. Mica mi piaceva sto nomignolo. Men che meno quella canzone. Men che meno che meno quell'odiosa zuppa che sapeva di pane e pomodoro. Roba per poppanti sdentati mica per una delle Charlie's Angels. Perchè io ero una Charlie's Angels. Quella bionda,Chris per intenderci. Ma 'sta zuppa girava spesso a casa mia. Come piatto economico e di sostanza. Col pane sciocco,rigorosamente di Terni. E mistero dei misteri, la mi mamma prendeva il mestolo e contava. Fino a sette. Boh forse era una strega. Poi la vita ha preso a girare vorticosamente. Io mi sono ritrovata da sola a dover cercare la libertà, senza più la mia mamma. E lentamente l'appellativo tenero di Gian Burrasca è diventato la pecora nera. Perchè se sei anticonformista da piccina sei quasi simpatica. Soprattutto con una madre forte dietro a sostenerti e a incoraggiarti nella tua diversità. Ma da grande no. Inizi a rompere gli equilibri e non solo. In famiglia,nei rapporti esterni, a scuola. E allora sei una pecora nera. Diversa. Ironia della sorte ho scoperto di aver nostalgia di quel nomignolo. Gian Burrasca. Mica era poi tanto male. E manco la sua pappa. Oggi la propongo spesso alle mie figlie che l'adorano. Una cucchiaiata di pappa al pomodoro e una di libertà. Quella che vi propongo è la ricetta trovata sul mensile "Sale e Pepe" dove finalmente ho trovato la spiegazione al mistero del "sette". Sette veli, ovvero la pellicina che si forma in cottura e che va rotta per sette volte con il mestolo per ottenere un ottimo risultato!Usate solo pane sciocco, cioè senza sale e raffermo. Pomodori maturi e pieni di sole. E gustatela tiepida!
La Pappa al Pomodoro
ingredienti:
1 chilo di pomodori maturi da sugo 2 cipolle rosse 2 spicchi di aglio 1 manciata di foglie di basilico 250 gr pane toscano senza sale raffermo 1 litro di brodo vegetale olio extravergine di oliva peperoncino in polvere sale Tagliate a dadini il pane. Affettate finemente le cipolle e fatele appassire con un pò di olio in un tegame con il bordo alto. Salatele, aggiungete il peperoncino. Unire i pomo dori schiacciati con le mani (o se preferite sbucciati e passati al passaverdure) e lasciate cuocere per una decina di minuti. Quando la salsa si sarà addensata, aggiungete il pane, l'aglio e il basilico e metà del brodo vegetale. Mescolare a puntino per far si che il pane si rompa e si gonfi. Versate il restante brodo (anche se vi sembra troppo). Lasciate cuocere per un pò senza mescolare. A questo punto la pappa dovrebbe iniziare a fare una leggera pellicina. Rompetela con il mestolo mescolando un pò. Proseguite la cottura fino alla formazione di un nuovo velo. Continuate cosi per sette volte (ci vorrà una mezz'ora in tutto). A fine cottura aggiungete un filo di olio extravergine e fate intiepidire.