Curiosa parabola, quella di Erskine Caldwell, a nemmeno un quarto di secolo dalla sua morte. C'è voluto un bell'articolo di Joe R. Landsdale sul Venerdì di Repubblica, alla vigilia della ristampa di alcune sue opere da parte dell'editore Fazi, perché mi riaffiorasse il vago ricordo di emozioni sepolte. Uno di quei libriccini dell'Einaudi con la copertina rigida e la costola bianca, per una collana miniera di folgoranti sorprese. E quella lettura avviata quasi per caso, un libro nemmeno acquistato, prelevato dallo scaffale paterno, perché quel titolo non era affatto male: La via del tabacco.
Grande scrittore, è stato Erskine Caldwell, uno dei migliori tra quanti ci hanno raccontato le atmosfere torride, la violenza, la poesia del Sud degli Stati Uniti. Degno di figurare assieme a gente quale William Faulkner e Flannery O'Connor. Solo che di lui alla fine si sono perse le tracce. Scrive Landsdale:
Essere popolari e prolifici non è mai un buon biglietto da visita per i critici, che privilegiano autori meno produttivi e più oscuri
Chissà se è questa la ragione, e se non debba essere chiamata in causa certo marketing sopra le righe per le sue edizioni economiche. O se piuttosto non abbia ben funzionato la solita opera dei bacchettoni e dei moralisti tutti di un pezzo, sempre pronti a gridare allo scandalo.
Certo, fa pensare comunque. A quanto è fragile la fama letteraria, a come svanisce un autore dalle librerie e dai ricordi. Poi, quando vien ristampato, ti sembra già troppo tardi.