In questo senso possiamo immaginare il dis-accordo come una specie di bivio di fronte al quale due soggetti che fino a quel momento erano andanti -appunto- d'amore e d'accordo, correndo insieme lungo la strada delle loro esistenze, ora si inceppano e uno vorrebbe andare a destra e l'altro vorrebbe andare a sinistra. È la paralisi. L'impossibilità di operare -appunto- una scelta, l'arresto del percorso di evoluzione che i due avevano intrapreso e, almeno fino lì, così ben interpretato. Due azioni sembrerebbero a questo punto possibili e entrambe controproducenti: o che una delle parti eserciti una forza persuasiva tale da ridurre l'Altro alle sue ragioni (perché è più forte fisicamente, psicologicamente, economicamente) o che la coppia accetti la paralisi del disaccordo (decida cioè di non decidere, ossia di non evolvere). In entrambi i casi la mediazione (coniugale o familiare che sia) si pone come possibile terza via: laddove il conflitto rischia di esser distruttivo ma anche laddove il conflitto non c'è (o è rimosso, negato) e invece dovrebbe esserci. È la possibilità di sostare in un sana relazione che non rinuncia a confliggere senza mai arrivare a sconfiggere. Così potremmo, in modo un po' originale, sintetizzare, a mio avviso, l'amore, ossia, in tutte le sue forme e manifestazioni, la più grande invenzione dell'uomo: "non rinunciare a confliggere senza mai arrivare a sconfiggere". Ma pare che questa terza via sia di difficile uso per l'uomo e per l'uomo contemporaneo soprattutto. Da qui la necessità di una sana educazione al conflitto.
In questo senso possiamo immaginare il dis-accordo come una specie di bivio di fronte al quale due soggetti che fino a quel momento erano andanti -appunto- d'amore e d'accordo, correndo insieme lungo la strada delle loro esistenze, ora si inceppano e uno vorrebbe andare a destra e l'altro vorrebbe andare a sinistra. È la paralisi. L'impossibilità di operare -appunto- una scelta, l'arresto del percorso di evoluzione che i due avevano intrapreso e, almeno fino lì, così ben interpretato. Due azioni sembrerebbero a questo punto possibili e entrambe controproducenti: o che una delle parti eserciti una forza persuasiva tale da ridurre l'Altro alle sue ragioni (perché è più forte fisicamente, psicologicamente, economicamente) o che la coppia accetti la paralisi del disaccordo (decida cioè di non decidere, ossia di non evolvere). In entrambi i casi la mediazione (coniugale o familiare che sia) si pone come possibile terza via: laddove il conflitto rischia di esser distruttivo ma anche laddove il conflitto non c'è (o è rimosso, negato) e invece dovrebbe esserci. È la possibilità di sostare in un sana relazione che non rinuncia a confliggere senza mai arrivare a sconfiggere. Così potremmo, in modo un po' originale, sintetizzare, a mio avviso, l'amore, ossia, in tutte le sue forme e manifestazioni, la più grande invenzione dell'uomo: "non rinunciare a confliggere senza mai arrivare a sconfiggere". Ma pare che questa terza via sia di difficile uso per l'uomo e per l'uomo contemporaneo soprattutto. Da qui la necessità di una sana educazione al conflitto.