Pubblichiamo il vincitore del concorso lanciato da LoSpazioBianco e Panini Comics legato al film di Capitan America che metteva in palio volumi a fumetti sulla “Sentinella della libertà”. La miglior recensione giunta in redazione, secondo il parere dei nostri redattori, è risultata quella di Mirko Ambrosi, che potete leggere qui di seguito.
Quando si va a vedere un film di supereroi da lettore dei loro fumetti è come portare con sé un’intera comitiva di spettatori. Dalla visione della pellicola in poi, ogni volta che capiterà che ci venga chiesta un opinione su di esso, sembrerà rispondere una persona diversa.
Captain America – Il primo vendicatore ha la particolarità di soddisfare tutte le anime che separano il lettore dallo spettatore.
L’amante del fumetto, che cerca fedeltà assoluta a quanto ha letto fino a poche ore prima di essere di fronte allo schermo, non potrà mai negare che Chris Evans parli e si comporti come lo Steve Rogers più autentico.
L’ Evans rachitico e debole, ottenuto con chissà quali effetti speciali, mostra una morale tanto idealista e pulita da far venire in mente il più ingenuo dei cartoni animati e solo quando lo si vede reagire con tenacia e testardaggine fuori misura, quasi pericolose, le sue parole sembrano essere realizzabili.
Capitan America ha sempre incarnato questo: l’eroe che sembra vivere in un sogno utopico e irrealizzabile ma che con le sue azioni e la sua perseveranza riesce a renderlo concreto e possibile agli occhi di chi lo vede in battaglia. Sceneggiatori e regista sono riusciti a rendere perfettamente questa sfumatura del personaggio.
Chris Evans ha indovinato e riesce a trasmettere quella gentilezza, quell’empatia e quel modo di approcciare l’altro che fanno da sempre parte del Capitano.
Tuttavia ogni lettore di fumetti avrà un lato di sé che di tanto in tanto lo riprende quando il nerdismo e l’assuefazione al “sacro testo fumettistico” raggiungono livelli fastidiosi e imbarazzanti. A quel punto subentrano gli ironici e sempre adeguati dialoghi che gli sceneggiatori hanno messo in bocca agli attori che smorzano lo “stress” delle aspettative verso ciò che si sta guardando.
Il fatto poi che in ogni spettacolo vi fosse un pugno ad un sosia di Hitler come sulla copertina del primo numero in cui il protagonista del film sia mai apparso sembra essere la prova che ad un certo punto tra il lettore-spettatore e il regista si rompa irreversibilmente il ghiaccio.
Un altro tipo di spettatore che si annida nel lettore è poi quello che per mesi ha quasi vegliato sulla produzione sondando ogni news proveniente dalla rete. Il film diviene quasi uno spettacolo teatrale di cui il lettore ha visitato il backstage e sa o immagina il perché di questa o quella scelta.
Discorso simile per le armi e le apparecchiature dell’H.Y.D.R.A.
A un occhio malizioso potrebbero sembrare troppo parodistiche e simili a giocattoli.
Tuttavia si tratta di un film ambientato settanta anni fa, quando di fronte a simili novità tecnologiche il gusto estetico era molto meno importante rispetto alla funzionalità e alla praticità. Basta guardare a svariate tecnologie reali di quegli anni con l’occhio moderno.
Infine in alcuni momenti il lettore ragiona come un comune spettatore che vuole solo un film onesto, una trama lineare e priva di forzature, divertimento e scene follemente movimentate. Una pellicola che possa piacere anche a chi non è un fan di gente che fa cose impossibili e si veste con una calzamaglia. Chi adora questi personaggi vuole che piacciano a chi ha intorno come un padre vuole che il proprio figlio sia accettato e inserito nella società.
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