La pattumiera del mondo. Il traffico di rifiuti tra l’Italia e vari paesi poveri

Creato il 25 giugno 2010 da Marraiafura

Sostiene Greenpeace che una rete criminale abbia gestito per anni un traffico illecito di rifiuti pericolosi tra l’Italia e vari paesi poveri, tra cui in particolare la Somalia. Lo sostiene in un dettagliato rapporto, nel quale non manca di fare nomi e cognomi, e che è stato ripreso anche dall’Espresso.

Quello che ne viene fuori è un giro di affaristi senza scrupoli e società a loro legate – costituite in paradisi fiscali, ça va sans dire – che ripulivano le industrie da rifiuti pericolosi il cui smaltimento legale sarebbe stato troppo costoso nella civile Europa. I rifiuti venivano stipati in container e caricati su navi dirette a paesi poveri, dove era facile convincere qualcuno ad accettare gli scarti del mondo industrializzato in cambio di soldi o armi. Quando l’affare non andava in porto, in tutti i sensi, le navi venivano semplicemente affondate nel mezzo del Mediterraneo.

Rimane da capire quali siano i rischi per la salute pubblica connessi con la presenza, anche vicino alle coste, di rifiuti di ogni genere, inclusi probabilmente residui ospedalieri, scorie radioattive, e via dicendo.

Ma anche quando i rifiuti arrivavano a destinazione, di certo non venivano trattati in modo appropriato. Il più delle volte finivano per essere comunque scaricati in mare, o usati come “materiale da costruzione”. Nel rapporto di Greenpeace vengono rese pubbliche foto che dimostrano come le banchine del porto di Eel Ma’aan, in Somalia, poggino curiosamente su container, pieni di non-si-sa-bene-cosa.

E quel porto lo fece costruire, nei primi anni novanta, un oscuro personaggio, l’italiano Giancarlo Marocchino, coinvolto anche nell’inchiesta sull’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, che pare investigassero proprio sul traffico di rifiuti pericolosi e di armi tra Italia e Somalia.

In altri casi, sostiene sempre Greenpeace, carichi di rifiuti tecnologici sono stati spediti in paesi quali il Ghana e la Nigeria, dichiarandoli alle autorità doganali come beni di seconda mano, quando invece si trattava in gran parte di aggeggi ormai inutilizzabili e destinati unicamente alla discarica. Solo che, in paesi privi di complicate regolamentazioni, manca completamente la tutela della salute di chi smaltisce i rifiuti, e di chi vive nei pressi delle discariche.

Insomma, il problema dei rifiuti ha ripercussioni a livello globale: aggirare le normative di un paese è un po’ come nascondere la polvere sotto il tappeto, e per giunta in casa altrui. Il problema rimane, si ingigantisce, ed un giorno potrebbe tornare indietro come un boomerang.

Forse non saranno colpiti direttamente i criminali che hanno lucrato su quei traffici, ma visto che (quasi) tutti mangiamo pesce del Mediterraneo o banane e cacao importati da paesi africani, sarebbe meglio anche per noi se non fossero “concimati” da sostanze tossiche. E ovviamente, sarebbe meglio pure per gli africani, a cui per ora, dello sviluppo economico, è toccato solo il marcio