Il racconto della battuta di domenica scorsa ha dell’incredibile. E non per fare sensazionalismo spiccio, ma proprio perché se non l’avessi vissuta in prima persona, con ogni probabilità, l’avrei derubricata velocemente a spacconata da pescatori. Ma andiamo con ordine seguendo le parole del protagonista, l’ultimo acquisto della sempre più nutrita cricca degli Officials Friends di Anonima Cucchiaino: Frank.
Veloce nota sull’attrezzatura. Andiamo ad aspi e quindi abbiamo attrezzature commisurate alle prede: canne da 6’6” di vocazione marina e mulinelli 4000 imbobinati di treccia da 30 lb. per me e Pietro, canna da 7’ per un’oncia abbinata a un Catana 2500 entry level riempito di trecciato Power Pro da 15 lb. per Frank. Chi ha pensato leggendo il titolo “beh, siluro 190 non è certo un record” leggendo le condizioni della cattura si ricrederà di certo…
Anche il sabato sera prima era stato strano. L’avevo passato a sistemare esche e preparare l’attrezzatura invece di uscire. Anzi ho anche costruito un’esca e sono andato a nanna presto (02:00)! Avevo addirittura deciso di fare il fondo di nylon al tracciato, e così ho fatto. Il giorno dopo, stranamente puntualissimo all’appuntamento, incontro la Serie A: Jacopo e Pietro sono pronti per la grande caccia agli aspi. Arriviamo al primo spot (con tutta la calma del mondo N.d.R.) e, al contrario del solito, c’è gente. La prima esca che lancio è quella che mi sono costruito la sera prima: due ondulantini appaiati, uno argento e uno oro, con un grub bianco sull’amo, consiglio prezioso ricevuto dagli anonimi.
Niente.
Jacopo niente.
Pietro niente, ma dopo un paio d’ore ha decde di partire in solitaria in cerca di spot più promettenti, quindi il suo pallottoliere resta in sospeso. Cambio esca e monto un Ardito da 8 doppiato e alla cui ancoretta originale attacco, ancora, il solito grub bianco.
Faccio qualche lancio. Jacopo si sta fumando una ‘siga’, nei suoi occhi leggo: “Appena torna Pietro cambiamo spot”. La tentazione di sedermi accanto a lui e accendermene una anch’io, c’è. Poi decido di fare un ultimo lancio, il più lungo possibile in piena corrente a centro del fiume. Il perché non lo so. (Perchè gli dei avevano puntato il loro dito su di te… N.d.R.) Aspetto che l’artificiale si adagi sul fondo per farlo saltare un po’. Recupero, abboccata, ferro.
Solo che lo sento bloccato forse ho preso ancora una volta il fondo, il tempo di imprecare e la mia frizione parte sibilando come se avessi messo un 33 giri dei Megadeth a 45 giri. Jacopo vede la mia “cannetta” piegarsi in due, si alza e, nel farlo, anche lui vede quello che vedo io. A 30 metri da noi, una coda di almeno 70 cm esce dall’acqua. In un attimo è di fianco a me per assistermi.
Frank è un siluro.
Il pesce tira così tanto che io non posso neanche regolare la frizione, me la chiude Jacopo. Un po’ come quei DJ che aiutano quello che sta suonando dopo “Hey amico avevo gli alti appalla tò, te li rimetto a posto cosi puoi pompare i bassi” avete presente? O sono io? Insomma, parte una lotta che definirla apocalittica è poco. Devo gestire la mia cannetta e il mio mulo con tutta la forza delle braccia, “pompando” un recupero tipo pesca d’altura.
Dopo 5 minuti che sembrano durarne venti, mi rendo conto che gli sforzi per recuperarlo sono quasi vani ogni volta che abbasso la canna e riesco a recuperare un metro di filo, rialzandola il pesce me ne porta via 2, passo qualche altro minuto così cercando di “tenerlo” il più lontano possibile dalla corrente. La mia fortuna è che il bestione fluviale ha deciso di non lanciarsi in mezzo al fiume e farsi aiutare dalla corrente ma di muoversi a zig zag nei punti vicino ai sassi, vicino a riva, e di ancorarsi a questi tipo lottatore di sumo. Questa è una fortuna. Fosse entrato in corrente probabilmente avrei fatto qualche chilometro di sci d’acqua e mi sarei ritrovato nel grande fiume Po, o più semplicemente avrebbe spaccato qualcosa della mia attrezzatura.
Ad ogni centimetro recuperato penso nell’ordine: trecciato da 15 libbre, ardito 8 con ancoretta originale, mulinello 2500. So che una di queste cose cederà, è da vedere se sarà l’ancoretta ad aprirsi, la treccia a rompersi o il mulinello a sgranare in mille pezzi. Per la prima volta nella vita spero che il pesce sia più piccolo di quello che penso, ma di certo non può essere più corto del metro. Davvero sto per mollare, non tanto per paura di rompere parte o un pezzo dell’attrezzatura, ma perché sto sudando, ho male alle braccia e non riesco a girare la manovella. Poi penso, no.
Che si rompa tutto ma io non taglio.
Una volta spiaggiato controllo l’esca in bocca, il cucchiaio è appuntato appena dietro la linea dei denti con un solo amo agganciato e, ovviamente, tutti gli ami dell’ancoretta sono leggermente aperti. Siamo basiti. Corro a cercare Pietro che mi racconta della breme che l’aveva fatto sperare in qualcos’altro e mentre ritorniamo Jacopo sta misurando il silurus glanis: 130, 140, 150, il metro è finito e manca un quarto di pesce. Completiamo le operazioni di misurazione: 190 cm pieni! Un piccolo gruppo di pescatori si è raccolto vicino a noi per vedere il pescione, spinner e passatisti, tutti meravigliati e testimoni dell’accaduto.
Cambiamo spot ma io sono svuotato, non penso che pescherò anche perché mi tremano le mani, sono carico di adrenalina e di acido lattico nelle braccia. Il solo pensiero di prendere altri
C’è una morale? Una messaggio divino?
Non lo so. Certo che se una treccia, è tarata per reggere si e no 8 Kg e ne è uscito un pesce che ne pesava ben più di 50 o 60 kg e che ha mangiato un esca pensata per pesci di un decimo della sua taglia, qualcosa di mistico c’è. Non posso aggiungere altro, se non ringraziare Jacopo, con cui vorrei condividere questa cattura, senza i suoi consigli ed il suo aiuto non sarei mai riuscito a portarlo fuori dall’acqua. E poi vorrei ringraziare il mio mulinello, il tenero Shimano Catana 2500. Preso spesso in giro poiché umile, ma si sa l’umiltà è una grande virtù perché gli umili sembrano dimessi, e spesso alle parole, preferiscono far parlare i fatti!
Ecco, ora sapete, per filo e per segno, la vera verità di com’è andata veramente per davvero… Parlando con alcune eminenze grigie dello spinning sono saltate fuori due possibili spiegazioni: la prima è che fosse talmente sazio di grosse prede da non riuscire a offrire la benché minima difesa, un po’ come un umano dopo il pranzo di Natale che mangia l’ultimo pasticcino ma è ormai collassato sul divano. La seconda teoria, che poi è la più accreditata dagli esperti, sostiene che, visto il punto in cui aveva fatto presa l’amo, il pesce sentisse un forte dolore ad ogni trazione e che quindi abbia “docilmente” seguito il recupero senza lottare. Una o entrambe queste cose possono spiegare meglio questo x-file alieutico, con buona pace di tutti. Perché è ovvio che se un pesce di quella taglia avesse lottato sul serio sarebbe stato impossibile portarlo a riva.
Tuttavia questa storia fa riflettere. Come dicevo prima, se non avessi seguito ogni istante coi miei occhi farei fatica a crederci anche se me lo raccontasse qualcuno di cui mi fido.
Assistere a qualcosa di virtualmente impossibile non può non far pensare che alcuni di quegli episodi “dubbi” che si sentono ogni anno possano realmente essere veri… non voglio promuovere un trattato di credulonità a tutto quello che viene detto dai pescatori (noti contapalle a livello planetario), ma dar credito a chi è serio, sì. Questo episodio è frutto di una concatenazione di eventi fortuiti che hanno portato al compimento di un prodigio quasi impossibile da ripetere, quindi se bisogna trovare una morale a questa storia non è certamente quella di andare a pescare squali con la canna da reali.
Certo, il caso ci mette sempre lo zampino e non è difficile che mentre si fa ballare un jiggettino sul fondo si incocci in un luccio, ma in quei casi si può fare poco. Per il resto questa storia potrebbe quasi risultare “diseducativa”, perché anche se in questo caso la cattura è riuscita con attrezzatura sottodimensionata è una verità assoluta che bisogna sempre, SEMPRE, commisurare la propria attrezzatura alla preda che vogliamo insidiare! Per evitare di stressare oltremodo un pesce con combattimenti inutilmente lunghi, per evitare di veder andar via una preda con 10 metri di filo e un nuovo piercing in gola e avere parecchie chances in più di portare a riva una delle creature che popolano i nostri sogni.
Rock ‘n’ Rod!