Quando la fretta, per uno scrittore, è cattiva consigliera.
Viviamo in tempi in cui la velocità e la capacità di dare una molteplicità di risposte immediate a diversi stimoli provenienti dalla realtà fisica o virtuale vengono considerate un bene prezioso, un vantaggio.
La nostra attenzione viene quasi rubata da questi stimoli che, come inaspettate scintille, catturano la nostra mente confondendola sul reale significato di “produttività” e “creatività”. Pensiamo al potere che hanno su di noi i social network, o gli smartphone, o ancora la valanga di email che ci arrivano ogni giorno. Secondo recenti studi tutti questi elementi non solo ci sottraggono tempo e concentrazione, dandoci solo l’illusione di essere più produttivi, ma favorirebbero un tipo di pensiero più superficiale, meno radicato nel profondo della nostra coscienza.
Proprio il giusto grado di riflessione che serve allo scrittore (e non solo) per meditare e creare. Molti ritengono, a torto, che questa figura quasi mitica, ammantata di un’aura quasi divina, possa scrivere storie semplicemente rimanendosene seduto alla scrivania e che ogni frase esca di getto già perfetta (come se la perfezione esistesse!). Insomma, dalla Musa all’autore in una sorta di catena letteraria indissolubile.
Le cose, però, non stanno proprio così: in pochi riescono a realizzare davvero il fatto che la scrittura richieda impegno, tempo e grande forza di volontà. Non solo; un autore, prima di prendere in mano la penna o la tastiera deve vivere, osservare e studiare. Parliamo di un pensatore, di una persona che legge, fa ricerche che possono protrarsi anche per anni, guarda il mondo e da esso trae la vera ispirazione.
Quest’ultimo concetto è importantissimo. L’ispirazione può non essere immediata e, comunque ha bisogno di una motivazione costante per alimentarsi e viceversa, in un circolo virtuoso che porta all’opera compiuta. Lo scrittore ha bisogno di un certo grado di isolamento, di solitudine con se stesso per cominciare davvero a definire la storia giorno dopo giorno.
Prendiamo Margaret Mitchell, l’autrice di Via col Vento. La stesura del celebre romanzo le richiese tre anni e tutta la sua esperienza di giornalista. A quanto si racconta, prima di inserire un dettaglio storico, la Mitchell si assicurava che fosse veritiero ricercandolo attraverso più fonti; se almeno quattro di queste riportavano lo stesso particolare, allora questo diveniva parte della storia.
Oppure ricordiamo il grande Victor Hugo, che scrisse “I Miserabili” in ben quindici anni. Esempi del genere ce ne sono tanti e tutti hanno tre caratteristiche comuni: ricerca, riflessione e tempo. Ciò significa non pensare nell’immediato alla pubblicazione e non avere altre preoccupazioni di questo tipo. L’importante, dunque, è concentrarsi a lungo, studiare e solo dopo scrivere, consapevoli del fatto che si sta iniziando un vero e proprio viaggio costituito da fasi alterne e non tutte allo stesso livello di difficoltà.
In questo sta la pazienza dello scrittore: egli ha un messaggio, allegro o triste, serio o spensierato. Vuole dirci qualcosa attraverso le storie che crea ma, per farlo, ha bisogno del giusto tempo e di tanta volontà, perché osservare il mondo di oggi e studiare il passato per poi intessere trame con la stessa costanza del ragno non è un’operazione da poco.
Mai come in questo caso, quindi, la fretta è cattiva consigliera. Tutto segue il giusto corso, una precisa maturazione, dalle piante, agli esseri umani. Perché il discorso non dovrebbe valere per la scrittura (la quale è un prodotto della fantasia umana)?
Si scrive e si vive alternando, nel modo giusto, solitudine a socialità. Nessuno può dirci quanto tempo impiegheremo a progettare e scrivere il nostro romanzo. Allo stesso modo nessuno può “insegnarci” l’ispirazione, né a trovare il luogo o lo strumento giusto (penna o computer) per scrivere e neppure possono essere impartite lezioni di concentrazione. Tutto questo va cercato e trovato dentro di noi insieme alla voglia di raccontare e alla pazienza di modellare una trama e veder crescere i personaggi nella nostra testa e, successivamente, sul foglio.
Se è vero, parafrasando Whitman, che possiamo contribuire alla meraviglia della vita con il nostro verso, è anche vero che dobbiamo trovare il momento giusto per pensare questo verso, prima di lasciarlo andare tra le strade del mondo.
by Francesca Rossi