Albert Einstain affermava che “Il nostro pensiero crea dei problemi che quello stesso tipo di pensiero non è in grado di risolvere”.
Principio questo dettato da un uomo che ha conosciuto direttamente il disagio oggettivo e soggettivo o interiore, dato che era affetto da Asperger e da Dislessia evolutiva.
Anzi egli è anche con la sua geniale diversità è artefice del principio della relatività per la dimensione spazio-tempo, che, a mio parere, è applicabile in ogni ambito di vita personale e sociale, e in particolare, medico-scientifico e religioso.
Infatti, in merito a ciò lo scienziato Einstain ancora dichiara: “Vi sono due modi secondo cui la scienza influisce sulla vita dell'uomo.
Il primo è familiare a tutti: direttamente ancor più indirettamente la scienza produce strumenti che hanno completamente trasformato l'esistenza umana.
Il secondo è per sua natura educativo, agendo sullo spirito.
Per quanto possa apparire meno evidente a un esame frettoloso, questa seconda modalità non è meno efficiente della prima”.
In ogni settore intellettuale e tecno-scientifico si parla spesso con presunzione di verità e non di relatività, difendendo a denti stretti il proprio orticello.
E’ oramai certo che l’essere umano è unità inscindibile di mente e corpo e che quindi non può non essere assolutamente considerato nella sua globalità, attraverso le quali esperiamo ed esprimiamo la nostra singolare spiritualità ossia quel granello di verità che è in ogni persona.
Ogni pratica e ricerca ha come obiettivo deontologico e ontologico di garantire il benessere emozionale, mentale e spirituale o creativo del singolo e di conseguenza della comunità umana e che le discipline mediche e umanistiche convengono tutte a quest’unico scopo.
Eppure molti disagi anche di natura cognitiva e di apprendimento in età evolutiva sono trattati in ambito sanitario senonchè privato non nella multidisciplinarietà delle professioni ma secondo un intervento scientifico riconosciuto e autorizzato di diritto dalle istituzioni e unità sanitarie locali, non intervenendo di fatto per una buona prassi con strategie educative e riabilitative integrate o alternative anche di carattere pedagogico-didattico affinchè sia garantita di diritto anche costituzionale e internazionale alla crescita globale della persona e quindi al superamento di ogni sorta di ostacoli che garantisca pieno sviluppo della personalità dell'individuo nelle sue componenti psico-affettive ed emotive.
Senza nulla togliere al lavoro puntiglioso, ad esempio, della logopedia e di altre discipline mediche di carattere riabilitativo per il deficit del linguaggio e dell’apprendimento e dei disturbi correlati, ritengo, per esperienza professionale diretta, che la pedagogia è un valido strumento per aprirvi attraverso il mentale e l’immaginazione creativa le porte dello spirito.
La pedagogia rispetto alla logopedia e alla neuropsichiatria è una disciplina in grado di smuovere le forze inconsce, di spronare il minore affetto da disagio e svantaggio a tirar fuori tutte quelle qualità o risorse interiori che consentiranno nel tempo di fare il salto di qualità e giungere con successo ai risultati attesi.
La pedagogia nella sostanza non considera ad esempio la dislessia come problema, un limite o una patologia da combattere ma un’opportunità da valutare e osserva questa situazione sotto un’ottica positiva: è questa la chiave dell’autoguarigione.
Anzi la pedagogia insieme anche alla pratica religiosa e/o cristiana senonchè alla meditazione, è in grado di rafforzare le fondamenta dell’individuo per dare così una progressiva svolta all’esistenza di chi è in disagio cognitivo, emozionale e relazionale.
Oggi sono sempre più in tanti bambini e adolescenti che si rivelano dolenti e affaticati e non sempre sostenuti nelle fondamenta, tant’è che somatizzano a livello fisico e cognitivo il disorientamento e la confusione educativa e valoriale in cui soggiace la realtà sociale ed istituzionale.
Per questa emergenza è dunque necessario una concertazione multidisciplinare di tutte le professioni specializzate al recupero del Disturbo Specifico dell’Apprendimento (Dislessia, discalculia) e del DDA/I (Deficit da Disturbo dell’Attenzione/Iperattività) e dei disturbi correlati.
Ma prima di stabilire un servizio integrato alla persona credo che sia importante che i ricercatori medici e i specialisti dell’educazione escano dal pessimismo storico e si diano un nuovo e positivo orientamento educativo.
Considerare la situazione patologica o di disagio come una condizione permanente per l’individuo, dal quale non c’è alcuna possibilità di autoguarigione, non è assolutamente “ortodosso”, umano e, ancor più, etico dichiarare con presunzione dal principio che il problema, come quello della dislessia, è una condizione inguaribile. Sifatto negativo atteggiamento non può far altro nel deficitario e nei tutori del minore spegnere ogni speranza, a tal punto da influire negativamente e senza scampo sul possibile recupero del deficitario, arrestando l’energia e l’entusiasmo a superare se stesso, sperimentarsi ed esplorare con accesa curiosità e serenità il mondo.
C’è però la pedagogia dei valori che crede nel recupero e nella possibilità di una progressiva autoguarigione nel bambino, attraverso la ricostruzione di un rapporto di reciproca fiducia dei genitori con il terapeuta; che crede che il successo sia possibile solo se l’educatore specialista accresce attraverso di sè la fiducia e l’autostima nel bambino, dato che, a mio parere, il problema manifesto, per esperienza acquisita in consulenza pedagogica, non è solo funzionale e strettamente legato all’incapacità di scrivere e leggere correttamente o di tipo comportamentale e relazionale, ma ha radici più profonde.
Credo, allora, per siffatta ragione che sia giusto per le famiglie senza alcun filo di speranza di non cedere alle lusinghe di incoscienti che propongono come soluzione immediata e definitiva la farmacoterapia.
E ritengo che sia più onesto, utile e vantaggioso per i servizi sanitari pubblici attuare un piano d’intervento integrato di tutte le professionalità, in modo da considerare e affrontare le situazioni di disagio cognitivo e psicologico nella loro globalità.
E penso, sento e credo, per esperienza diretta, che la pedagogia sappia dare il suo efficace contributo nel recupero dal deficit o disturbo cognitivo e nella formazione genitoriale.
Eh sì, formazione genitoriale: non si può dimenticare il valore della famiglia, il valore dell’educazione e poi anche della formazione dei genitori presso strutture accreditate per divenire sempre genitori consapevoli capaci di rispondere con assertività ai bisogni dei figli che non sono solo di natura materiale, ma affettiva, emotiva e spirituale.
Educarsi dunque a una vita esemplare con atteggiamenti e sentimenti che non entrano in contrasto con il sano mondo interiore del bambino e non sono contraddittori ai sani principi etici e valori iscritti nel cuore dell’uomo. E’ questo è il punto di partenza o la ciliegina sulla torta per una vita salutare sia per se stessi che per il proprio figlio.
E allo stesso tempo non si può tacere di fronte al perbenismo di famiglie che non accettano la condizione attuale di svantaggio dei figli e con specifici disturbi dell’età evolutiva, rendendo con questo atteggiamento ancora più invalidante il figlio e tracciando di conseguenza un futuro fallimentare personale e sociale.
Se l’humus è fertile e di qualità allora la pianta in divenire (figlio) assimilerà quelle sostanze che lo sosterranno anche nella manifestazione di difficoltà specifiche di apprendimento. E se il figlio sarà sostenuto con comprensione e amore ogni problema diverrà opportunità di successo (email: gennarotortorella@libero.it)
Gennaro dott. Tortorella
Pedagogista e consulente somatopsichico