Questi sono i pensieri che ho avuto ieri sera, dopo aver visto "Romanzo di una strage", la ricostruzione della strage di Piazza Fontana a Milano nel '69 e di alcune sue conseguenze: le morti di Pinelli, di Calabresi, lo stragismo di stato, mascherato ora di destra, ora di sinistra, ora anarchico. Il film non è perfetto sia chiaro e non potrebbe né dovrebbe esserlo, essendo una ricostruzione che si basa su testi, testimonianze ma anche su ipotesi non avvalorate. C'è un bellissimo gruppo di attori che ha dato il massimo (e Mastandrea spicca su tutti con il commissario Calabresi, stavolta perfino su Favino/Pinelli). Ma il vero valore del film è aver riacceso (seppur di poco) le polemiche e l'attenzione sul momento cruciale della democrazia italiana. In questi due anni, tra i festeggiamenti dei 150 anni dell'unità, la crisi della politica italiana e l'arrivo del governo tecnico "salvatore della patria", ci si è molto interrogati sul valore della democrazia in Italia. A tal proposito è capitato a cecio l'aver appena terminato di leggere il pamphlet di Corrado Augias "Il disagio della libertà. Perché agli italiani piace avere un padrone". Ci pensavo ieri, mentre vedevo il film di Marco Tullio Giordana : negli anni a cavallo tra i 60 e i 70, tra il boom e gli anni di piombo, l'Italia corse il serio rischio di finire con un colpo di stato (i cui prodromi furono quelli del tentato golpe di Junio Valerio Borghese). A mio avviso, gli elementi di successo per tale desolante avvenimento, si sarebbero potuti ritrovare anche in una certa parte, forse non preponderante ma numerosa, della popolazione italiana. Una sorta di sovranità limitata, una democrazia controllata da un lato da elementi dello stato e delle forze armate e dall'altro da nazioni occidentali (Usa, Francia e Gran Bretagna), avrebbe trovato humus fertile in una fascia di popolazione che vedeva con fastidio le lotte giovanili e le rivendicazioni delle forze lavoratrici. Il problema della dietrologia è che la storia del nostro paese, proprio a partire dalla bomba di piazza Fontana ha iniziato un percorso ancora non finito su questo versante. Dopo Milano (e ricordo che solo quel giorno ci furono 5 attentati tra Roma e Milano) vennero: Piazza della Loggia a Brescia, l'Italicus, il rapido 904, il rapimento Moro nonché lo stesso omicidio Calabresi, Ustica, le bombe "mafiose" di Firenze Milano e Roma e gli attentati a Falcone e Borsellino; fino ad arrivare a Genova 2001, con la Diaz (sta per uscire un film anche su quelle vicende). Ed in tutte queste vicende c'è un unico fil rouge : la mancanza di colpevoli, di colpe certe. Continui colpi di scena, testimonianze ritrattate, tempi biblici, omissioni e cavilli burocratici. L'unica certezza in tutti questi avvenimenti è la sofferenza e lo strazio di chi ha perso la vita e dei familiari che non avranno mai giustizia. Forse è per la stanchezza ed il disincanto che sta avvolgendo questo paese che il film di M.T. Giordana non sta riscuotendo grande interesse da parte del pubblico. Ripeto, non è un film perfetto, ma era un dovere farlo e dovrebbe essere un dovere vederlo, parlarne ed esigere LA VERITÀ', LE VERITÀ'.
Questi sono i pensieri che ho avuto ieri sera, dopo aver visto "Romanzo di una strage", la ricostruzione della strage di Piazza Fontana a Milano nel '69 e di alcune sue conseguenze: le morti di Pinelli, di Calabresi, lo stragismo di stato, mascherato ora di destra, ora di sinistra, ora anarchico. Il film non è perfetto sia chiaro e non potrebbe né dovrebbe esserlo, essendo una ricostruzione che si basa su testi, testimonianze ma anche su ipotesi non avvalorate. C'è un bellissimo gruppo di attori che ha dato il massimo (e Mastandrea spicca su tutti con il commissario Calabresi, stavolta perfino su Favino/Pinelli). Ma il vero valore del film è aver riacceso (seppur di poco) le polemiche e l'attenzione sul momento cruciale della democrazia italiana. In questi due anni, tra i festeggiamenti dei 150 anni dell'unità, la crisi della politica italiana e l'arrivo del governo tecnico "salvatore della patria", ci si è molto interrogati sul valore della democrazia in Italia. A tal proposito è capitato a cecio l'aver appena terminato di leggere il pamphlet di Corrado Augias "Il disagio della libertà. Perché agli italiani piace avere un padrone". Ci pensavo ieri, mentre vedevo il film di Marco Tullio Giordana : negli anni a cavallo tra i 60 e i 70, tra il boom e gli anni di piombo, l'Italia corse il serio rischio di finire con un colpo di stato (i cui prodromi furono quelli del tentato golpe di Junio Valerio Borghese). A mio avviso, gli elementi di successo per tale desolante avvenimento, si sarebbero potuti ritrovare anche in una certa parte, forse non preponderante ma numerosa, della popolazione italiana. Una sorta di sovranità limitata, una democrazia controllata da un lato da elementi dello stato e delle forze armate e dall'altro da nazioni occidentali (Usa, Francia e Gran Bretagna), avrebbe trovato humus fertile in una fascia di popolazione che vedeva con fastidio le lotte giovanili e le rivendicazioni delle forze lavoratrici. Il problema della dietrologia è che la storia del nostro paese, proprio a partire dalla bomba di piazza Fontana ha iniziato un percorso ancora non finito su questo versante. Dopo Milano (e ricordo che solo quel giorno ci furono 5 attentati tra Roma e Milano) vennero: Piazza della Loggia a Brescia, l'Italicus, il rapido 904, il rapimento Moro nonché lo stesso omicidio Calabresi, Ustica, le bombe "mafiose" di Firenze Milano e Roma e gli attentati a Falcone e Borsellino; fino ad arrivare a Genova 2001, con la Diaz (sta per uscire un film anche su quelle vicende). Ed in tutte queste vicende c'è un unico fil rouge : la mancanza di colpevoli, di colpe certe. Continui colpi di scena, testimonianze ritrattate, tempi biblici, omissioni e cavilli burocratici. L'unica certezza in tutti questi avvenimenti è la sofferenza e lo strazio di chi ha perso la vita e dei familiari che non avranno mai giustizia. Forse è per la stanchezza ed il disincanto che sta avvolgendo questo paese che il film di M.T. Giordana non sta riscuotendo grande interesse da parte del pubblico. Ripeto, non è un film perfetto, ma era un dovere farlo e dovrebbe essere un dovere vederlo, parlarne ed esigere LA VERITÀ', LE VERITÀ'.
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