La pelle che abito di Pedro Almodóvar racconta la storia del chirurgo plastico Robert - "Berto" - Ledgard (Antonio Banderas), che ha creato un tessuto sintetico in grado di riparare tutti i danni subiti dalla pelle. Tale tessuto porta il nome di Gal, la moglie defunta, la donna che, dopo aver sentito dopo mesi una voce amata, non seppe rintracciarsi nel suo riflesso e si uccise per l'orrore di se stessa. Racconta dell'importanza di riconoscersi e di rivedersi nel proprio creatore, nel proprio inverosimile e crudele Pigmalione; racconta di uomini sconfitti dalle proprie follie. Racconta di una donna che si specchia in quello che non è più e non ha mai cessato di essere. La pelle che abito è un film sull'estraneità al mondo che ci viene costruito pazientemente intorno, alla trama di storie che ci cuciamo addosso, a quelle che proiettiamo in giro, ai conti che dobbiamo fare con il nostro passato, con il desiderio di vendetta e di intervenire sul mondo per modificarlo radicalmente.
E questo, questo, dunque, non sarebbe un Almodóvar, come sento dire in giro e leggo? Ma siamo diventati pazzi? L'impronta del regista è di una chiarezza sbalorditiva e, se non fosse la manata artistica di un maestro della fotografia e delle emozioni viscerali, direi anche che sporca il film. Chi rimane disorientato dalla peculiarità de La pelle che abito forse voleva un alibi per lamentare la ripetitività dei moduli stilistici e dei temi. Ché, anzi, La pelle che abito mi sembra uno sviluppo logico delle ricerche su persona e immagine / persona e storia che permeano l'intera struttura de Gli abbracci spezzati; la vestizione più radicale di una vita attraverso una nuova pelle mi ha ricordato in più momenti il mio amatissimo Parla con lei, il film che amo di più (e che più mi somiglia) di Pedro Almodóvar. E ho perso il conto della scollatura morale di tutte le volte in cui gli omicidi - quasi come note a margine - rimangono esenti da tribunali e giurisdizioni sociali, i corpi vengono occultati e vengono spietatamente vendicati dalla legge del taglione.
Sul piano dei contenuti, estrema per quanto sia, Pedro Almodóvar racconta pur sempre una storia. Vite di persone benestanti e tormentatissime, persone legate alla loro stessa esistenza con una precarietà del tutto distruttiva, ma commovente. La pelle che abito è un film crudo, a tratti scioccante, fa male; e non ha senso atteggiarsi a superiori o vantare vissuti avventurosi, negando la forza detonatrice di questo Almodóvar sulla studiata tranquillità o sui progetti spirituali (e non) a cui ciascuno di noi ambisce: ma non raccontarla per via dell'indubitabile malessere significherebbe privarsi della messa a punto di un momento in cui la stessa intimità, lo sguardo su noi stessi ci viene privato da un mondo che sembra tutto sbagliato, tutto sottosopra.