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La pericolosa danza di Cina e Vietnam nel Mar Cinese Meridionale

Creato il 16 settembre 2014 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
La pericolosa danza di Cina e Vietnam nel Mar Cinese Meridionale

Le relazioni tra Cina e Vietnam negli ultimi mesi hanno avuto un forte deterioramento. Cardine nella questione è l’annoso problema delle acque contese, in particolare quelle intorno alle isole Spratly e Paracel, reclamate da entrambi i Paesi con argomentazioni storiche. La Cina sostiene, infatti, che le isole Paracel e Spratly – in realtà piuttosto lontane anche dall’isola di Hainan, estremo meridione cinese – appartengono da oltre 2000 anni al suo popolo e che esse sono, dunque, parte della Cina. Il Vietnam controbatte che dal XVII secolo queste isole sono state sempre governate dal Vietnam e che i reclami cinesi sono arrivati solo molto tardivamente nella storia.

Il mare intorno a queste due isole è una zona di passaggio strategica per i commerci, è molto pescoso e, soprattutto, ricco di risorse naturali quali il petrolio1. Le contese non sono certo un problema recente: i primi contrasti risalgono addirittura a prima della fondazione della Repubblica Popolare Cinese e sono continuati, tra alti e bassi, negli ultimi decenni. Nonostante ora come ora la distensione delle relazioni sino-vietnamite sembri ancora lontana, una lettura storica delle controversie può aiutare a comprendere più a fondo le modalità di dialogo e le possibilità di risoluzione delle contese territoriali e marittime tra i due Paesi asiatici.

Le relazioni sino-vietnamite nel contesto delle dispute territoriali

La normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra Repubblica Popolare Cinese e la Repubblica Socialista del Vietnam, avvenuta nel 1991, è stata subito accompagnata da trattative ad alto livello per la risoluzione delle contese territoriali. Nel 1991 le dispute tra Cina e Vietnam erano quattro: la questione dei confini via terra, quella del Golfo di Tonkin e la contesa delle isole Paracel e Spratly2. Le prime due questioni sono state felicemente risolte rispettivamente nel dicembre 1999 e dicembre 2000, dopo un decennio di incontri, che hanno coinvolto massimi leader politici, ministri, esperti di altissimo livello.

Più problematiche sono invece sempre state le diatribe per le Paracel e le Spratly. I primi tentativi di risoluzione sono avvenuti nel 1994 (cioè più di due anni dopo rispetto ai primi incontri sul Golfo di Tonkin e i confini via terra), quando lo sfruttamento dei bacini petroliferi nella regione di Wanantan da parte cinese avevano creato delle tensioni tra i due Paesi, aggravate inoltre dalla crescente presenza navale cinese intorno alle Spratly e alle Paracel3. La creazione di un gruppo di lavoro di esperti (a cui ha fatto seguito un incontro l’anno tra i leader dei due Paesi) ha dato l’inizio alle negoziazioni sulle isole contese, anche se questi incontri non hanno in realtà smorzato più di tanto la tensione. Infatti, per tutti gli anni ’90, a ogni progresso fatto sul fronte diplomatico ha fatto seguito un incidente, generalmente legato alle esplorazioni petrolifere, bloccando di fatto ogni possibilità di risoluzione rapida della contesa4. A periodi di relativa calma come il decennio 2000-2009 – che potevano far sperare in una pacificazione – sono seguiti anni turbolenti e dal 2009 è stato un susseguirsi di incidenti in mare, restrizioni su attività di pesca, proteste e arresti5.

Tra gli incidenti più importanti ricordiamo le proteste anti-Cina del 2009, che avevano fatto seguito all’arresto di due pescatori vietnamiti colti a pescare nonostante il divieto cinese; gli incidenti nella primavera 2011, entrambi legati alle esplorazioni vietnamite in acque contese; e gli incidenti di fine 2012, in cui il Vietnam aveva accusato la Cina di aver danneggiato una nave vietnamita nel tentativo di ostruirgli il passaggio6. Gli incidenti del maggio scorso hanno però ulteriormente deteriorato le relazioni tra Cina e Vietnam e la completa pacificazione sembra ancora piuttosto lontana.

Gli incidenti marittimi e le proteste anti-cinesi

A inizio maggio la Cina ha annunciato che avrebbe sistemato una gigantesca piattaforma petrolifera a diciassette miglia nautiche dalle Paracel, in acque contese, e iniziato attività di perforazione7. La notizia non è stata accolta con piacere dal Vietnam, che ha accusato la Cina non solo di aver installato la piattaforma illegalmente, ma anche di aver tentato di intimidire il Vietnam con l’invio di diverse navi militari a pattugliare la zona8. Tali accuse si sono aggravate con l’incidente avvenuto a fine giugno intorno alla piattaforma petrolifera: secondo fonti vietnamite, una nave cinese avrebbe intenzionalmente speronato un peschereccio vietnamita, danneggiandolo pesantemente sulla prua.

Tutti questi fattori hanno provocato gli animi della popolazione vietnamita, che è esplosa sin da inizio maggio in dure proteste. Queste si sono concentrate particolarmente a Ho Chi Min e nei distretti di Ha Tinh e Binh Duoung, ossia in quelle zone in cui è particolarmente forte la presenza di imprenditori cinesi. Di fronte a manifestazioni molto violente, che hanno ferito centinaia di cittadini cinesi, la Cina si è vista costretta a preparare un piano di evacuazione per i migliaia di cinesi presenti in Vietnam (secondo le stime, tra i 30.000 e i 70.000 cinesi residenti in Vietnam sono tornati in patria in seguito alle manifestazioni). La Cina ha inoltre vietato nuovi accordi commerciali alle aziende cinesi che si volevano stabilire in Vietnam.

Quale possibilità per il futuro?

Nonostante la piattaforma della discordia sia ora stata smantellata – apparentemente per motivi meteorologici -, la tensione tra Cina e Vietnam è ancora molto forte ed è difficile pensare a una pacificazione in tempi brevi. Entrambi i paesi rimangono adamantini sulle proprie posizioni; la situazione potrebbe facilmente peggiorare, soprattutto in vista del fatto che il Vietnam sta cercando di creare un fronte unito anti-cinese con gli altri Paesi dell’ASEAN9, e che ha Paesi come Giappone e Stati Uniti10 dalla propria parte11. Insomma, per la Cina – attualmente più forte economicamente, politicamente e militarmente del Vietnam – c’è il forte rischio di rimanere isolata in Asia se la strategia di aggressività sui mari dovesse continuare.

Molti analisti concordano con il fatto che il rischio di un conflitto armato vero e proprio, al contrario, è assai poco probabile12: negli ultimi vent’anni Cina e Vietnam hanno costruito la propria strategia di conflict management come un sistema molto strutturato, composto da dialoghi a tutti i livelli: tra massimi leader, ministri dell’estero, esperti, etc. Un tale sistema ha avuto diversi successi importanti ed è destinato a perdurare nonostante eventuali altri incidenti in acque contese.

 

Bibliografia

Freeman, Will, Why You Should Pay Attention To Rising Tensions Between China and Vietnam, Think Progress, 21 maggio 2014

Guan Ang Cheng, Vietnam-China Relations since the End of the Cold, War Asian Surve, Vol. 38, No. 12, 1998

Guan Ang Cheng, The South China Sea Dispute Revisited, Australian Journal of International Affairs 54, No. 2, 2000

Li Jianwei, Managing Tensions in the South China Sea: Comparing the China-Philippines and the China-Vietnam Approaches, RSIS Working Paper, No. 273, 2014

McKirdy Euan, Boats and Brinksmanship up Close in the South China Sea, CNN, 5 giugno 2014

Moore Jeff, Vietnam-China South China Sea Conflict Developing into Dangerous Checkmate Scenario, UPI, 14 maggio 2014

Panda Ankit, Chinese Ship Rams and Sinks Vietnamese Fishing Boat in South China Sea, The Diplomat, 28 maggio 2014

Rosenfeld Everett, What’s really behind China’s clash with Vietnam, CNBC.com, 15 maggio 2014

Twining Daniel, Asia’s Future in the Balance at Shangri-La, Foreign Policy, 7 giugno 2014

Vu Trong Khanh & Nguyen Anh Thu, Vietnam, China Trade Accusations of Vessel-Ramming near Oil Rig in South China Sea, Wall Street Journal, 24 giugno 2014


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