Ma è durante il XX secolo, con la diffusione della comunicazione mediata (giornali, radio, Tv) e le conseguenti opportunità di persuadere le persone senza doverle incontrare faccia a faccia, che la ricerca sulla persuasione assume massa critica e inizia a essere svolta seguendo il metodo scientifico. Ora, agli inizi del XXI secolo, il mondo della persuasione si prepara per un’ulteriore fase di espansione con l’avvento delle cosiddette «tecnologie persuasive». La nostra vita si è infatti riempita di computer e oggetti digitali che possono essere programmati per agire da persuasori.
Rispetto ai media tradizionali, le tecnologie persuasive introducono diverse novità che le rendono più potenti. Innanzitutto, si basano sul design di software interattivi che, oltre a trasmettere un messaggio persuasivo, possono anche tener conto delle azioni dell’utente. Ad esempio, un’applicazione progettata per promuovere un certo comportamento può fornire un feedback positivo all’utente se quest’ultimo adotta quel comportamento, negativo in caso contrario.
Le applicazioni che sfruttano questa strategia di “condizionamento operante” sono già numerose: si va dai “food diary” e “personal trainer” su telefonino o su orologio digitale, che motivano a seguire una dieta o un programma di esercizio fisico, permettendo all’utente di fissare obiettivi su cui impegnarsi e aiutandolo poi costantemente a calcolare come sta andando, complimentandosi per i progressi o incitando a impegnarsi di più, fino ad arrivare ai “serious game”, che sotto l’apparenza di videogioco propongono esperienze di vita simulata nelle quali sono i comportamenti previsti dal progetto a far vincere. L’uso persuasivo dei videogame può focalizzarsi su obiettivi universalmente condivisibili (ad esempio, giochi che simulano emergenze come incendi e incidenti e premiano i comportamenti corretti di evacuazione o primo soccorso), ma ci sono già casi che suscitano dibattiti etici: particolarmente noto quello di America’s Army, videogioco distribuito gratuitamente dalle forze armate statunitensi che si è rivelato molto efficace nel promuoverne l’immagine (a tal punto da persuadere alcuni giocatori ad arruolarsi nell’esercito reale), ma che premia le azioni violente dell’utente e un punto di vista specifico su come risolvere le controversie internazionali.
Un altro aspetto innovativo delle tecnologie persuasive è che possono tener conto del profilo personale dell’utente e scegliere che tattiche usare in base a esso. Già semplici informazioni come età e sesso permettono di cambiare il linguaggio con cui un’applicazione si rivolge all’utente in modo da aumentare la probabilità di persuasione. Se poi, come nel web, l’applicazione ha accesso a informazioni dettagliate (ad esempio, gli acquisti effettuati o i “mi piace” che l’utente assegna sui social network e che indicano interessi e preferenze di vario tipo (politiche, sessuali, artistiche, di stile di vita,…), la scelta di tattiche e argomentazioni può diventare ancora più mirata. Ad esempio, l’adesione al gruppo “Pensare non è la mia idea di divertimento” può suggerire all’applicazione di prediligere tecniche persuasive basate su elementi superficiali quali le immagini delle celebrità preferite invece di argomenti solidi che richiedono ragionamento.
Infine, con la disponibilità di sensori (dal Gps al cardiofrequenzimetro) su smartphone e dispositivi mobili, le applicazioni persuasive conoscono in modo sempre più preciso il contesto in cui l’utente si trova. E possono automaticamente classificare comportamenti dell’utente (ad esempio, un comune accelerometro permette di capire se l’utente sta camminando, correndo, viaggiando in automobile, facendo ginnastica,…). Questo è l’approccio seguito da Intel per UbiFit, un’applicazione persuasiva che sorveglia l’attività fisica del possessore del telefono e usa lo sfondo dello schermo come feedback. Lo sfondo è un giardino: più sono diversificate le attività fisiche che eseguiamo, più specie di fiori diversi lo popolano; se persistiamo nelle attività, i fiori crescono e per ogni obiettivo settimanale che realizziamo compare una farfalla. Ma se facciamo vita sedentaria, un po’ alla volta i fiori muoiono, le farfalle se ne vanno e sullo schermo spoglio rimangono solo pochi fili d’erba. Una strada analoga è stata seguita anche da Ford per l’interfaccia SmartGauge della propria auto ibrida Fusion. La soluzione adottata usa un display Lcd a destra del contachilometri per visualizzare una pianta rampicante animata: più il software rileva comportamenti di guida eco-compatibili, più la pianta cresce rigogliosa e decora il cruscotto con la sua immagine colorata.
E mentre arrivano sul mercato le prime auto persuasive, la ricerca lavora a scenari in cui tutti gli oggetti tecnologici si preoccupano di migliorare i nostri comportamenti. Un ruolo suggestivo in questo futuro lo ricoprono i robot antropomorfi che possono adottare le tecniche di persuasione interpersonale degli umani. Ma anche i robot non antropomorfi hanno delle chance: una ricerca svolta dall’Università di Eindhoven ha sperimentato un gatto robotico (iCat) della Philips, programmandolo per indurre le persone a scelte di risparmio energetico nell’uso della lavatrice. Il felino robotico, che usava l’espressività facciale per dare feedback sui comportamenti dell’utente e poteva anche aggiungere commenti vocali, si è rivelato molto più persuasivo di soluzioni che indicano i consumi della lavatrice usando tradizionali display testuali e numerici.
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