La piccola Cipro mette in crisi l’Europa

Creato il 03 aprile 2013 da Yleniacitino @yleniacitino

il Presidente cipriota Anastasiades

da ragionpolitica.it

Cipro. Appena più piccola di Sicilia e Sardegna. Un milione e poco più di abitanti. Il suo PIL, di circa 17,8 miliardi di euro ammonta a un settantesimo di quello italiano. Un cinquecento millesimo di quello dell’Eurozona. Eppure le scosse finanziarie di Cipro stanno mettendo sull’allerta i capi di stato che potrebbero riunirsi in un Eurosummit d’urgenza a breve. La vicenda cipriota è stata seguita solo saltuariamente dai media italiani, perciò è sempre bene ricapitolare i fatti per capire cosa sta succedendo in quell’isola ancora contesa dalla Turchia.

La piccola economia cipriota ha sempre avuto come punta di forza il proprio regime fiscale di favore, che ha attratto notevoli flussi di capitali e che, come conseguenza della crisi, ha cominciato a vacillare dal 2008. Oggi i suoi titoli di stato sono stati letteralmente banditi dalle borse. La sismicità finanziaria ha portato a un’escalation dei declassamenti, fino a farli diventare temibili «junk bond», titoli spazzatura che nessun operatore finanziario sano di mente comprerebbe. Il reddito dell’isola, nonostante tutto, è rimasto alto. E questa è una delle ragioni che ha portato in questi giorni a discutere di un vero e proprio prelievo del 2% dai conti correnti, sui depositi sopra i 100.000 euro, forse prendendo ispirazione dal caposcuola in materia, Giuliano Amato. Ma il Parlamento cipriota ha rigettato la proposta europea con voto contrario.

Il Presidente Anastasiades aveva proposto altre soluzioni. Come ad esempio fare comprare i titoli spazzatura ciprioti ai fondi pensione, dotati di 5 miliardi di euro prontamente liquidi. Cosa che ha mandato in rivolta partiti e sindacati, le cui casse pescano proprio in quei fondi pensione. Persino la Chiesa ortodossa ha fatto un gesto di solidarietà, offrendo di mettere a disposizione i propri dobloni pur di salvare lo Stato. L’isola ha un forte legame con la Grecia e con il Regno Unito. Un altro partner importante, tuttavia, è la Russia. Non solo esiste una forte comunità russa stanziata in pianta stabile a Cipro, ma, sempre per motivi fiscali, 30 miliardi di dollari della Russia impinguano le banche cipriote e potrebbero essere toccati da questa misura iper-draconiana. Del resto, c’è anche un prestito di 3 miliardi di dollari che Nicosia dovrebbe ripagare a Mosca e che, nell’ipotesi di una bancarotta, andrebbe perso per sempre. Intanto le banche sono state chiuse per quattro giorni. In una situazione in cui si ha l’impressione di respirare un aria da leggi marziali, nessun isolano potrà andare allo sportello a ritirare il proprio denaro, temendosi uno svuotamento dei conti stile 1929. Ma chi salverà Cipro?

Il grande problema è che il bailout richiesto è dello stesso ammontare del PIL cipriota. La BCE ha fatto un ultimatum: il rischio è il blocco della linea di prestiti a Cipro e l’espulsione dall’Eurozona, nel caso in cui la bancarotta, oggi dietro l’angolo, faccia capolino mettendo in pericolo la stabilità dell’Euro. Se il piano di prestiti dovesse fallire, allora, la conseguenza sarebbe necessariamente l’uscita dall’euro. Solo così Nicosia potrebbe, attraverso il ritorno alla vecchia moneta, svalutare il proprio corso monetario e far pagare in modo indiretto ai correntisti la spada della crisi. Ma una tale uscita fa spaventare in tanti.

Da Mosca non sembra del resto esserci l’intenzione di continuare a iniettare denaro nella barca che affonda. E l’Europa, spinta dalla linea rigorista tedesca, potrebbe lasciare Cipro sola al suo destino. Certo, non era così che ci eravamo immaginati lo spirito solidaristico europeo. Ma non bisogna dimenticare che, euro o non euro, la crisi si propaga velocemente come un cancro. Ed isolarla potrebbe essere sempre più difficile.

Ylenia Citino


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