Titolo: La Piccola Principessa
Titolo originale: The Little Princess
Genere: ragazzi, formazione
Autore: Frances Hodgson Burnett (Wikipedia)
Nazione: britannica naturalizzata statunitense
Anno prima pubblicazione: 1905
Ambientazione: Londra, primi anni del XX secolo
Personaggi: Sara Crew, Miss Maria Minchin, Miss Amelia Minchin, Lavinia Herbert, Lottie Legh, Ermengarda St. John, Becky
Casa Editrice: De Agostini
Traduzione: Rosanna Guarnieri
Copertina: Aurelia Raffo
Pagine: 202
Provenienza: BookMooch (22 novembre 2011)
Link al libro: IN LETTURA – ANOBII – GOODREADS
inizio lettura: 2 gennaio 2016
fine lettura: 9 gennaio 2016
Voto: 9/10
«Tu immagini sempre qualcosa!» esclamò indispettita Lavinia, intono di superiorità.
(Pagina 54)
[Sara:] «Proprio così: mi piace e credo che non ci sia niente di più gradevole.»
Un classico della letteratura per l’infanzia che io avviamento conoscevo, ma che non avevo ancora letto nella sua versione integrale.
Sara Crew arriva in Inghilterra dall’India per frequentare un collegio a Londra ed essere educata come una gentildonna inglese. I suoi modi gentili e i suoi lussuosi abiti le fanno acquisire presto il soprannome di Principessa, detto con affetto dalle compagne che l’ammirano e con invidia da quelle che non la sopportano. Quando una bruttissima notizia giunge a turbare la tranquillità di Sara e a trasformare la sua vita da Principessa amata e riverita a sguattera maltratta e sola al mondo, riuscirà la bambina a rimanere comunque, nell’animo, una Piccola Principessa?
Sara con il padre in India.
Come penso quasi tutti quelli della mia generazione, ho conosciuto la protagonista di questo romanzo grazie all’anime giapponese. Avevo poi un bellissimo libro della Mursia, di quelle riduzioni profumate e con carinissimi disegni. Iniziare questo libro è stato quindi un po’ come approcciarmi a una rilettura. La trama la conoscevo assai bene, anzi, leggendo i titoli dei capitoli aspettavo quello che sarebbe dovuto accadere, e lo aspettavo con ansia! :) Anche i personaggi li conoscevo tutti, anche se ho scoperto alcune cose su alcuni di loro che prima non sapevo (o forse non le ricordavo). Per esempio il romanzo inizia quando Sara ha 7 anni, mentre Lavinia, la compagna invidiosa e maligna (per anni da piccola l’ho ritenuto un nome da persona cattiva! Meno male che non ho mai conosciuta nessuna con questo nome!), è un bel po’ più grande, ha 13 anni. Questa ragazza mi ha ricordato un po’ Draco Malfoy, col suo “mia madre qui, mia madre là”, e sempre a criticare Sara su qualunque cosa. E anche leggendo il libro da adulta mi sono lasciata coinvolgere e ho detestato la sciocca Lavinia e adorato la Principessa Sara, però se ragiono un po’ con razionalità non posso negare che Lavinia un briciolo di ragione ce l’ha: Sara è veramente troppo perfetta! E’ bella, ma modesta, intelligente, studiosa, gentile, simpatica, riesce con facilità a porsi al centro dell’attenzione senza neanche desiderarlo, è generosa, ammirata, e additata da Miss Minchin (che pure in realtà la odia) come esempio da seguire.
Sara e Emily
La grandezza di Sara sta però soprattutto, a mio parere, in due altre cose, entrambe duri scogli per le sue detrattrici che, incapaci di comprenderle, ne sono spaventate. La prima cosa è la sua forza d’animo: l’essere una Principessa per Sara è questo, rimanere imperturbabile, conservare la gentilezza in ogni situazione, mostrarsi superiore ignorando insulti, minacce e sgarberie. La seconda cosa è la sua immensa immaginazione. Questo libro infatti ha come sottotrama, oltre alle (dis)avventure di Sara l’elogio del potere dell’immaginazione. Quando è ricca e amata Sara usa l’immaginazione costantemente per divertimento, e qualche volte per vincere momenti di tristezza quando sente la nostalgia del padre e dell’India. Sara rende viva Emily, la sua bambola preferita, anticipando di circa un secolo Toy Story nell’immaginare che i giocattoli, quando voltiamo loro le spalle, prendono vita a nostra insaputa. Ma è soprattutto dopo che perde tutto e che la sua vita diventa difficilissima che Sara esercita il suo dono di creatrice di storie per sopravvivere, e aiutare anche Becky a farlo. Il momento in cui questo aspetto di Sara mi ha colpito di più è stato quando organizzano il festino con Ermengarda: Sara e Becky muoiono di fame, eppure di fronte alla prospettiva di mangiare prelibatezze il loro pensiero (idea di Sara, ovviamente) è di abbellire la tavola in modo da far finta di essere a un sontuoso banchetto. Io onestamente penso che mi sarei fiondata sul cibo e basta, loro invece prendono tempo per nutrire anche lo spirito.
Sara e la piccola mendicante.
L’ambientazione è di quelle che adoro (la Londra di fine ottocento/inizio novecento). Non è molto presente in quanto a luoghi, ma a volte come atmosfere, con la sua aria fuligginosa o brumosa, il freddo, la neve… tutti lati negativi (specie quando paragonati con l’India) nel romanzo, ma che a me piacciono sempre! :)
Lo stile di Burnett è piuttosto semplice, tipicamente indirizzato a dei ragazzi. Mi piacerebbe provare a leggere questa autrice in lingua originale prima o poi. Avrei fatto bene a farlo già con questo romanzo, a dire la verità, perché l’unica cosa negativa si questa lettura è che la mia edizione era veramente strapiena di refusi! Ma proprio tanti, direi almeno uno ogni paio di pagine! O almeno l’impressione per me era di incontrarne in continuazione, e non solo lettere mancanti, aggiunte o scambiate, ma anche intere parole! Già normalmente la cosa mi infastidisce, ma qui non si tratta di semplici errori, è proprio un totale disinteresse per la cura di questo libro!
Un passerotto e, in basso, Melchisedec.
La copertina della mia edizione è caruccia, con Emily sopra il titolo e la stanza della soffitta sullo sfondo. La copertina dell’edizione Mursia da cui ho preso le immagini che ho sparso nel post ho preferito non metterla perché abbastanza spoiler! Il titolo è molto semplice, ma di quella bellezza che solo nei titoli a cui si è affezionati dall’infanzia si può trovare! :D
Commento generale.
Questo tipo di libri a me fa sempre lo stesso effetto. Anche se conosco già la storia, li trovo molto avvincenti. Anche se non sono perfetti in quanto a stile e a volte anche in quanto a trama, sono comunque una lettura piacevolissima. Mi rendo conto di non essere in grado di valutarli con obiettività, ma comunque penso di non essere troppo di parte quando penso che il loro merito maggiore è che danno una sensazione come di sollievo, di serenità un po’ venata da nostalgia, ma palpabile, evidente. Non posso negare che alla fine leggendo le ultime pagine, con il ricongiungimento di Sara con l’amico del padre e la storia del soldi per i bambini affamati, mi sono pure commossa!!!
Il segnalibro che ho usato durante la lettura è stato realizzato da me, e vi è sopra rappresentata è l’attrice Amber Benson.
Momento più…
…emozionante: quando arriva Ram Dass, perché conoscendo già la storia sapevo che la vita di Sara stava per cambiare di nuovo, ma stavolta in meglio, e tante cose emozionanti stavano per accadere!
…commovente: oltre al già citato finale, dire quando Sara incontra la piccola mendicante.
Curiosità
Sulla wikipedia ho trovato una frase del cartone animato in cui Lavinia spiega perché è sempre cattiva con Sara: …perché nonostante quello che ha passato e passa ogni giorno, è serena ed io al suo posto sarei disperata, capisci? È ancora lei la più forte, è ancora lei!. Una realizzazione a cui nel libro la ragazza non pare arrivare mai, ma che di sicuro, sotto sotto, doveva effettivamente capire, e che secondo me (come ho anche detto nel commento) descrive molto bene il personaggio di Sara.Bonus
E beccatevi la sigla italiana del cartone giapponese.Sfide
Mini Recensioni 2016Lo scaffale traboccante 2016
La Sfida dei Generi
Sfida del…Protagonista – QUARTA EDIZIONE
Mini recensione
Ricordi d’infanziarendono un piacere più dolce
la lettura del libro.
Trasposizioni
Molte, tra cui anche una con protagonista Shirley Temple (1939). Qui cito, con qualche commento, solo le due che ho visto.
Lovely Sara (1985), la serie animata giapponese, in cui (almeno nella versione italiana) il cognome di Sara diventa Morris, Miss Minchin perde una N (Miss Minci), Ermengarda si italianizza in Margherita, Lottie in Lalla e la bambola Emily diventa Priscilla. Non la ricordo molto, ma quel poco mi dice che era molto più tragica del libro, ma comunque credo nonostante cambiamenti e aggiunte tutto sommato fedele.
La piccola principessa (1995). Qui i nomi sono uguali ma la storia cambia innanzitutto perché ambientata a New York, e poi perché Sara ritrova il padre, che non era morto ma solo ferito e con amnesia.
Ricordo vagamente anche un’altra versione a cartoni animati, una miniserie o forse un breve film, in cui pure c’erano dei cambiamenti perché mi pare di ricordare che Sara e Lavinia alla fine diventano amiche. Non sono riuscita a trovare niente su questa versione, chissà se esiste o mi sto confondendo con qualcos’altro!
Un po’ di frasi
Seduta sui cuscini di una carrozza a nolo, accanto al padre, una bimbetta osservava dal finestrino le strade affollate di Londra.[incipit]Se per fare tutto questo bisognava prima vivere in quel “posto” in Inghilterra, be’, tanto valeva andarci: con una buona scorta di libri, naturalmente.(Pagina 7)Come si può non amare una protagonista che ama tanto i libri? :)La vita di un topo non dev’essere facile. Lui non piace a nessuno. La gente, quando lo vede, scappa via, strillando: “un topo! Oh, un orribile topo!” A me non piacerebbe se la gente, vedendomi, scappasse a gambe levate strillando: “Oh, un’orribile Sara!”Sara(Pagina 84)Maria Antonietta era molto più regina in prigione, privata del trono, semplicemente vestita di nero con i capelli incanutiti, che non quando, bellissima e ingioiellata, veniva riverita da tutti. Gli insulti della folla non la toccavano: era la più forte e lo fu anche quando le mozzarono la testa.Sara(Pagina 107)Sara ama molto studiare la Rivoluzione Francese, e paragona la sua stanza in soffitta ad una cella della Bastiglia dove è imprigionata ingiustamente.explicit Leggi
Sara intuì da quella risposta così laconica che la ragazzina aveva capito ciò che lei intendeva dire; anche se non aprì più bocca e continuò a guardarla, con gli occhi sgranati, mentre la carrozza di allontanava.