“Caro Imi, benvenuto nella città degli orfani”
Da questa lettura ne deriva che siamo orfani di un mondo di forti contraddizioni sociali. Siamo individui soli, alla deriva, alla base di un sistema organizzato come una “Piramide”.
Questo è un discorso che è perfettamente in linea con le vicende del romanzo “La piramide del caffè“. La struttura interna è molto particolare: due vicende si intrecciano; quelle di Imi, il protagonista che vive a Londra, orfano; e quelle dei bambini dello stesso orfanotrofio che fino ad allora ha cresciuto Imi.
Imi è un personaggio sempre entusiasta, con un’immensa voglia di conoscere, sensibile; tantoché nel corso della narrazione farà notare alcune cose che non gli vanno a genio; come per esempio il fatto che viene costretto dal suo capo, nel luogo dove lavora (la Proper Coffee) di buttare a fine giornata i sandwich invenduti cosicché i dipendenti non ne approfittassero e facessero una cattiva pubblicità all’azienda. Per la sua condizione passata è un comportamento che non accetta, che forse non può accettare, ma è un inetto di fronte a tale situazione.
Nell’orfanotrofio i bambini provano Amore per qualsiasi cosa, dalle piccole cose, ma soprattutto negli animali; questo è molto singolare, perché viene dimostrato loro lo stesso amore che non hanno mai ricevuto dalla propria famiglia.
“I sogni sono la droga dei poveri” ci dice Nicola Lecca, classe 1976, scrittore “nomade”, originario di Cagliari, candidato a numerosi premi letterari e vincitore di altri, paragonato dai più nuovo esponente della Letteratura Italiana. I sogni sono stati sicuramente parte integrante dei suoi viaggi, del suo lavoro; e guai se questo non fosse accaduto!
I sogni devono necessariamente interferire nel nostro essere e dobbiamo, noi stessi, cercare di stuzzicarli in qualsiasi modo, perché non sono solo la “droga dei poveri”, ma la vera essenza della vita.
I sogni sono effimeri, passeggeri, ci suscitano felicità quanto basta per dimostrarci che vivere è un immenso piacere.
“La felicità non dipende tanto da quel che si possiede: ma dal saperci rassegnare da ciò che non si ha”.
“La Piramide del caffè” è un libro da leggere, da amare, attraverso un introspezione di una dura realtà vi farà staccare la spina col vostro mondo per un attimo e farvi riflettere, sul fatto che crediamo di vivere in un mondo bello, pieno di risorse, ma che in fin dei conti queste risorse di cui tanto parlano sono precluse in un mondo nascosto, difficile da trovare; abbiamo cosi perso qualsiasi legame con la natura e ancora oggi non ne apprezziamo le potenzialità, non condividiamo le meraviglie e siamo ciechi di fronte ai messaggi che manifesta ogni giorno, e sordi dinanzi alle urla che ne derivano.
“Accade tutto in un istante solo come quando c’è buio e la luce appare nuda di fronte a lui, stretta lungo un fiume sporco che taglia la città in due come una ferita.
Imi la vede senza più filtri, disarmonica e smascherata, un luogo triste e senza amore, una gabbia arrugginita, abitata da persone orfane anche di sé”.
Written by Stefano Fiori