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La Pittura nel Veneto: Riscoprire la Bellezza del Paesaggio

Creato il 12 giugno 2012 da Dietrolequinte @DlqMagazine
Postato il giugno 12, 2012 | ARTE | Autore: Pier Paolo Scelsi

La Pittura nel Veneto: Riscoprire la Bellezza del Paesaggio«Allarmi! Giriamoci verso il caminetto e tiriamo giù il kalashnikov», strumento metaforico con il quale combattere la mediocrità e il brutto, con il quale riprendersi il paesaggio, la cultura e l’identità veneta. È con queste parole che il celebre critico d’arte Philippe Daverio ci invita, ci sprona e, rubando una frase all’amata attrice Franca Valeri (fa riflettere il fatto che spesso una novantenne può avere più forza e spirito battagliero di tanti ventenni), ci esorta a una «rivoluzione degli educati», una guerra “civile”, o meglio, una guerra permanente dei civili “contro i non civili”. Siamo all’interno della stupenda e unica cornice di Villa Contarini a Piazzola sul Brenta, e questo accorato appello si leva forte in occasione della presentazione ufficiale alla stampa e al pubblico della collana sulla storia della pittura veneta edita in 17 volumi da Mondadori Electa in collaborazione con la regione Veneto. Un’impresa imponente, durata più di vent’anni, che ha visto coinvolti un numero incredibile di studiosi, attesa e fortemente voluta sia dagli amanti dell’arte che dagli esponenti delle istituzioni. Villa Contarini, ma ancor di più Piazzola sul Brenta, terra natia del sublime pittore Andrea Mantegna. Siamo nel cuore del Veneto, motore pulsante e istantanea “dell’operoso nord-est” dell’ultimo trentennio, che dopo anni di depressione, di povertà, di emigrazione verso l’Europa e il mondo, ha conosciuto la ricchezza grazie al sudore e il lavoro.

La Pittura nel Veneto: Riscoprire la Bellezza del Paesaggio

Man mano però che si vedevano crescere quegli «imprenditori con le unghie sporche di terra», parallelamente avveniva un silente e inesorabile mutamento del paesaggio. La Riviera del Brenta, il Terraglio, strade che collegano Venezia a Padova e Treviso, anticamente dolcissimi percorsi dalle architetture solenni e armoniche, residenze estive della nobiltà della Serenissima, le cui sale ospitavano e ospitano affreschi e opere dei più celebri maestri ammirati in tutto il mondo, sono state teatro di una speculazione edilizia senza precedenti. Sono sorti ovunque e comunque i “Capannoni”. Enormi “balene bianche” immobili nella cui pancia cresceva l’economia della piccola e media industria. Ma anche enormi e invalicabili “barriere” fisiche e mentali, sulle quali pian piano, sempre di più, andavano a infrangersi gli sguardi di chi cercava i colori, i profumi e i ricordi di un mondo nascosto, offuscato dai valori sempre più messi in secondo piano rispetto a quello materiale degli “Schei” stupendamente raccontato nell’omonimo libro del giornalista Gian Antonio Stella.

La Pittura nel Veneto: Riscoprire la Bellezza del Paesaggio

Sono stati gli anni dell’orgoglio ritrovato, del “lavoro prima di tutto”, delle tasche piene e del petto in fuori. Ma anche gli anni delle villette coi nani in giardino e le sbarre alle finestre. Dell’avversione per lo straniero, nero, giallo, blu o marroncino, troppe volte a tutt’oggi ancora definito dai giornali locali il “vucumprà”. Ma ancora sono stati gli anni del Suv parcheggiato sul marciapiede, o del Porsche, del BMW, del Mercedes o del Ferrarino (costantemente e impietosamente declinati al maschile, in barba agli sforzi del poeta Gabriele D’Annunzio che alla lingua Italiana regalò il concetto di automobile-femmina) che sfreccia sulle strade del litorale. E dei capannoni, ancora capannoni, sempre di più. All’emancipazione economica nel nord-est purtroppo però non è seguita, di pari passo, una crescita culturale. Lo rivela quasi involontariamente, nell’ambito della piacevole presentazione di Piazzola sul Brenta, il politico di turno, sorridente e certamente in buona fede nell’illustrare e promuovere con forza e orgoglio la collezione sulla pittura veneta di Electa. Egli continua, imperterrito, più e più volte, a definire l’opera letteraria un “prodotto”. Orribile “aziendo-logismo” mutuato da chissà quale “meeting” o “brain-storming” che sarebbe ideale se si stesse parlando del “brand” del “marketing” o, più terra terra, di formaggio, frumento, scarpe o bulloni, ma che in questo ambito grida vendetta.

La Pittura nel Veneto: Riscoprire la Bellezza del Paesaggio

L’opera “La pittura nel Veneto” nata sotto la direzione editoriale di Carlo Pirovano, vede la luce in questo scenario. Lo sforzo è indubbiamente senza precedenti e l’intento è raggiunto: raccontare l’arte veneta dalle origini fino alla fine del secolo scorso. Dal 1988, anno della pubblicazione del primo tomo, fino ad oggi, sono stati pubblicati 17 volumi monografici curati da un comitato scientifico composto dai massimi studiosi: Enrico Castelnuovo, Michel Laclotte, Michael Levey, David Rosand, Federico Zeri (piccola lacuna è forse il non aver ospitato le parole di Augusto Gentili, massimo studioso del Cinquecento veneziano) e concepiti in otto macro-sezioni “Le origini e il Duecento”, “Il Trecento”, “Il Quattrocento”, “Il Cinquecento”, “Il Seicento”, “Il Settecento”, “L’Ottocento” e “Il Novecento”. Un lungo e appassionante viaggio, accompagnato da una ricchissima offerta di immagini, ci porta alla scoperta dei più grandi maestri veneziani e veneti che, con la loro mano, hanno raccontato da prima la grandezza della Serenissima, e poi l’incalzare delle avanguardie culturali e artistiche degli ultimi secoli.

La Pittura nel Veneto: Riscoprire la Bellezza del Paesaggio

Tutto è narrato con perizia storica e ricerca del coinvolgimento del lettore. Dalle prime decorazioni musive e a fresco delle chiese dell’VIII secolo, ai capolavori di Giovanni Bellini, Giorgione da Castelfranco, Tiziano e Tintoretto, fino ad arrivare alle splendide atmosfere di Tiepolo, e ai campi veneziani dipinti da Antonio Canal detto il Canaletto. Per giungere, in tempi più vicini a noi, alla fotografia, alle performance, alle video-installazioni offerte dalla Biennale di Venezia. Quest’opera letteraria, esattamente come “il kalashnikov” invocato dal celebre conduttore di “Passepartout”, oppure la macchina fotografica invocata come strumento di denuncia da Oliviero Toscani, va vista non solo come un enorme lavoro di ricerca storico-artistica, ma anche e soprattutto come uno strumento da impugnare per ritrovare e liberare il paesaggio e la bellezza di una regione unica al mondo.

Per approfondire

L’intervento di Philippe Daverio a Villa Contarini in occasione della presentazione della collana:



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